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Candida Tortora: Notizie dal sottobosco poetico carta + web 1
Candida Tortora
Candida Tortora 
16 Novembre 2009
 

Gentile redazione, mi firmo Candida Tortora, sono apparsa nei Commenti di Tf (come Colomba a proposito dello scambio Guido Hauser-Stefano Guglielmin), ma cambio volatile tanto è affine, e vi informo che frequento da molti anni l'habitat poetico, sia virtuale che cartaceo, e che per questa via crucis e anche gioie, scarse, posso scriverne con sincerità. La sincerità del mio punto di vista.

Come tanti anche io scrivo e mi sono affacciata in diversi luoghi con la volontà di condividere quella che per me è una grande passione: la POESIA.

Parecchi anni fa iniziai a scrivere e a partecipare alla vita di un sito collettivo pensando, da novellina, che gli autori avrebbero gradito un'opinione sincera sui loro testi poetici e letterari. GULP! Purtroppo trovai molte composizioni amatoriali, dilettantesche o esternazioni sentimentali. In effetti non ricordo di aver letto niente di vagamente riconducibile a una qualche forma letteraria. Pensai che, con le dovute maniere e usando modi urbani, gli autori avrebbero gradito un'opinione sincera sulle loro proposte. Mi limitai, per lo più, a sostenere la necessità di una buona base culturale, di un approccio, anche minimo, con la grammatica, prima di cimentarsi nella composizione segreta più a lungo termine. In breve fui subissata da mail di protesta. PAM PAM BANG BANG! Tra queste fui particolarmente toccata da una minaccia rivolta a me e a tutta la mia famiglia e da un autore che ipotizzava il suicidio in conseguenza di una sua composizione non adeguatamente apprezzata.

Rimasi molto scossa, chiesi scusa a tutti e me ne andai. Mi tenni lontana dal web per qualche tempo e, quando ricominciarono le mie perlustrazioni furono solo per trovare consigli di lettura che mi indirizzassero verso qualche autore particolarmente rappresentativo di questa epoca culturale. Vissuta on line vissuta tra la carta a pagamento e la Rete.

Passando in svariati luoghi virtuali vedevo, e vedo anche ora, la proposta di un'infinità di libri di poesia per lo più editi da editori minori alcuni dei quali noti per le consolidate tecniche di stampa a pagamento. Money. Fondamentalmente penso che qualcosa di bello possa trovarsi in ogni luogo e non faccio mio il pregiudizio per cui alla stampa a pagamento corrisponde necessariamente una scarsa proposta artistica. Leggo gli estratti prima di decidere su cosa orientare la mia attenzione. Trovo poco di interessante. Per lo più si presentano copie, scopiazzature, archeologie espressive o storie di vita quotidiana buttate sul foglio senza alcun criterio strutturale.

La necessità di scegliere ma anche di contribuire ad un miglioramento di tal livello, AHIMÈ, mi portò a fondare una piccola rivista virtuale dove presentavo autori che avevano una qualche caratteristica comunicativa o formale interessante.

Contattai svariati poeti e quasi tutti mi risposero con gioia. In qualche caso, però, i miei interessi furono fuorviati e, dopo una prima mail incentrata sull'arte, l'autore manifestò interessi che andavano in tutt'altra direzione. Numero di telefono, richiesta di appuntamento, apprezzamenti non sempre di buon gusto e sottintesi poco edificanti. Appariva lo spettro del club dei cuori solitari o malmessi sessualmente.

Quando il mio sito di scrittura creativa cominciò a essere nominato in altri luoghi furono gli autori a proporsi direttamente. Ho accantonato curricula lunghi svariate pagine in cui il poeta si dilungava nel resoconto dettagliato di tutti i premi vinti, elencava sconosciuti che avevano parlato di lui, accennava a drammi teatrali, spettacoli televisivi e sceneggiature a cui aveva collaborato e concludeva enumerando svariate pagine di pubblicazioni, sempre a pagamento. Purtroppo le poesie allegate a questi “gloriosi” percorsi artistici erano quanto meno dubbie. SOB SOB SOB. Quando non c'erano errori di ortografia rimanevano comunque ingloriosi concentrati di buoni sentimenti o torrenziali descrizioni della propria vita o della vita di un qualche paese. Lo slancio creativo era assente.

Scrivendo un educato rifiuto alla pubblicazione virtuale in alcuni casi non ricevetti risposta, in altri qualche insulto, in altri ancora una lettera concisa e piccata ma, il refrain dominante, era che non ero evidentemente consapevole dell'importanza del personaggio con cui stavo parlando e che stavo rifiutando.

Di fronte a testi che non potevano suscitare nessuna reazione diversa dalla perplessità, volli indagare meglio il mondo dei premi e dei recensori che si erano spinti a considerare capolavori delle cose improponibili in qualsiasi scuola superiore.

Esaminando alcuni bandi mi resi conto che le giurie di molti premi o non erano indicate o erano costituite da persone non competenti come il sindaco del paese. In altri casi trovai dubbia la richiesta esplicita di una nota biografica che non mi sembrava necessaria e neanche pertinente alla ricerca effettiva dell'arte.

