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Bruna Spagnuolo: Sudan/ schiavismo/ crocifissioni/ orrori senza fine e… Corte europea dei ‘diritti dell’uomo’ iconoclasta e lesiva dei ‘diritti’ (1)
28 Novembre 2009
 

Introduzione- Un miliardo e venti milioni di persone patiscono la fame, nel mondo. Sono i bambini, per lo più, a morire (cadono come foglie leggiadre strappate ai rami della vita anzitempo). La morte di un bambino dovrebbe scuotere la coscienza degli uomini/ la morte di molti bambini dovrebbe zittire il mondo (e riempirlo di meditazione consapevole e di voglia di resurrezione), ma… così non è. Il mondo continua la sua folle corsa verso il nulla, immemore e rumoroso (indifferente/ senz’anima e… violento). La violenza esplode, su tutto il pianeta, nel micro e nel macro-cosmo (nelle case dei rioni/ nei rioni delle città/ nelle città delle nazioni/ nelle nazioni del mondo). L’escalation insensata della violenza ha infettato e continua a infettare il genere umano, che trasforma la terra in un formicaio impazzito (pazzo non solo e non tanto per la violenza diretta contro le sue stesse viscere quanto per l’incosciente indifferenza nei confronti della sua gregaria corsa suicida). Ha volti infiniti la violenza… (volti orrendi/ deformi/ vestiti di incubi spaventosi). Tutti i suoi volti sono esecrabili e tutti sono spaventosi, eppure ce ne sono alcuni impossibili persino da abbozzare con i pensieri…

La Passione di Cristo di Mel Gibson ha fatto tanto parlare di sé (perché il genere umano si è riscoperto, di colpo, uno ‘stomaco’ troppo delicato per un film così ‘violento’- si tratta di quello stesso ‘genere umano’ o, meglio, di quella stessa parte di genere umano, guarda caso, che si fa i fatti suoi allegramente, cascasse il mondo, purché non caschi in testa a lui).

Quel’ genere umano (anzi quella campionatura di genere umano) farà meglio a smettere di fingere: ha lo stomaco duro abbastanza per l’ipocrisia (di voler ’sdrammatizzare’ la passione -ricostruita da Gibson con il puntiglio della ricerca storica e anatomica) e, peggio, per l’indifferenza (a ciò che, lontano dagli occhi, non duole neppure nel cuore). È tempo (anche per gli ipocriti e gli ignavi) di aprire gli occhi sul mondo -ove Cristo continua a essere crocifisso e non solo in senso metaforico(…), perché il mondo non è soltanto la dimensione in cui gli uomini sono liberi di vivere e magari anche di pensare-parlare e persino divertirsi. Il mondo è anche molte dimensioni in cui la vita vale meno di niente (minacciata da orrori deambulanti in sembianze umane).


Sudan complesso e pieno di orrori

Una delle summenzionate dimensioni si chiama Sudan… Il solo nome di questa nazione è capace di inviare scariche elettriche alla spina dorsale della gente (ancora umana), per tutte le stragi, le tragedie, i genocidi che evoca (ormai per inerzia). Pensavo che di peggio non si sarebbe potuto appurare su quella nazione. Sbagliavo. Pensavo che neppure le iene più vili potessero spingersi oltre il peggio. Sbagliavo. Pensavo che persino i mostri più frustrati, abbrutiti, indottrinati, randagi, efferati avessero una soglia-limite nelle malformazioni marce della loro assenza di anima e di Dio. Sbagliavo. Sbagliavo, sì, su tutta la linea. Alcuni individui che di umano avevano (e hanno) soltanto le sembianze (come sepolcri-vestiario ricoprenti i reali verminai che invece sono), in Sudan, nello scorso Agosto, in Tombura Yambio, hanno preso in ostaggio dei loro connazionali di fede cristiana. Chiamare ‘rapitori’ quelle ‘entità’ (putrefatte in tutta la gamma estensiva della loro umanità originale) sarebbe ingiusto e fuoriluogo/ chiamarle demoni sarebbe un complimento/ chiamarle sciacalli sarebbe un’offesa per gli sciacalli medesimi, perché quegli strani esseri respiranti (alieni umani a due zampe- indegni anche delle loro stesse ‘zampe’) ‘strada facendo’ hanno allegramente crocifisso sette esseri umani. Hanno crocifisso (nel senso letterale del termine) persone vive, martellando nelle loro carni lunghi chiodi, trafiggendone i muscoli e le ossa (e lacerandone l’integrità fisica, la resistenza spirituale e il respiro vitale). Hanno agghiacciato la foresta con urla disumane/ hanno usato gli alberi come croci e i loro connazionali come inchiodati vivi a ripetizione/ hanno prestato gambe-volto e braccia al fetore peggiore dell’oppressione (e all’oppressione più schifosa che ci sia: quella che nega all’uomo il diritto di pregare il suo Dio e che si fa anti-Dio e trucidatrice di Dio stesso- che è in tutto e in tutti).

Quegli esseri (i tentacoli mussulmani del governo di Khartoum) si sentono autorizzati a punire chi non prega ‘con il sedere per aria’, come umoristicamente si dice dei Mussulmani, e chi non chiama Dio come lo chiamano loro. I Mussulmani moderati (e per bene) sono i primi a doversi preoccupare di ‘quella’ progenie islamica (che della sua umanità ha alterato e corrotto qualsiasi alito vitale).

