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Simona Borgatti. Il Bene è ubicato nel Sud-Ovest Milanese?
17 Novembre 2009
 

Un libro di Giorgio Falco appena uscito che raccoglie le storie degli abitanti di Cortesforza, piccolo sobborgo immaginario di Milano. Un’opera che, attraverso una prosa scarna ma tagliente, descrive il vuoto delle nostre vite che quotidianamente si snodano lungo lo squallore delle strade attorno a Milano. Non sappiamo dove sia questo borgo, con un pizzico di fantasia potrebbe essere Cusago o qualche paese limitrofo, che viene descritto in un universo di situazioni in apparenza paradossali, ma drammaticamente reali. Un bel libro.

 


Il disegno in copertina è molto “zen” e lo sono anche i testi nella quarta di copertina: scarni, essenziali. Esattamente come la prosa di Giorgio Falco che, con nove racconti ne “L’ubicazione del bene” (Einaudi - Stile Libero, 141 pp., 16 euro) si mostra tagliente e privo di suppellettili letterarie. Una prosa che pugnala il lettore, ma che al tempo stesso lo appassiona. Soprattutto se il lettore vive e lavora nel luogo in cui presumibilmente sono ambientati i nove racconti: “Cortesforza”. Cortesforza?? E dove sarà mai? E qui sta la cosa carina. Cortesforza è “Ubicato nella zona sud ovest della provincia di Milano, lungo la Strada Statale 494, e più precisamente nel lembo di terra tra Vermezzo e Abbiategrasso. Cortesforza è un comune di 1574 abitanti… è un piccolo comune che negli ultimi due decenni ha avuto uno sviluppo residenziale costante, ma coerente e contenuto, grazie al quale ha mantenuto la sua principale peculiarità: un centro abitato a misura d’uomo. Nei secoli Corte Sforza è stata la riserva di caccia delle nobili famiglie milanesi. I rampolli delle più insigne casate passavano i loro giorni di svago e formazione nei terreni di Cortesforza….” (pag.17). Dove sarà mai quindi Cortesforza? Anzi, dov’è esattamente? Sarà Cusago? Vermezzo? Cisliano? Gaggiano? Cassinetta di Lugagnano? Sembra, infatti, che l’autore, con un perfetto “copia e incolla” immaginativo, abbia preso spunto dai paesi che si snodano lungo la Vigevanese o la SP114 tra Milano e Abbiategrasso con a fianco il Naviglio. C’è tutto: la Statale che potrebbe essere la nostra Vigevanese o la vituperata SP114, i 1500 abitanti circa che in breve diventano 3000 per i discussi oneri di urbanizzazione (Cusago, Gaggiano, Cisliano, Vermezzo…), la riserva di caccia per i nobili (Cusago?), l’immancabile centro commerciale teatro di tutti i nostri crucci economici. E con l’inserimento di una villa nobile (pag 75), in un baleno ci ritroviamo a Cassinetta di Luganano. Bene, ma chi vive a Cortesforza? I personaggi dei nove racconti sono famiglie, coppie di pensionati, D.I.N.K (double incom no kids – doppio stipendio no bambini), single che, fuggiti dalla città, si sono ritrovati a Cortesforza dopo aver battuto palmo a palmo le immobiliari locali con i venditori dalle scarpe a punta quadra e le cravatte larghe, per avere il verde ed essere a meno di 10 km da Milano; per possedere il giardino kleenex con barbecue incorporato e la cuccia del labrador: per godere del silenzio e avere un posto dove far crescere i figli in tutta tranquillità. Ma se i figli non vogliono arrivare, nonostante il relax? Certo che i figli non ti arrivano, se per comprare 12 bottiglie d’acqua ti infili sulla Statale e percorri 12 km, (una bottiglia a chilometro), magari sotto la pioggia. E poi, quando il pargolo è giunto dal cielo o dopo un paio di fivet, scopri che il matrimonio si è sfaldato irreparabilmente e con la crisi economica, sei costretto a vivere di fronte alla tua villetta dove ora vivono tua moglie e tuo figlio che puoi spiare comodamente dal tuo camper acquistato, magari, per quel tour del Portogallo tanto pianificato e… improvvisamente saltato. “Lei la mattina esce con il bambino, va ai giardinetti comunali di Cortesforza, incontra le altre madri. …lei si siede sulla panchina e aspetta il suo turno per parlare del proprio figlio. …Lui non ha rapporti con gli abitanti di Cortesforza. Riconosce appena le auto dei vicini e le associa ai numeri civici, la nuova posizione lavorativa lo assorbe, torna stanco e fa fatica ad ascoltarla, lei racconta vicende degli abitanti di Cortesforza. Non ti interessa sapere cosa succede nel posto dove vivi?” (pag 107). Perché questi sono uno dei tanti e nuovi problemi che deve affrontare chi ha scelto Cortesforza per cambiar vita. Forse in città non era proprio così. O era così, ma un po’ diverso? Però c’è anche chi, dopo aver comprato una residenza nobile del ‘700 (a Cassinetta?), se la vede invasa dalle tarme. O chi festeggia il matrimonio da favola nella villa vista Naviglio (a Robecco?) e capita tra le sgrinfie di un fotografo imbroglione. Oppure chi si licenzia dal posto sicuro perché vuole sentirsi “manager di se stesso” (basta cartellini, mobbing e capi stronzi), affitta il capannone lungo la Vigevanese, non ha più tempo per la famiglia e presto si sente stritolato dai debiti con il gran finale di chiedere un prestito al suocero. Anche la pazzia e la solitudine fanno capolino tra gli abitanti di Cortesforza trovando sfogo in un piccolo e silenzioso zoo fatto di cani, serpenti e pappagalli.

Ma allora dov’è ubicato questo bene? E quale deve essere il “bene”? Il bene è la villettina della residenza “La zanzara felice” con il centro commerciale sulla statale che ci fa sentire un po’ tutti “made in USA” con i vialetti del quartiere coperti di foglie gialle – modello Maine - le finestre a riquadri bianchi, il garage per un “lui brico-man”, il ragazzo del latte e quello del giornale, il tutto scolpito nella nostra memoria cinematografica? O il bene è giocare ai 4 cantoni milanesi tra le strisce gialle e blu, andare al lavoro in tram, recarsi al cinema in metrò e mantenere le relazioni sociali “del quartiere di città” in mano ormai agli extracomunitari e al PM10, “cose” alle quali sono abituati i cittadini che hanno deciso stoicamente di rimanere nella metropoli? Oppure l’illusione che, scegliendo il Parco Agricolo Sud Milano o il cugino Parco del Ticino, ci sentiamo tutti un po’ in Toscana?

L’autore, con questi racconti, che si leggono avidamente in un week-end o poco più – sempre che le code sulla Vigevanese ve lo permettano – ha il pregio di farci riflettere sulle nostre scelte di vita che non sempre risultano essere le più azzeccate. Sicuramente la scelta migliore appartiene a Giorgio Falco il quale usa la prosa più scarna e tagliente per descrivere il vuoto delle nostre vite che quotidianamente si snodano lungo lo squallore delle tangenziali, provinciali, statali per poi trovare improvvisamente rifugio e calore nella villetta a schiera, pagata col mutuo. Tutto sommato felici di aver trovato il nostro “bene”. O no?


Simona Borgatti


 
 
 
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