Fabio Barcellandi (Brescia, 1968) non è un nome nuovo nel panorama editoriale e poetico italiano. Ha già pubblicato un corpus di nove poesie nell'antologia Il Mercante d'Inchiostro edita da Farnedi Edizioni, un ulteriore corpus di sette poesie nell'antologia Florilegio edita da Lisi Editore e la silloge Parole Alate, poesie ispirate dall'omonima canzone di Meg, edita da Cicorivolta Edizioni.
Attivo anche nella narrativa, suoi racconti sono stati pubblicati sulle riviste Macworld e Writers Magazine Italia, con la quale collabora.
Coopera con il sito di scrittura creativa Opposto.net, che si occupa di creatività, narrativa, racconti e poesia, e con Tellusfolio.it, il giornale telematico dedicato ad argomenti di attualità e cultura.
Vincitore del premio Solaris edizione 2008 delle Edizioni Montag, pubblica la silloge Nero, l'inchiostro - che tu chiami parole.
Da gennaio 2009 organizza insieme al poeta Beppe Costa “I poeti e pittori dello spazio” facendo incontrare poeti, pittori, musicisti e attori provenienti da ogni parte d'Italia.
A giugno 2009 quattro sue poesie inedite sono state inserite in Quinto Colore, AA.VV., Editrice M.C.Editing, la 1ª Antologia de “La Scrittura Creativa di Opposto”.
Excerpt da Nero, l’inchiostro
di Fabio Barcellandi
NAUFRAGO
ingoio
silenziosamente
l’eiaculazione
del mio dolore
e soffoco
il conato
che tenta
di sopraffarmi
ciononostante
subitamente
un’eruzione
di calda lava
sgorga
dalle viscere
e un denso fiotto
vince le mie difese
mi ritrovo così
in balia
del mio soffrire
cullato
in umido viscoso limbo
sabbie mobili
assorbenti
l’anima
“…e ‘l naufragar m’è dolce in questo mare.”
I VECCHI
per sempre destinati a sognare la vera vita
passano il tempo affacciati alla finestra
a guardare come sarebbe, a immaginare come potrebbe essere
senza avere il coraggio di vivere pienamente
e con rimpianto si muovono nell'illusione di una realtà
che qualcun'altro sta vivendo per loro
intrappolati dentro se stessi
senza potersi allontanare mai
STILLICIDIO
ogni risveglio
un'ignara di sé
stupida
insignificante lacrima
riga il mio viso
truccando il vero dolore che custodisco
...me stesso!
SOLITUDINE
ti immagino qui seduta di fronte a me
ma tu non ci sei
ti ascolto tranquillizzarmi e rincuorarmi
ma tu non ci sei
ti vedo sorridere per questa fantasia
ma tu non ci sei
ti parlo per riempire questo silenzio
ma tu non ci sei
ti vorrei per vivere questa banalità
ma tu non ci sei
LA MIA FRAGILITÀ
invidiosa
lama
a recidere dentro
le sorgenti della mia forza
la mia fragilità
Nero, l’inchiostro
Prefazione di Beppe Costa
Stupisce e colpisce in maniera drastica, nel giovane autore di poesie Fabio Barcellandi, il suo affrontare frontalmente e ripetutamente un tema tutt’altro che leggero e banale come il male assoluto, ovverosia la morte, quasi ossessivamente presa di mira e assediata dalla sua attenzione, emotiva e razionale allo stesso tempo.
Leggendo questa ultima raccolta di poesie Nero, l’inchiostro la prima espressione che ci viene in mente, ma proveniente da uno strato emotivo profondo, è appunto quella di “poesia nera” per il confluire di una serie di livelli mentali al limite di ogni espressione di vita, talmente al limite da parlare nella maggior parte dei componimenti, già dai titoli decisamente funerei nel loro implacabile susseguirsi, chiaramente e assolutamente di morte.
L’atteggiamento esistenziale assunto dall’autore verso questa tema capitale dell’esistenza, o meglio della fine dell’esistenza, sembra essere in quasi tutti i suoi versi quasi di sfida, o magari di semplice constatazione del suo “esserci” in maniera totalizzante.ù
Sembra non esserci una sola composizione in cui non sia presente, anche quando i titoli sembrerebbero aver abbandonato l’argomento, la parola fatale in assoluto. Anzi, a volte i titoli sembrano scherzare e prendere in giro il lettore, perché quando troviamo un titolo come “Vivere” e riappare uno spiraglio di pensiero positivo versi come “non c’è aria per continuare a sperare… morire davvero e per sempre” ci riconducono a una dimensione comunque obbligata di implacabile destino, né sembra consolarci la possibilità di rintracciare qua e là accenti di volta in volta apparentemente diversi. Un titolo come “Resurrezione”, infatti, appare anch’esso benaugurante e finalmente in netta controtendenza con tutto il resto della produzione e come antitesi conclusiva in senso positivo dell’opera nel suo complesso, ma subito versi come “morte… ultima speranza… sollievo tanto agognato” ci fanno nuovamente immergere in un’eco sempre calda di matrice leopardiana.