Il Sudan trattiene il respiro, in attesa delle elezioni politiche (‘promesse’ dagli accordi di pace del 2005) da tenersi nel 2010. Non osa respirare (nel timore di perdere la speranza con ogni respiro) il Sud del Sudan (cristiano/ animista)/ cerca di resistere e prega, in attesa del referendum (per l’autodeterminazione del Sud) previsto per il 2011 (e, intanto, vede uccidere la sua gente, bruciare le sue case, distruggere le sue chiese, crocifiggere i suoi giovani). Il Nord arabo/ il governo di Khartoum (quello stesso che ha imposto la legge coranica), il ‘covo’ del presidente Al Bashir che ha sul capo un ordine di cattura internazionale per crimini contro l’umanità, permetterà mai che gli accordi di ‘pace’ vengano onorati? Potrà mai accadere ciò, là dove chi comanda sfugge alla legge internazionale e usa vocabolari in cui parole come ‘pace’ (e anche come ‘onore’) sono latitanti? Non è chiara la manovra vile (oltre ogni demoniaca ampiezza) insita negli orrori reiterati (volti a sabotare qualsiasi straccio della parvenza ‘civile’ necessaria alle invocate ‘urne’) che pugnalano al cuore la nazione (e la privano della dignità di ‘popolo’)? Chi potrà dare al Sudan (e al suo Sud e al suo Ovest stremati e moribondi) l’ombrello anti-stragi/degradazione totale degli esseri umani? Chi potrà dare un senso al martirio continuo degli ultimi degli uomini (primi tra i figli di Dio)? Chi potrà impedire ai figli maledetti del Sudan (i Caino di araba progenie) di usare braccia fratricide (spesso giunte da lontano e anche addestrate dalla stessa Al Qaeda) per trucidare i loro inermi fratelli del Sud e dell’Ovest (oggi come ieri vecchi e nuovi Abele)? Chi salverà il Sud e l’Ovest (Abele), se l’ONU influente e forte che servirebbe (per andare a prelevare Caino per la collottola e sbatterlo ‘in galera’) non è ancora nato (perché quello vecchio e obsoleto ne usurpa ancora il posto e ne spende le risorse)?

Il vescovo della diocesi di Tombura Yambio (Monsignor Hiiboro Kussala) ha denunciato gli attacchi e le persecuzioni delle milizie governative al Sinodo dei vescovi per l’Africa, in Vaticano, ma… cui prodest? Il Sinodo ha potuto soltanto ascoltare il racconto raccapricciante degli orrori inimmaginabili che accadono in Sudan, rabbrividire e parlare della crocifissione di questi Cristiani del terzo millennio, ma non ha potuto certo fare qualcosa di concreto… Radio Vaticana ha trasmesso le parole di Monsignor Kussala (e ha fatto arricciare la pelle di chi le ha sentite), ma Al -Bashir, intanto, non paga per il genocidio del Darfur (anche se è stato, finalmente, quest’anno, incriminato dal tribunale internazionale dell’Aja) e per nessuno degli altri (perché non esiste organizzazione o figura di sorta che possa andare ad arrestarlo e sottoporlo al giudizio di una giustizia severa). Gl’indifesi erano, sono, saranno alla mercé della soverchieria/ della prepotenza/ della violenza, della sopraffazione e dei massacri.

Il Sudan è la nazione che non c’è, perché ha una testa (il Nord arabo, che impone la legge coranica) che rema per suo conto, a danno del resto del corpo/ un corpo (Khartoum, con il governo di Al Bashir) portatore di virus letali/ gambe (il Sud) che potrebbero traghettarlo lontano, ma che vengono segate senza pietà dal capo e dal corpo idrocefali (dimentichi di esservi appoggiati sopra e di averne un bisogno disperato).


Vivere la fede cristiana, in Sudan, può significare essere pronti a morire. Andare in chiesa può significare immolarsi proprio come Cristo, sulla croce. Ciò fa rizzare i capelli per vari motivi. Nessuno vuole morire, eppure, in Sudan, la gente va a pregare sapendo di rischiare la vita. Ciò trasforma la preghiera in qualcosa che trascende la libertà di culto e la libertà in generale e che va a imparentarsi con i grandi valori (sacri) del genere umano. Chi entra in chiesa sapendo che potrebbe non tornarne vivo (e tremando di paura nel profondo del cuore) afferma la nobiltà massima del coraggio umano (l’eroismo dei temerari della purezza di intenti/dei pazzi dell’amore di Dio e della speranza immortale).

Chi, invece, ordina e compie massacri (come le crocifissioni) talmente truculenti da risultare osceni persino per le belve feroci afferma la più penosa/ infima/ bieca/ ottusa/ illimitata/ imbecille/ miserabile pochezza del proprio elettroencefalogramma piatto (perché esce dall’appartenenza al genere degli esseri viventi- umani e animali - e persino dall’appartenenza alle sostanze vegetali e minerali e a tutte le sostanze contenute nell’universo.


