– Yoani, mi puoi dire cosa è successo?
Alcuni agenti della Sicurezza di Stato in borghese mi hanno fatta salire su un auto e mi hanno malmenata perché non mi recassi alla manifestazione contro la violenza. Erano di sicuro agenti della Sicurezza, in ogni caso persone che dipendono dal Ministero degli Interni, perché solo loro hanno il potere di chiamare in aiuto la polizia.
– E dopo?
Mi hanno minacciata. Mi hanno detto che se continuavo a fare quello che stavo facendo mi avrebbero fatta sparire. Per fortuna ne sono uscita viva, ma non posso dire di stare bene, forse sto peggio moralmente che fisicamente, sono una persona non violenta che combatte con le parole e la scrittura. Mi sono resa conto, dopo questa avventura, che il governo ha paura delle cose che scrivo e che dico.
– Potrebbero succedere ancora simili atti di intimidazione?
Quello che è accaduto potrebbe succedere ancora perché la mia casa è circondata dagli agenti della sicurezza. Credo che abbiano paura delle cose che posso dire. Dove vado mi sento seguita da persone in borghese. Ci sono amici che mi mandano messaggi al cellulare e non ricevo niente. Il telefono di casa è sotto controllo.
– Cosa pensi di fare?
Non è piacevole la situazione che sto vivendo, sia per me che per i miei familiari. Guardo mio figlio Teo e non so cosa dire, non so come fargli capire quello che è accaduto. Nel nostro paese pensare con la propria testa e avere idee anticonformiste è un reato. In ogni caso non mi lascerò intimorire. Non mi passa neppure per la testa di fare il loro gioco, di abbandonare il blog e di ritirarmi in buon ordine.
Gordiano Lupi
Toc toc toc sulla mia nuca
Guardo la mia nuca.
Non è successo niente.
Una scia di ematomi per l’eccessiva forza di un giovane poliziotto e forse anche per la mia cattiva coagulazione.
Guardo la mia nuca in una jpg.
Secondo da che parte si guardi, può essere insultante o interessante da raccontare.
Al principio non fu il Verbo, ma la Barbarie.
Violenza extra verbale effettiva.
Camminare nel Vedado da oggi sarà un’esperienza estrema.
L’Avenida de los Presidentes si trasformerà in una prigione post principesca.
In pochi secondi, io e Yoani, eravamo costretti con la forza a entrare in un’auto importata dalla nostra Matrigna Patria: la Cina.
La mia testa contro il tappeto della macchina e Yoani aveva le gambe in alto.
Non ho potuto vederla, ma l’ho identificata perché non stava zitta neppure con le mani legate.
In pochi secondi, l’ho sentita gridare con la forza della persona più libera del mondo.
Aveva un ginocchio di macho cubano piantato nel petto e nonostante tutto continuava a insultarli.
In pochi secondi, ho preso forza dalla sua energia per far sentire un po’ la mia voce.
Mi dissero che dovevo dire a Yoani di stare zitta.
Una frase, pronunciata da tre sconosciuti a nome dello Stato Cubano,
riassume tutta l’obsoleta e oscena scenografia di questo paese:
Dì a Yoani di stare zitta.
Dì a Yoani di stare zitta.
Dì a Yoani di stare zitta.
In pochi secondi, ci hanno mollato dispoticamente in un angolo che ho scambiato per il giardino interno di un capannone.
Mi girava la testa.
Ho sentito schifo, ho avuto voglia di vomitare.
Non potevo muovere il collo.
Ho abbracciato Yoani (prima non lo avevo mai fatto).
Ha cominciato a singhiozzare.
La donna più grande di Cuba sembrava una bambina appena nata.
Perché Yoani è questo: il futuro di Cuba cristallizzato in uno scheletro fragile che non può essere fermato.
L’ho baciata sulla testa. I suoi capelli che avevano tirato con odio profumavano di libertà.
Una.
Due.
Dieci.
Innumerevoli volte ho baciato la sua testa senza età.
Ma non le ho mai detto di stare zitta.
Ma non le ho mai detto di stare zitta.
Ma non le ho mai detto di stare zitta.
Orlando Luis Pardo
La Habana, 7 novembre 2009
Traduzione di Gordiano Lupi