12 Novembre 2009
Le parole. Le parole scritte, le parole dette, le parole lette e quelle disegnate. Le parole raccontate. Le parole. Roberto Saviano fa lo sguardo da duro mentre parla. Ma i lampi saltuari sono parole che accecano. Sono parole che parlano d'innocenza. Parlano di sorpresa. Fa lo sguardo da duro, Roberto Saviano, stringe le folte ciglia come una sottolineatura che vuole allontanare i fantasmi. Ha imparato a controllare le emozioni. A essere un simbolo, a comportarsi come ci si attende che si comporti un simbolo. Ma ci sono squarci. Di luce nel buio. O di buio nella luce. Di bellezza nell'inferno, di inferno nella bellezza. Squarci come parole, come richieste di aiuto, come segnali. Tutto questo non succede. Non può succedere a me. Sono parole. Sono parole che parlano di parole. Parole che parlano di persone che usavano parole per decostruire e ricostruire. Parole su persone che usavano parole per portare pezzetti di mondo davanti agli occhi del mondo intero. Parole vive di persone morte. Parole che troppo spesso sono state ascoltate solo dopo che sono diventate parole vive di persone morte. La bellezza nell'inferno è come il neo sulla pelle bianca e candida di Marilyn. La bellezza nell'inferno si staglia come una risata durante un funerale. Dove nascono le parole. Perché dobbiamo credere alle parole in mezzo alle parole. Ci sono parole ovunque. Sui telefoni, sui libri, per strada, in macchina. Sui vestiti che portiamo. Sulle bare che indosseremo. Ci sono parole. Una cascata, una valanga, una slavina di parole. Eppure, mai come adesso le parole sono state così importanti. Mai come ora le parole sono un salvagente a cui reggersi con tutte le poche forze residue che possiamo ancora avere. Un salvagente a cui attaccarsi, con il cuore, con i denti, con le parole strette tra le mani. Roberto Saviano snocciola parole con maestria, ormai. Ritmo. Usa la punteggiatura e le parole quando parla esattamente come quando scrive. Le parole volano. Planano. Ronzano. Alcune se ne vanno. Altre restano. Si appiccicano addosso come fossero medaglie. Al valore, al disvalore, alla memoria, alla bellezza, all'inferno. Parole come immagini, fotografie come parole, tante, tante che frastornano se vuoi sentirle, ascoltarle, mangiarle, inglobarle tutte. Parole che diventano domande, che restano senza risposte, che vogliono e pretendono luce, fiamme, suoni. Roberto Saviano muove le mani come i ragazzini che hanno paura delle ragazzine. Punta dritto sulle telecamere e sulle facce. C'è sempre una punta di vergogna. Come quello che si sente ancora fuoriposto. Che si sentirà sempre fuoriposto. Nelle parole che raschiano la gola, sì, ma quella di chi ascolta. Nelle parole che sono bellezza e sono inferno. Nell'inferno di chi vorrebbe vita e bellezza. E che lo fa sapere. Attraverso parole.
Gianni Somigli |