Il Sudan ha una realtà complessa fatta di disuguaglianze, differenze, disparità, paradossi, miseria (tanta miseria, che non avrebbe ragion d’essere in un paese produttore di greggio) e… violenza: 1) il Nord e il Sud si trovano contrapposti geograficamente, politicamente ed economicamente; 2) il governo centrale è padre traligno ed elargisce ai figli del Nord opportunità off limits per i figli del Sud; 3) tra le popolazioni del Nord (ove l’Islamismo ha spazzato via tutti i contrafforti della fede cristiana e di altri culti e ogni appartenenza di chi la professava) e quelle del Sud, non è rimasto nulla che possa fare da collante (tra le etnie diverse che, ormai, come si sa, al Nord sono islamiche e al Sud hanno mantenuto le radici africane). Le cose paiono migliorare, a fasi alterne (dal 2003 in poi), a chi le guarda dall’esterno, ma, al loro interno, restano legate ai disagi inestirpabili e immutati che hanno radici profonde (coloro che hanno lavorato e lavorano nell’organizzazione congiunta Onu-Unione Africana lo sanno molto bene). L’Assemblea per l’Africa si è avvalsa dell’opera di 244 vescovi che, come monsignor Kussala, hanno partecipato al sinodo.

Sono molti coloro che attaccano ‘i preti’ e ‘la Chiesa’ in generale, ma nessuno di quei ‘criticoni’, alla fin fine, rischia nulla (perché nessuno di loro va nelle zone colpite da violenze inaudite). Chi rischia di tutto e di più (e anche la sola-unica vita preziosa che ha) sono poi, in fondo, sempre i religiosi. Sono loro che si frappongono tra i molti boia della terra e gl’innumerevoli ultimi-derelitti-poveri-perseguitati e uccisi (e che, ‘una volta sì e una volta sempre’ perdono la vita su barricate che non hanno innalzato, accanto a figli-fratelli che non hanno nessun potere o aiuto su cui contare).

Le genti africane sono in tumulto e ne hanno ben motivo: hanno bisogno di disegnare un proprio cammino, nel futuro (che è diventato presente senza di loro). Le potenze mondiali non stanno investendo in tale direzione. È ancora la Chiesa la sola (mi pare) a rischiare (anche in vite umane) nei luoghi in cui per parole come riconciliazione-giustizia-pace (che il mondo ricco e viziato rischia di archiviare nei file della retorica) la gente muore a ripetizione. Il papa ha chiesto agli esseri umani del mondo di volgere gli occhi all’Africa e i padri sinodali hanno pronunciato parole di incoraggiamento per le nazioni africane e per i loro popoli. Il loro ‘consiglio’ a quelle genti è di appropriarsi del loro destino/ di diventare artefici del proprio futuro e di quello dei loro figli.

Gli uomini di chiesa che non sono latitanti, là dove l’umanità è prostrata dalla sofferenza (e la violenza abbatte vittime numerose come i fili d’erba dei covoni mietuti) sono eroi proprio come quelli che cadono in divisa per valori irrinunciabili legati alla sopravvivenza dei pochi o dei molti. Non si tratta più di morire per la fede cristiana o per un’altra fede. Si tratta di non lasciare la mano del proprio simile perseguitato neppure quando aiutarlo può significare cadere sotto i colpi del suo assassino (e, se ciò, accade perché lo si ritiene figlio dello stesso Dio-padre e, indi, fratello, tanto di guadagnato alla causa dell’onore e dell’amore con la A maiuscola). Quella progenie di gente religiosa (che va dove Dio la chiama e che è pronta a morire nella ‘vigna del Signore’), quando si trova esposta ai venti della guerra e delle belve sanguinarie di turno (insieme ai più poveri e indifesi del pianeta) nulla chiede alle popolazioni del mondo ‘benestante’ (e, se proprio osa, chiede preghiere). Questo chiede il vescovo di Tombura Yambio: preghiere, tante preghiere («Vogliamo i Buo­ni Samaritani: i nostri fratelli, i nostri amici nella comunità internazionale possono veni­re in nostro aiuto. Ma più an­cora di questo, chiediamo pre­ghiere, tante»- Corriere della Sera, 16 Ottobre 2009-Raffaella a).


Il diritto sacrosanto a pregare Dio come e dove si vuole (chiamandolo con il nome che la propria religione gli ha dato) è negato a molta gente, in molti luoghi di questa nostra terra disastrata (abitata da disastrosi esseri guerrafondai/prepotenti). Il Sudan è uno di questi luoghi e intride la sua terra del sangue dei suoi figli (per mezzo dell’islamizzazione forzata, che non prevede il rispetto della libertà di pensiero/ di preghiera e di credo). È vero che dietro l’intolleranza religiosa si nascondono scopi politico-geografici e lotte di potere, ma è vero anche che per i poveri e i semplici quei motivi non sono chiari (e non hanno alcuna importanza). Ha importanza il dolore (tanto dolore…) seminato ‘a catinelle’ (come pioggia dolorosa di pianto impotente e senza ‘remissione’ alcuna). Le mine che scoppiano devastano i tuguri e gli ospedali e creano folle ‘randage’ senza appartenenze/destinazioni. Sono sei milioni i senza tetto (di ambo i sessi e di tutte le età). Non hanno alcun punto di appoggio o di riferimento (a parte i due o tre medici e i pochissimi volontari delle organizzazioni umanitarie- che possono cambiare lo stato di abiezione dei milioni di diseredati del Sud nella misura in cui le gocce di una pioggerella primaverile possono modificare la consistenza degli oceani mondiali).

E…, come se il baratro non fosse sazio abbastanza del suo vuoto, altre piaghe nascono dalle voragini del male (che abita nelle sembianze umane di certe creature mutanti/ antropofaghe/ contaminate dagli effluvi di satana e dei suoi inferi): i mercanti arabi formano carovane nomadi/ vanno ‘a caccia di schaivi’ e catturano (indovinate un po’?) i bambini. I bambini di due tribù particolari (Dinka e Nuer) del Sud del Sudan sono stati ‘razziati’ a migliaia. Almeno diecimila bambini sono stati strappati alle loro famiglie, alla loro infanzia, alla loro terra, in un colpo solo, anni fa.

