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Francesco Rotondi, Luna di miele ad Auschwitz.
Edizioni Scientifiche Italiane, novembre 2005, Euro 14,00.
Edizioni Scientifiche Italiane, novembre 2005, Euro 14,00. 
01 Maggio 2006
 

Caro Claudio,

eccoti allegato un sunto con qualche brano del libro che ho scritto di recente e che ti ha colpito.

Più o meno è una rielaborazione dell'articolo su homolaicus. Spero che possa andare. Altrimenti apporta pure tutte le modifiche che ritieni opportune.


Ciao, Franco

 

 

 

Luna di miele ad Auschwitz è un saggio sul negazionismo della Shoah recentemente pubblicato dalle Edizioni Scientifiche Italiane. Il libro non è scritto da uno storico ma da un medico avellinese specialista in Cardiologia, alla sua prima esperienza nel campo della saggistica. La prefazione è di Luigi Parente, ordinario di Storia Contemporanea all’Università “L’Orientale” di Napoli e noto studioso di storia del fascismo.

È il primo lavoro italiano che affronta il tema da punto di vista esclusivamente scientifico piuttosto che storico, filosofico o sociologico.

Il negazionismo – balzato recentemente agli onori della cronaca per l’arresto di Irving e per le esternazioni sull’Oloausto del presidente iraniano – è una corrente pseudostoriografica che non si limita, come fa il revisionismo storico propriamente detto, al semplice ridimensionamento o al rifiuto dell’unicità della Shoah, ma arriva a negarne la stessa realtà. Di varia estrazione culturale e politica, che spazia dal neonazismo fino all’estremismo di sinistra, «les assassins del mémoire», come li definisce Vidal-Naquet, affermano che: 1) non è mai esistito un piano preordinato di sterminio degli Ebrei; 2) il numero di 6 milioni di Ebrei uccisi è una cifra inventata e enormemente gonfiata; 3) le camere a gas non sono mai esistite.

Il saggio in questione si occupa essenzialmente di quest’ultimo aspetto ovvero del cosiddetto “negazionismo scientifico” o “tecnico” che ne rappresenta al momento il filone più sensazionalistico e di più larga divulgazione.

«Cercare di dimostrare con l’ausilio della chimica, della fisica, della tossicologia, dell’ingegneria o della statistica demografica, l’inesistenza del genocidio e delle camere a gas significa scuotere in maniera dirompente l’opinione pubblica mondiale e offrire la possibilità di rimettere in discussione tutta l’interpretazione storica ufficiale dell’Olocausto e il giudizio sul nazismo, intaccando nella gente convinzioni ampiamente consolidate.

È per questo che sia nelle discussioni “accademiche” che in quelle tra i navigatori della rete, il cavallo di battaglia del “revisionismo radicale” è ormai la dimostrazione “scientifica” dell’inesistenza delle camere di gassazione umana nei campi di sterminio. “Dove esiste discordanza tra le testimonianze e la tecnica, è quest’ultima che deve prevalere” affermano i “negazionisti tecnici”, dilungandosi in roboanti dimostrazioni parascientifiche e trascurando il fatto che il peso delle testimonianze e dei documenti sulla realtà dell’olocausto è tale da offrire ben poco spazio ad ipotesi dubitative o peggio ancora negazioniste.

Distruggere la versione “dogmatica e sacrale” della Shoah viene equiparata ad una sorta di rivoluzione copernicana della ricerca storica: le scienze esatte contro le credulità dettate da un fideismo acritico, divulgate dalla storiografia sterminazionista (…) Il tripode su cui si regge l’impalcatura del negazionismo scientifico è costituito dai 3 Rapporti, “Leuchter”, “Rudolf” e “Lüftl”; su questa base si svilupperà un filone che è stato correttamente definito l’evoluzione del negazionismo nella sua fase più matura. Ma al di là di queste pretese, la presunta scientificità di tali lavori sarà attaccata da studi successivi che ne dimostreranno tutti i limiti».

Sono in particolare tre le argomentazioni usate per negare l’esistenza delle camere a gas: 1) l’assenza di residui di cianuri nei resti delle camere a gas; 2) l’assenza sui tetti delle camere a gas di aperture per l’introduzione dello Zyklon B (nome commerciale del veleno utilizzato dai nazisti); 3) L’incapacità termotecnica dei forni crematori a garantire questo enorme numero di cremazioni.

Tali tesi non possono più essere liquidate tout court come farneticazioni di una “setta minoritaria” perché, grazie all’attività di un ex professore universitario francese e alle infinite potenzialità divulgative offerte da Internet, esse tendono a conquistare giorno dopo giorno una platea sempre più vasta ed eterogenea. Di contro, la risposta scientifica al negazionismo tecnico , benché di grande valore, rimane tuttora misconosciuta e mai tradotta nei siti italiani.

Il libro in questione è un contributo alla risoluzione di questo gap comunicativo, in pratica un’agile rassegna bibliografica del negazionismo e dell’anti-negazionismo scientifico in cui viene sinteticamente, ma chiaramente spiegato, come Jean Claude Pressac o Richard Green hanno confutato la negazione “scientifica” del genocidio nazista.