Una annotazione in senso complementare possiamo formularla vedendo una contrapposizione assoluta tra concetti, quasi come schiaffi alla vita e alla passività emotiva del lettore: “Un fiore… morir tra le tue mani” oppure “La disperazione è speranza…”, “Amore sempre fedele nonostante reiterati tradimenti”, “La morte… canto d’amore per la vita”, “Desiderare la morte… per poterti rialzare”, “So già che morirò il giorno in cui accetterò di voler vivere” ma non cambia comunque il tono generale della produzione poetica del Barcellandi in questa raccolta.
Possiamo però intravedere in fondo al pessimismo totale una nuova interpretazione della sua opera, individuando in vari suoi componimenti una dimensione escatologica di radice cristiana che ci rimanda a un futuro finalmente e veramente positivo, anche se il tutto ora ci appare in un’ottica e una prospettiva troppo amare per comprenderle e accettarle appieno. Altri titoli, anch’essi certamente poco allegri come “Tormento”, “Fragilità”, “Vuoto”, “Paura”, “Diluvio” completano l’ambiente poetico dell’autore, che insiste nella sua visione pessimistica dell’esistenza e sembra non suggerirci altro che la mera presa di coscienza di una dimensione negativa della vita e della sua ineluttabilità.
Infine, posso ricordare che Dario Bellezza, in tempi non sospetti e non condizionati dalla malattia che lo condusse poi alla morte, ne scriveva ripetutamente ma, avendo trascorso con lui molti anni della nostra vita, posso assicurare il suo carattere allegro, colmo di ironia e complicità, sapendo bene che la poesia, oltre che quella scritta è quella vissuta. Cesare Pavese scrisse all’età di 8 anni, dei versi che lo descrivevano passeggiare per le langhe con il suono del proiettile che lo uccideva, cosa che fece, senza apparente motivo e nel momento di maggiore successo, 42 anni dopo.
Per concludere il “poeta” è, in questo caso e in altri, come scrive Pessoa in una sua brevissima poesia:
«Dio non ha unità,
come potrei averla io?»
Beppe Costa
Nota a Nero, l’inchiostro
di Francesca Grasso
Dopo aver letto la prefazione di Beppe Costa, dal quale traggo solo una frase che lascerò a metà:
«Anzi, a volte i titoli sembrano scherzare e prendere in giro il lettore, perché quando un titolo come…» qui vi abbandono con l’intento di invitarvi alla lettura, lasciandovi il piacere di scoprire un libro di poesie che rappresentano un percorso che “stupisce e colpisce” come cita il prefatore. Questa che segue la mia lettera a Fabio Barcellandi:
Sorprendente Fabio, ho comprato la silloge Nero, l’inchiostro da Beppe Costa e mentre lo aspettavo a casa di un amico comune, ho letto le tue poesie. Il verde delle pareti mi circondava felice mischiandosi al rosso, colori che amo particolarmente e che in me sono un inno alla vita. Ed è stato come un attento svegliarsi allo spettacolo delle cose, sino ad arrivare allo loro scoperta poetica. Il dubbio conquista pian piano la coscienza per tuffarsi nella conclusione che forse queste poesie che gridano solitudine, in realtà cercano consolazione e la morte, tanto cantata, ne è esorcizzata attraverso il dialogo costante e perenne quasi infinito come fosse una preghiera della salvezza da percorrere un passo dietro l’altro.
Nello spazio intermedio che separa l'inizio dalla fine, metti in gioco tutte le possibili forme della tua propria libertà, cioè scegli e nel pessimismo di una fine che è fine, c’è la consapevolezza di dover fare la scelta migliore: il sacrificio di te diventa un vanto personale, un motivo d'orgoglio, un'occasione di rivalsa ideologica, come fosse un arma per condannare. E più gli altri si sentono condannati e meno capiscono il valore di quel sacrificio.
Per capire sino in fondo, le tue poesie andrebbero lette una dietro l’altra, d’un soffio, d’un fiato, come i tanti vagoni di un treno da attraversare e che rivelano lentamente il contenuto.
Sei moderno anche nel senso del paradosso, (i paradossi come bellezza della vita, mio personale intendere le cose) perché intorno alla morte dello spirito i pensieri elaborano riflessioni infinite non traducibili in nessuna esperienza concreta. Quindi nelle tue parole nascono il dolore, il ricordo, la sorpresa della stasi, che istintivamente sono espressioni di non morte.
Francesca Grasso
N.B. – Fabio Barcellandi sarà presente al “Teranova Festival” di Roma
i prossimi 28 e 29 ottobre (in calce correlazione al Programma).