Gli esseri maledetti (che non so in base a quale alchimia possano definirsi umani) che vanno sotto il nome di ‘mercanti’ si procurano veri e propri ‘armenti’ di innocenti ‘cuccioli d’uomo’ (da tramutare in ricche vendite per le loro lerce tasche putride e puzzolenti) e li guidano come ‘mandrie’ da macello, attraverso migliaia di km di uno dei territori più inospitali del mondo. I macellai (standosene a cavallo, protetti dal sole, e concedendosi cibo e acqua) di esseri umani e di innocenti indifesi hanno guidato quei diecimila bambini, attraverso il deserto e la savana, alcuni anni fa, per ‘aggirare’ le zone a rischio-guerra/massacri. Hanno sottoposto dieci migliaia di innocenti a un’epopea terrificante e inenarrabile, in cui le esili gambe infantili hanno fornito ‘cibo’ facile alle belve (che hanno pescato a piacimento nel ‘branco’ sfiancato delle piccole creature umane stanche-debilitate-affamate-disperate e abbrutite) e corpicini galleggianti alle paludi dei guadi del Nilo (che sono state più clementi degli schiavisti mostruosi e hanno cullato i piccoli cadaveri con il loro liquido abbraccio). Centinaia di bambini sono morti sbranati o annegati (e, forse, sono stati proprio loro i più fortunati, perché il destino da schiavi dei sopravvissuti, che hanno raggiunto il Nord, è stato persino peggiore). Come si lava una macchia simile dalla ‘fedina penale’ del genere umano? Come si può perdonare tale indefinibile bruttura immensa e nefasta (che ha commesso genocidi il cui numero totale e immenso non è stato mai accertato da nessuno…)/ come ci si può riconciliare con le sembianze umane che si fanno ‘maschere’ diaboliche e letali/ come accettare la parentela pitecantropa con tali dna dotati di atavico fetore/ come non piegarsi in due sotto il peso di una malvagità che è marchio infamante per un numero di generazioni che neppure la fine del mondo potrà ‘ripulire’ (sia pure in milioni di miliardi di crogiuoli)? E… (soprattutto) come perdonare il ‘sigillo’ governativo su tale ‘pratica’ orrenda e il silenzio colpevole di un’intera nazione che sa (conosce la ‘procedura’ della cattura degli schiavi, soprattutto bambini, la avalla e la trova comoda e ‘normale’). E mi domando: i testimoni involontari, magari ‘stranieri’, non hanno visto nulla? E gli altri popoli, quelli che non ‘comprano’ gli esseri umani razziati, neppure hanno visto? E i Guerriglieri, quelli che hanno difeso il Sud (e il suo petrolio) dov’erano quando i mercanti commettevano quel crimine esecrando e perché non sono intervenuti? È evidente che da qualche parte ci sono enormi, spaventose omissioni… (come ‘catalogare’ l’indifferenza mostruosa che ha permesso-lasciato accadere-ignorato-coperto una cosa che non ha parametri neppure nella peggiore ‘letteratura’ di qualsiasi ‘galleria’ degli orrori?).

Ecco il quadro orientativo di eventi e persone del Sudan

(id est: anamnesi remota del baratro di nefandezze con cui i boia prima violentano la propria umanità, poi ‘crocifiggono’ quella degl’innocenti)