Nel caso di bandi particolarmente altisonanti, prima di decidermi a spendere venti-trenta euro per provare a cimentarmi direttamente, pensai di chiedere informazioni agli autori precedentemente risultati vincitori. Mi venne risposto che era inutile inviare materiale perché a loro era stato richiesto e, nel caso del libro di poesie già edito, mi venne fatto notare che solo determinati editori, sempre a pagamento, venivano menzionati.

Abbastanza disgustata abbandonai questo campo.

Allora, essendo pur sempre un'autrice anche io, provai ad inviare le mie poesie a quei nomi, precedentemente sconosciuti, che comparivano nel curriculum vitae di svariati “artisti” che si rivolgevano anche a me.

In un paio di casi, invece di una risposta, mi fu chiesto se mi ero documentata sulla poesia del re-censore e cosa ne pensassi. Il mio invio testi fu bollato come arrogante perché non conoscevo la poesia del “critico” a cui mi rivolgevo. In altri casi mi fu detto che non avevo abbastanza esperienza per poter essere considerata. In tutti i casi non fui letta.

Appurato che in questa generazione di tutti-artisti non c'è un reale interesse per l'altro, ho pensato di non cadere nello stessa mancanza di curiosità collettiva. Considero ciò che non conosco una fonte di arricchimento, cerco lo stupore o il bello. Non abbonda ma, in qualche anfratto, rimane. Mi sono voluta complimentare con i poeti che mi hanno lasciato qualcosa, in alcuni casi ho cercato di pubblicizzarli come meglio ho potuto perché, nel mio mondo ideale, l'arte va preservata e sostenuta in tutti i modi o, almeno, io ho sempre fatto tutto il possibile per separare gli autori in cui notavo delle caratteristiche peculiari, dal resto. Essendo una lettrice avrei voluto essere guidata, non avendo trovato nessuno disposto a farlo ho cercato di essere io una guida per gli altri amanti della poesia.

Mi rendo conto che l'interesse reale per quest'arte, tanto praticata quanto ignorata, deve essere una cosa rarissima perché, spesso, il mio avvicinamento artistico, viene frainteso. In molti casi si pensa che io mi aspetti un qualche favore in cambio, in altri che io sia disponibile sotto tutti i punti di vista.

Ora mi chiedo: ma “gli artisti” fra loro che rapporto hanno? Pare non si curino di quello che gli succede intorno, sembra che non leggano e non parlino se non quando possono ricevere qualcosa in cambio, si lamentano continuamente che la poesia non ha un pubblico reale e sono i primi a interessarsi solo di se stessi.

La cosa peggiore mi pare sia il do ut des imperante per cui non dico una parola se non per tornaconto personale, non esprimo mai un'opinione negativa perché potrei avere delle ritorsioni: non faccio nulla se non ho niente in cambio e quello che viene chiesto in cambio può essere, se si hanno i mezzi, pubblicità ma, se i mezzi non si hanno, anche “affettuosi scambi” interpersonali.

Di fronte a tutto questo ho smesso di leggere quello che mi viene presentato. Ho abbandonato qualsiasi contatto con l'“arte” e “gli artisti”.

Uno dei miei più cari amici invece si è adattato a questo habitat. Ha un ampio circuito di conoscenti, programma ogni settimana una visita o un passaggio a qualche reading, festival, poetry-slam. È un manager di se stesso, elegante e convinto di essere una voce autorevole nel panorama artistico contemporaneo. Così molti altri: non mancano nessun evento riconducibile all'ambiente poetico tanto che mi chiedo quando trovino il tempo per scrivere. TA-PUM-TA-PUM.

Cosa ricavano da queste visite su e giù per la penisola? Un palcoscenico spesso, relazioni interpersonali altrettanto spesso e da queste vengono a catena spazi, citazioni, riconoscimenti tanto che, quasi quasi, si riesce a insinuare nel lettore il dubbio che il presenzialista abbia effettivamente scritto della poesia.

Non c'è il poeta, c'è un habitat poetico e chi non si adegua alle regole del microcosmo, per quanto possa essere bravo, capace, realmente ispirato, è tagliato fuori.

Ora, mi pare, che il poeta gestisca se stesso come un'azienda e la poesia come un prodotto.

Non so come concludere e neanche come giustificare questa mia, Tellusfolio è un luogo aperto dove non si ha il terrore di raccontare come stanno le cose. Perché l'omertà e il terrore esistono nel sottobosco artistico italiano, quasi fosse una società criminale dove una parola di troppo su le conoscenze di un determinato autore o sulle cifre richieste da un editore portano o al mobbing o alle minacce. Tutti sanno come vanno le cose e cosa succede, quasi mai qualcuno lo dice.

Io ho riportato solo la mia modesta esperienza, so che molti potrebbero raccontare di peggio. LE puntate continueranno.

 

Candida Tortora


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