«Il target preferito del negazionismo scientifico è l’inesistenza delle camere a gas in quanto direttamente correlata alla negazione della programmazione del genocidio. È vero che un crimine rimane tale indipendentemente dall’arma utilizzata per eseguirlo, ma la progettazione industriale dello sterminio attraverso la “catena di montaggio” trasporto-selezione-gassazione-cremazione ideata dai nazisti, pone il “mattatoio chimico” di Auschwitz all’acme della mostruosità raggiunta dalla mente umana.

Scardinare la leggenda di Auschwitz, pur ammettendo più o meno il resto dei crimini nazisti, significa equiparare lo sterminio ebraico a una delle innumerevoli atrocità della storia e Adolf Hitler a un qualsiasi capo di uno stato in periodo di guerra: “Auschwitz deve cadere, perché solo allora la gente potrà accettare quello che vogliamo noi”, ammetteva un noto leader neonazista tedesco sorpreso da una telecamera.

L’acido cianidrico (HCN), secondo i negazionisti, era usato dai nazisti esclusivamente come antiparassitario, per la disinfestazione di indumenti e suppellettili, e non per le gassazioni omicide, come affermato invece dalla storiografia ufficiale che i revisionisti, dispregiativamente, definiscono “sterminazionista”.

Sono essenzialmente tre gli argomenti usati dai negazionisti per suffragare la loro tesi:

1. L’assenza di residui di cianuri nei resti delle camere a gas (argomentazione inizialmente proposta da Leuchter e “sponsorizzata” da Faurisson, quindi sostenuta da tutto il negazionismo internazionale e rilanciata più recentemente dal chimico tedesco German Rudolf).

2. L’assenza di aperture per l’introduzione dello Zyklon nel tetto delle camere a gas divulgata con il noto slogan negazionista No Holes No Holocaust.

3. Le caratteristiche termotecniche dei forni crematori e il relativo consumo di coke ritenuti non idonei per l’esecuzione di gassazioni omicide di massa (aspetto sostenuto soprattutto dall’italiano Carlo Mattogno e dal tedesco Arnulf Neumaier).

Tra le suddette argomentazioni la più divulgata (…) è quella relativa all’attuale assenza di residui di cianuri o la loro presenza in concentrazioni molto basse in ciò che rimane dei locali che furono adibiti dalle SS a camere a gas. Il riscontro invece di cianuri a concentrazioni molto più elevate nelle camere di disinfestazione avvalorerebbe, secondo i negazionisti, l’ipotesi sull’uso dell’acido cianidrico esclusivamente come antiparassitario».

La ricerca antinegazionista ha invece dettagliatamente spiegato come tali differenze di concentrazione erano legate al fatto che per le disinfestazioni occorrevano dosi di gas molto più alte e tempi di esposizione molto più prolungati rispetto a quelli usati nelle camere a gas, dove bassissime dosi di Zyklon era sufficienti ad uccidere in pochi minuti migliaia di persone: i pidocchi sono infatti estremamente più resistenti dell’uomo a questo tipo di veleno. I lavaggi necessari per eliminare i residui organici lasciati dalle vittime, l’attività respiratoria dei gassati, i fattori atmosferici ai quali sono stati esposti per decenni i ruderi delle camere a gas, demolite dai nazisti prima della fuga, hanno inoltre contribuito a ridurre ulteriormente le concentrazioni di cianuri in questi edifici.

No Holes, No Holocaust” è uno degli slogan coniati dal Professor Faurisson; in realtà l’inesistenza di queste aperture sui tetti delle camere a gas non è poi cosi certa come vorrebbe farci credere il noto negazionista francese: non solo foto aeree scattate dall’aviazione alleata all’epoca delle operazioni di sterminio, ma anche recenti perizie sul posto, hanno al contrario dimostrato che i buchi sui tetti delle camere a gas sono ancor oggi presenti e ben visibili.

La presunta incapacità dei forni di Auschwitz a poter cremare tutti gli esseri umani gassati è invece contraddetta da un noto documento, citato da Pressac, in cui è riportato che i 5 crematori erano in grado di trattare ben 4756 cadaveri al giorno. A ciò va aggiunto che il ricorso anche a cremazioni all’aperto è documentata da più prove fotografiche inconfutabili.

Queste e numerose altre obiezioni anti-negazioniste sono elencate in questo saggio.

Perché questo strano titolo? “Luna di Miele ad Auschwitz” è la citazione, amaramente sarcastica, di una frase pronunciata da Fred Leuchter, famigerato pioniere del negazionismo tecnico, che definì grottescamente la sua spedizione ad Auchwitz come il suo viaggio di nozze.

 

 

 

Notizie sull'autore

Nato a Napoli nel 1962, residente da sempre ad Avellino. Prima esperienza nel campo della saggistica.

Laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Cardiologia a Napoli. Attualmente Dirigente Medico presso l’Unità Operativa di Cardiologia - UTIC (Unità di Terapia Intensiva Coronarica) del Dipartimento medico-chirurgico del Cuore e dei Vasi dell’AORN (Azienda Ospedaliera di Alta Specialità e Rilievo Nazionale) “San Giuseppe Moscati” di Avellino. In precedenza ha lavorato presso la Divisione di Cardiologia dell’Ospedale Fatebenefratelli di Benevento. Dal 1991 cardiologo della Casa Circondariale di Avellino.

Il libro è stato presentato il 18 febbraio ad Avellino.
www.bancarellaweb.it/conferenze/conferenze01.html


 
 
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