Il Sudan cominciò ad esistere (come autogoverno), nel 1953 (con gran delusione dell’Egitto, che non voleva vederlo assurgere a Stato e che, con il senno di poi, forse aveva ragione), ma nacque, a tutti gli effetti, politicamente, nel 1955, quando furono indette le prime elezioni e furono vinte (a scapito della Umma) dal Partito Nazionale Unionista (sostenuto dal presidente egiziano Nasser). La dichiarazione di indipendenza (della maggioranza parlamentare di Azhari, nel 1956) portò alla stesura della Costituzione provvisoria (che rafforzò il Nord e penalizzò irrimediabilmente il Sud, perché gettò a mare il progetto della federazione equa e pacifica, in cui le zone rurali avevano posto tutte le loro speranze, e gettò le basi di uno Stato destinato a diventare l’inferno che è sempre stato ed è e che lo avrebbe marchiato come un luogo di genocidi e di stragi). Quello fu l’inizio della guerra civile (che durò fino al ’72) e dello sfacelo totale. È stato allora che è nata la resistenza, nel Sud. Ibrahim Abbud (colpo di Stato- 1958) liberalizzò il prezzo del cotone (disastro economico non indifferente per un paese che aveva bisogno di bilanciarsi con cautela)/ sciolse i partiti/ creò ”il” consiglio supremo (per ‘garantire’ ovvero imporre le leggi dell’Islam a ‘tutte’ le popolazioni -che ‘tutte’ islamiche non erano- e, udite-udite, per imporre la lingua araba a un paese che di lingue ne aveva 400)/ espulse (1962) tutti i missionari dalle scuole del Sudan meridionale, per poter ‘giocare sporco’ senza testimoni. Ecco il nome del primo responsabile di alcune delle mostruosità più indicibili del globo terrestre: Ibrahim Abbud. È lui che ha dato il via agli orrori del Sudan. L’ingenuità del Sud non poteva sapere che protestare contro la liberalizzazione del prezzo del cotone (che avrebbe affamato i poveri del Sud e arricchito i ricchi del Nord) e mobilitarsi (invocando democrazia) avrebbe dato il via a una tragedia senza fine e si ribellò con forza (tanto che, nel ’64, Abbud dovette dimettersi ed essere sostituito da un governo di transizione). Il disastro economico innescato con la liberalizzazione del prezzo del cotone si propagò a macchia d’olio. Il partito Umma conquistò il potere (1965) e lo riperse (1969- colpo di stato di Gaafar al-Nimeiry), a causa della corruzione faziosa e senza rimedio del parlamento e della ribellione del Sud (che veniva lasciato fuori dai giochi politici e fatto segno di malversazioni e sfruttamento). I ribelli Anya -Nya (1971) formarono il Movimento di Liberazione del Sudan Meridionale (SSLM) e diedero a buona parte dei coltivatori del Sud una certa stabilità (e protezione): Nimeiry negoziò con loro (trattati di pace di Addis Abeba- 1972), riconoscendo l’autonomia regionale delle tre province meridionali, in cambio del cessate il fuoco (a Nimeiry va il merito del periodo migliore di quella terra tormentata: il prezzo del petrolio aumentò, i paesi arabi investirono in Sudan e un certo benessere cominciò a fare capolino). Nimeiry fu rieletto e le speranze parvero buone, ma… il coacervo di tramatori opportunisti, marci, corrotti e incompetenti che formava il governo ebbe ragione delle buone intenzioni del povero Nimeiry: indebitarono lo Stato al punto che non sarebbe riemerso mai più dalla voragine in cui lo avevano sprofondato (otto miliardi di debiti causarono la bancarotta del paese-1978). Il periodo delle vacche magre che seguì tolse a Nimeiry la maschera del salvatore (non senza ‘zampino’ di ‘angeli’ tentatori), quando (1983) la Chevron, scoprendo i giacimenti nel Sud del Sudan, firmò la condanna a morte di intere popolazioni (poteva mai mancare la ‘benedizione’ delle multinazionali internazionali anche in quei genocidi terribili?). Nimeiry (vile e infame, come tutti i suoi accoliti e anche peggiore, perché dotato della scintilla della sensibilità e dell’intelligenza) si lasciò manipolare (in nome del greggio e del dio denaro) dal Fronte Nazionale Islamico (FNI), si rimangiò il trattato di Addis Abeba e impose la sharia, la legge islamica, a chi islamico non era mai stato e mai sarebbe stato (nel Sud). Il poco barlume di lustro che Nimeiry aveva dato al nome di presidente (caso isolato e ‘improprio’ per il Sudan) fece la fine dell’oro del demonio (che è carbone, infine) e perì miseramente, imbrattato del fango abominevole (che abbonda negli stagni maleodoranti di tutti i criminali della storia). Nimeiry fu rieletto, in quello stesso 1983 (e si disse che anche in ciò si fosse attenuto alla discesa della china del tradimento del popolo e si fosse servito di brogli, ma nessuno se ne stupì, perché la china del male è una valanga: se ne salva soltanto chi non la innesca e ne resta lontano).

Il Sud riprese le armi. L’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese (la potente e prestigiosa SPLA del carismatico John Garang) mise in fuga le radici del male: costrinse le compagnie petrolifere (foriere di genocidi e di distruzione ovunque vadano) ad abbandonare il Sudan. Ciò (guarda caso) risvegliò le coscienze ‘letargiche’ di coloro che non avevano avuto le mani in pasta (cioè in ‘greggio’) e che volevano mettercele e di coloro che le mani in pasta ce le avevano avute per bene e mise a nudo la loro ‘anima’ nera e ‘profumata’ di ‘oro nero’. I partiti settentrionali sudanesi (e persino l’FNI, che era stato il diavolo consigliere di Nimeiry- viva la negazione assoluta di ombre minime di dignità) e specialmente i partiti di ‘opposizione’ (che non avevano comandato e non si erano ingrassati e che speravano di farlo al ritorno delle multinazionali petrolifere), insieme agli organismi finanziari internazionali (che erano la spina dorsale delle industrie petrolifere) si scagliarono contro Nimeiry (e contro la Sharia, da lui promulgata, che andava bene fino a quando trucidava gl’inermi contadini del Sud e non intaccava i loro sporchi interessi, ma che li ‘contrariava’ quando limitava la loro ‘libertà’ politica e, peggio, aveva ‘effetti collaterali’ sul latrocinio generalizzato dei sistemi finanziari ‘casalinghi’ e ‘forestieri’). Nessuno pianse per Nimeiry, quando il suo ministro della difesa (Abdul al- Dahab) approfittò del suo viaggio negli USA (1985), prese il potere e indisse le elezioni per l’anno dopo. Le elezioni furono vinte dalla Umma. Primo ministro fu il suo capo (Sadiq al-Mahdi).

Dodicimila ribelli del Sud (SPLA) accerchiarono le armate fedeli al governo, presero il controllo e chiesero le dimissioni di Mahdi (in tale processo cadde anche la loro maschera e mostrò la metamorfosi operata dall’ambizione sui vertici spla: le zone rurali videro, allora, una faccia nuova del ruolo dei loro amati ‘guerriglieri’, che causarono sofferenze enormi alla loro stessa gente cui tagliarono le vie di approvvigionamento alimentare e sanitario).

