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Paolo Brondi: Sui troppo verbosi. Con l'aiuto di Giovanni della Casa
24 Ottobre 2009
 

Chi può mettere in dubbio che  alla società civile convenga  formare l’opinione pubblica per pensieri e parole giuridicamente regolati, al fine di produrre decisioni vincolanti , o spontaneamente espressi in contesti aperti o attraverso i vari  circuiti mediatici,per porgere, con misura ed educazione. pareri avveduti su  problemi contingenti , o per manifestare un vigile controllo sulle decisioni ufficialmente assunte. Opposta è invece l’esperienza che quotidianamente è costruita da comunicazioni la cui qualità merita l’accostamento all’antica eristica ed i rispettivi modi sono ben esemplificati e debitamente stigmatizzati da  un monsignore vescovo del Cinquecento, Giovanni Della Casa(1503-1556):

 

Sono ancora molti che non sanno restare di dire; e come nave spinta dalla prima fuga, per calar vela non s’arresta, così costoro trapportati da un certo impeto scorrono e, mancata la materia del loro ragionamento, non finiscono per ciò;anzi o ridicono le cose già dette, o favellano a voto. Ed alcuni altri tanta  ingordigia hanno di favellare , che non lasciano dire altrui. E come noi veggiamo tal volta su per l’aie de’contadini l’un pollo tòrre la spica di becco all’altro, così cavano costoro i ragionamenti di bocca a colui che li cominciò,e dicono essi….Questi modi e molti altri a questi somiglianti, che tendono ad impedire la voglia e l’appetito altrui…sono spiacevoli e debbonsi fuggire…il rompere altrui la parola in bocca è noioso costume e spiace…e non so io indovinare donde ciò procede che chi meno sa, più ragioni: dalla qual cosa, cioè dal troppo favellare , conviene che gli uomini costumati  si guardino” (Giovanni Della Casa, Galateo, p. 144.148 ed Felice Le Monnier 1949).

 

Fuggire o guardarsi dai troppo verbosi è scelta assai prudente e benefica, ma lascia disattesa la necessità di comprendere ove si annida la manipolazione delle menti e delle scelte per comunicazioni sistematicamente distorte. Un chiarimento può essere offerto dalla valutazione che il tempo che esige la difesa di posizioni, di decisioni di parte, di ristretti punti di vista, non è un lineare e quieto scorrere in avanti, ma è tempo rapido, tale che, mentre incalza chi parla nemmeno permette a chi ascolta la reciprocità di tesi e antitesi. Di più, nei dibattiti, non importa se in  ambiente istituzionale, o nell’agorà, o presso i media, le parole fluiscono incessanti, ossessive ,favellanti spesso “a voto” , ma  come di un Io che si fa mondo, mondo unico e  indifferente alle valutazioni ed ai giudizi altrui.

 

 

                            Paolo Brondi                                         

 

 

 


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