Chi di noi non ha mai concesso tutto se stesso a semplici ed apparenti gesti, ad innocue quanto accese sensazioni.
A seguire, poco dopo, come naturale dicotomia ci si perde in una sorta d’abbandono; esso può essere l'abbandonarsi vero e proprio quanto l'essere abbandonati in una quasi innaturale superficialità, la stessa che invece, a volte paradossalmente, risulta leggerezza.
Da qui si corre spediti verso tutte quelle titubanze, quelle apnee che rendono così precario ed inquieto il nostro convivere sociale.
Da qui, da quest’essere solitudine nella moltitudine perde forma il mio “qualunque uomo”
e diventa parola…
COME NOI
Concedo tutto me stesso ad una passeggiata
di portici e schiamazzi, di profumi ed erbe
di vento e di bandiere.
Siamo in questo esistere di cose non dette
un garbuglio di giochi e silenzi
nell’abbandono di un’apparenza disattesa
Parliamo di strade, fra mendici e rimandi
di vento, solitudini d’asfalto e sigarette.
Preghiamo ché sia la distanza
l’inappetenza del destino a renderci
singolare moltitudine fra specchi deformati
E che non sia la curva di una rotaia
ad indicarci la precisa direzione
(inedito, giugno ’09)
Salvatore Sblando
www.youtube.com/watch?v=pXZ9aZBrYOc