Il governo sudanese si è macchiato di crimini spropositati (e lo ha fatto dall’inizio alla fine), giungendo fino a manipolare la Carta dei Diritti dell’uomo e a sostituire il termine che indica l’essere umano/ la persona umana, con il sostantivo ‘mussulmano’/ a dichiarare fuorilegge gli stessi partiti mussulmani (se caratterizzati da buonsenso e moderazione)/ a lasciare campo libero ai mussulmani fondamentalisti (a detrimento di quelli moderati)/ a concedere loro privilegi su privilegi, commettendo un’ingiustizia dopo l’altra verso i moderati e, soprattutto verso le genti di altre religioni (come la libertà dei Mussulmani di arringare i Cristiani e gli Animisti, per fare proseliti tra loro, e il divieto severissimo di fare altrettanto per Cristiani e Animisti).

Le disgrazie degli ultimi della terra abbondano sempre (e confermano il detto “piove sempre sul bagnato”), ma in Sudan si può dire proprio che non hanno ‘badato a spese’: tra le disgrazie del Sud non ci mancava che il petrolio, che è stato come il ‘formaggio’ dietro il cui ‘aroma’ il dissennato comportamento criminale del gatto-governo (e del Nord arabo) non poteva che peggiorare…! E il Sud, con la scoperta dei giacimenti petroliferi, è finito davvero in padella e, da lì, nella brace senza rimedio (dove ha scoperto che le sue popolazioni sono state ‘promosse’ -dal governo-, ovvero upgraded, passando dal ruolo di nemici da combattere a quello di presenze ingombranti da eliminare ipso facto). Avete capito bene: il governo, ‘quel’ governo sui generis (e speriamo irripetibile e ‘fugabile’ come un incubo che non ha ragion d’essere) ha deciso che la gran parte dei figli della sua nazione vada eliminata, per ‘sgomberare’ la via ai giacimenti di petrolio (e, ergo, alle brame di introiti). E non è che ci voglia la palla di cristallo per indovinare simili intenzioni, perché sono state ‘illustrate’ a chiare lettere (con tanto di gigantografie dell’horror più macabro e inimmaginabile), attraverso la ‘pulizia’ del Sud, cioè lo sterminio delle sue genti (messo ‘in scena’ con strategie spaventose). Non sembra possibile credere che creature capaci di tanto esistano ed è inaccettabile pensare che respirino sotto il cielo (quello stesso cielo che si ammanta di chiari di luna e di malie stellari/ quello stesso cielo sotto il quale respiriamo tutti). Mi manca l’aria al pensiero che aliti infernali come quelli si alimentino nella nostra stessa atmosfera…

Non potendo disporre di uno spiegamento di forze sufficiente a uno sterminio di massa celere (e all’ingrosso), ‘la mente malata’ chiamata governo (cioè il potere dittatoriale imposto al popolo come un flagello), ha deciso di farlo ‘al minuto’: ha cominciato a catturare i giovani (crocifiggendoli incidentalmente, strada facendo)/ a uccidere gli adulti maschi (gettandone i cadaveri nell’acqua potabile, per infettare a tempo indeterminato i pozzi che, per quelle zone, sono rari e preziosi come oro)/ a razziare e vendere come schiavi donne e bambini/ a smembrare e disperdere le famiglie (per sgomberare le zone del petrolio). Non ci si domandi come mai le milizie governative non abbiano pensato di lucrare anche su giovani e adulti vendendoli come schiavi (piuttosto che ‘sprecarli’ con massacri che, per di più, costano fatica). La risposta è una semplice questione del ‘dare e avere’ studiato in ragioneria: la ‘cattura’ e il ‘trasporto’, per la vendita al ‘dettaglio’ creerebbero ‘uscite’ superiori alle ‘entrate’ e perciò non sarebbero ‘convenienti’, mentre la ‘eliminazione’ fisica degli ‘ingombri’ umani, non pesa sul budget passivo e non intacca quello attivo (comunque garantito dal compenso governativo)/ la cattura su larga scala di uomini giovani e forti e di adulti nel pieno del vigore viene, per contro, scartata come una pazzia, perché metterebbe le milizie a rischio di sopraffazione (sanno i servi vili del potere, i traditori del genere umano, di ‘razziare’ uomini -capaci di organizzarsi, ribellarsi, liberarsi- e non bestie).

E… mi domando, ancora una volta: a che cosa serve un ONU che, non impedendo tali cose, se non le ratifica, le permette e che, se non toglie dal posto di potere belve come quelle che governano il Sudan, le appoggia? Proclamare la tregua (per merito degli USA) è stata una buona cosa, come no, ma… dove ha portato e dove porterà? Sia benedetta comunque, per tutte le vite che ha salvato (e benedetta sarebbe se avesse anche salvato una vita soltanto), ma scade e… che accadrà?

E… tutto ciò non basta: c’è anche la carestia a dare manforte ai criminali e a sterminare centinaia di migliaia di esseri umani.


I missionari in Sudan

Non c’è che la fede a tendere una mano alla gente di quella terra maltrattata e martoriata persino dall’inclemenza del clima (oltre che da un cinquantennio circa di brutture e di guerra). Non c’è che la fede a ridare dignità ai bambini spezzati nel loro inconscio tenero/ devastati nel corpo e nello spirito (come i bambini-soldato): quelli di loro che incrociano la strada dei missionari ne osservano il comportamento caritatevole, fraterno, pacato, orante/ se ne riempiono gli occhi e la psiche/ risalgono dai gironi dell’inferno in cui erano sprofondati/ si aprono alla vita e si predispongono a crescere nel rispetto e nell’accoglienza della propria gente- non è poca cosa, direi… Come non ringraziare Dio, per ogni fraticello stoico che allestisce tende-ospedale/ fa da chirurgo e da insegnante per infermieri/ si prende cura dei lebbrosi (anche quando non possono più essere curati e hanno piaghe aperte che fanno ribrezzo)/ non si lascia abbattere dalla mancanza di medicinali (che condanna a morte i lebbrosi che potrebbero guarire). Dio sia lodato per ognuno di questi personaggi magnifici capaci di ridare dignità al tempo che resta da vivere ai lebbrosi (e per ogni giorno che i malati passano lavorando e sentendosi utili a se stessi e ai propri cari, anziché sentirsi reietti-mostruosi-abbandonati)/ capaci di abbracciare i lebbrosi senza paura/ capaci di pagare anche con la prigione e con la tortura la costruzione di scuole e di ospedali e l’aiuto ai poveri. Dio sia lodato per ogni piccola suora che insegna a leggere e a scrivere alle donne sudanesi e le sottrae all’ignoranza, alla carenza di igiene e alla sottomissione e ai soprusi.

Dio sia invocato, invece, perché scagli le coorti del bene (dove sono e che cosa aspettano?!?!?) contro le coorti del male che torturano, seviziano, crocifiggono i religiosi sudanesi (‘colpevoli’ di cose come ‘permettere a migliaia di bambini di andare a scuola’/ accogliere i profughi stremati e ridare loro dignità di essere umani).

Vivere in Sudan (quando si ha altra nazionalità che permetterebbe di starsene snug and safe elsewhere) è da pazzi e, siccome nessuno è più ‘pazzo’ dei seguaci del Vangelo, i missionari sono i più ‘pazzi’ esseri umani che esistano. La pagano questa pazzia, la pagano a caro prezzo (con ansia indicibile/ con la paura reiterata che aleggia nei luoghi come il Sudan e che adombra i risvegli e il riposo/ con carcerazione/ con torture e anche con la vita). L’insicurezza diventa l’alter ego dei missionari, in Sudan (dove la guerra non basta, perché vi si verificano scontri anche dove non dovrebbero esserci- persino tra i militari governativi che, ogni due per tre, dimenticano di appartenere allo stesso esercito, ricordano solo la provenienza da etnie diverse, si trucidano tra loro e finiscono a decine nelle fosse comuni). Hanno avuto bisogno di un coraggio da leoni i missionari stranieri, per restare in Sudan, quando la corte internazionale ha condannato il presidente Al- Bashir, ma non sono fuggiti (non hanno disertato le barricate degli umili…) e, oltre a subire il clima di pericolo incombente, hanno anche dovuto ingoiare il boccone amaro della mancata triplice condanna del presidente sudanese. La Corte dell’Aja ha emesso mandato di cattura internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità e ha omesso di condannarlo anche per genocidio, per ‘insufficienza’ di prove (ma, di grazia, la corte internazionale voleva qualche cargo di popolazioni sterminate o qualche carovana con ‘armenti’ di bambini da massacrare al suo cospetto?). I missionari non si spingono fino a porsi domande ‘impertinenti’ come le mie, ma si domandano come mai una corte internazionale non si scomodi a mandare qualcuno in disguise ad aggirarsi nei luoghi in cui i genocidi si sono consumati (dove non è necessario prendersi il disturbo di ‘interrogare’ i sopravvissuti, che portano negli occhi e nella psiche i segni terrificanti delle ‘menomazioni’ sociali e ne narrano l’orrore per chi vuole ricordarsi di essere dotato di orecchie). Ciò che accade o si decreta in Khartoum si propaga, nel resto del Sudan, con effetti immediati (che raggiungono il Sud in men che non si dica, nonostante la distanza e le difficoltà di comunicazione). Le città-villaggio del Nord e del Sud ne divengono casse di risonanza come per inerzia (i voli si bloccano/ i mezzi di comunicazione si fermano- chi si trova in viaggio entra in una bolla senza certezze e senza tempo/ vi si sente in trappola e non può fare altro che attendere, ignorando fino a quando…).

Paola Vismara, rifugiata del Darfur (5 Marzo 2009.- Korogocho.org) scrive: «RUMBEK: SOSTA FORZATA …dalla Via Crucis alla Pasqua -Mi viene in mente il “carpe diem” del poeta Catullo anche se qui non c’è proprio nulla che susciti la poesia e il senso artistico: nessuno crederebbe all’estrema povertà di ciò che non oso neppure chiamare “episcopio”. Un cortile… costruzioni fatiscenti… In refettorio si rischia di non avere l’acqua corrente da quel che resta di un rubinetto… l’odore dell’acqua ferruginosa la dice lunga sullo stato dei tubi… saranno più che arrugginiti. Due tavoli in plastica ed alcune sedie, anch’esse in plastica ormai rotte… questo refettorio è stato ricavato da quella che era l’officina dei Comboniani, prima della guerra. Le stanze per chi è di passaggio sono strette e piccole, veri “forni” di giorno e di notte: si trovano infatti in ‘baracche’ di legno ereditate da no so quale organizzazione…» / «Vengo a sapere che dovremo rimanere a Rumbek almeno tre giorni… comincio a temere di perdere il volo internazionale di ritorno in Italia! Ma all’iniziale reazione di paura segue quella più razionale: approfitterò per conoscere le persone, i problemi e le speranze della diocesi, la cittadina, e la gente… Cerco di carpire altre testimonianze… Mi trovo a condividere i pasti frugalissimi con il Vescovo di Rumbek, il comboniano Mons. Cesare Mazzolari… e decido di proporre un’intervista per l’emittente diocesana (di Bolzano) Radio Sacra Famiglia, con cui collaboro dal 2006. La risposta è positiva, l’appuntamento è fissato per il pomeriggio… nella sua abitazione. Con sorpresa mi rendo conto che è solo una piccola stanza in muratura con una tettoia sotto la quale c’è un tavolo, che funziona da ufficio. Questo è tutto. In questo territorio solo dieci anni fa si moriva di fame, quella vera, quella più terribile… Mons. Mazzolari ha cercato di combatterla con le uniche armi che aveva a disposizione: la voce, i contatti, le conoscenze, le testimonianze. Ha fatto di tutto per fermare la strage per fame che imperversava tra “il gregge a lui affidato”. E come “buon Pastore” ha dato la sua vita per il suo gregge. Lo si vede dalle mani sicuramente affette dall’artrosi, dalle gambe che gli impediscono di camminare normalmente…»/ «Chi è abituato all’Africa un po’ più “civilizzata”, magari turistica, ai paesaggi e ai tramonti che rivelano una bellezza naturale resa ancora più apprezzabile dall’intervento umano, riuscirà difficilmente ad immaginare questa desolazione! Ma se ad ogni situazione corrisponde una causa ed un effetto, prima di sparare giudizi estremamente critici e negativi, o di esprimere considerazioni pietistiche e giustificative, mi chiedo: “Perché qui tutto è ridotto in questo stato?” Ricercare la causa - o le cause - significa scontrarsi con quella “bestia” feroce che ogni popolo ed ogni epoca storica purtroppo conosce: la GUERRA! Certamente un breve giro nella Rumbek di oggi aiuta a capire... pur straziando gli occhi e il cuore! Sono trascorsi quasi quattro anni dalla firma del “Trattato di pace” del 2005: se il tempo corre veloce, non così velocemente scompaiono i segni della guerra. Rumbek è stata uno dei centri più bombardati... gruppi di mattoni rimasti l’uno sull’altro a testimonianza di edifici andati distrutti, muri ancora anneriti dal fuoco, case dalle pareti sconquassate il cui tetto non esiste più... un mezzo aereo militare ai bordi della strada nei pressi dell’aeroporto, un carro armato fermo ed arrugginito nel cortile della scuola secondaria statale… La desolazione è resa ancora più tragica dalle capanne in paglia e fango fatiscenti, cadenti a pezzi ...eppure ancora abitate. Se questo non basta, immaginate l’effetto che fa vedere dei tuguri costituiti da qualche palo che tiene sollevato ciò che resta di laceri teloni di plastica rovinati dalle piogge e dal sole, bianchi-azzurri-verdi–non importa!... tutti resi rossicci dall’abbondante polvere sollevata dai mezzi di trasporto che passano sulla strada principale, recentemente rifatta, ma non ancora asfaltata. Anche lì la presenza di donne, bambini, anziani fa pensare a quanti “crocifissi viventi” ci sono ancora in certe parti del mondo...»/ «Fr. Andrea (il parroco sudanese della principale parrocchia in Rumbek) deve andare in una sorta di ‘ospedaletto privato’, che preferirei chiamare “lazzaretto”, dove ha dovuto ricoverare un ragazzo... immaginavo la miseria... ma non fino a quel grado. Uno stanzone che probabilmente serviva da magazzino, qualche sacco di cemento, sedie di plastica rotte, un caldo infernale anche se l’orologio segna solo le 9 del mattino... una latta contenente olio di motore... e per terra un lacero materasso di gommapiuma, su cui questo ragazzo ha trascorso la notte... su un tavolo sconquassato il resto della misera cena che don Andrea gli ha portato ieri. Le pareti sono sporche. Ad una delle travi è legato il sacchetto che serviva da flebo... Il buon senso mi suggerisce di non fotografare... Poi nel cortile, sotto gli alberi, accanto a piccoli divisori fatti con le canne... un brulicare di ammalati stesi per terra, chi su materassi, chi su semplici stuoie o sulla nuda terra»./ «È venerdì: un gruppo di fedeli celebra la Via Crucis accanto alla “cattedrale” che solo pochi anni fa era anch’essa mutilata (senza il tetto!) come alcune delle persone che pregano… raccolte attorno al catechista, incuranti dei rumori e della polvere sollevata da camion, auto e moto sulla strada principale sterrata, poco distante… Il sorriso di Fr. Andrea, quel suo volto nero incorniciato da barba e capelli brizzolati, mi assicura che la speranza non può morire se ci sono ancora preti santi come lui: povero tra i poveri, cui stanno a cuore i più miseri come gli ammalati lasciati soli e i prigionieri che vivono in condizioni disumane... La Via Crucis di questo popolo e di questa tormentata diocesi un giorno terminerà… grazie all’incrollabile fede sua e di altri sacerdoti»./ «Promettono la Pasqua le donne avvolte dai “sari” bianchi bordati di blu, noti in tutto il mondo, ricco e povero: le Suore di Madre Teresa si curvano sulle mille forme di miseria, soprattutto sui piccoli orfani… Promettono la Pasqua le Suore tanzaniane che condividono gli sforzi pastorali per la promozione della donna e dei catechisti… e condividono la povertà della parrocchia in una casa che in ogni stagione delle piogge si riduce a colabrodo…Promettono la Pasqua i giovani cristiani della diocesi – in larga maggioranza denka».

 

Bruna Spagnuolo


(1 - segue)


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