L’ideale che fu di molti statisti del dopoguerra, di promuovere la convivenza tra il meridione d’Italia agricolo, artigianale, piccolo-imprenditoriale, con il Nord opulento, industriale, ben inserito nei circuiti europei, è miseramente naufragato, trascinato dai vortici delle speculazioni, del clientelismo, del malaffare, degli interessi individuali, della politica tout-court, che ha usato il Meridione d’Italia, e la Sicilia in particolare, come serbatoio di consensi elettorali da patteggiare con prebende ed elargizioni ai capi-bastone di turno, senza nulla concedere allo sviluppo dell’isola e al suo progresso.
Oggi il meridione è asfittico, malato, anemico perché privato anche di quelle elargizioni che generavano una parvenza di lavoro e un fittizio circuito economico.
La tanto decantata Cassa del Mezzogiorno rivelò la sua vera natura di cornucopia, gestita dai poteri intoccabili delle mafie legate al potere intoccabile della politica centrale e centralizzata. L’autonomia riconosciuta dalla stessa Costituzione non è mai stata applicata né nello spirito né, tanto meno, nella lettera, perché i partiti che avrebbero dovuto gestire i diritti acquisiti altro non sono mai stati che diramazioni dei medesimi partiti che sono riusciti a gestire contemporaneamente il ruolo di controllori e di controllati.
La malattia del Meridione d’Italia risiede nei gangli mobili dello sviluppo, come se una artrosi politica ne bloccasse i movimenti. Sarebbe necessario un buon medico, capace di anamnesi, storia clinica, analisi e conseguente terapia; ma così non è stato, non è arrivato un bravo medico, bensì un coiffeur, una volta più noto come barbiere, che gli ha rifatto il look, ha tagliato i capelli, ha aggiunto il cerone per nascondere le rughe e il pallore, dopo di che ha mostrato una apparenza dignitosa; ha potuto così vendere promesse, pretendendo in cambio quel consenso che gli venne riconosciuto con quell’infausto 61 a 0 che segnò l’irreversibilità della malattia.
Il meridionalismo ormai agonizzante venne sostituito con il settentrionalismo, sostenuto dalla Lega con la forza ricattatoria dei numeri che rendono quel partito indispensabile per la tenuta del governo, mentre il consenso del meridione e della Sicilia, viene dato come acquisito per un diritto mai conquistato.
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Questa breve analisi non è frutto di pessimismo fatalista, perché vuole essere il momento di riflessione per ricominciare daccapo, seguendo l’evolversi della Storia e le modificazioni della geografia economica mondiale.
In questa nota posso solo accennare una ipotesi di rinnovamento; un semplice accenno perché bisognerà dibatterne l’itinerario e le successive tappe. Vale quindi come invito a discutere e dibattere insieme.
In ordine a tale accenno posso solo mettere in evidenza il tema generale che identificherei in
“Dal Meridionalismo al Centralismo Mediterraneo”
e che potrebbe assurgere ad argomento di dibattito sia teorico che pratico. L’unità d’Italia, della quale verrà festeggiata la 150ª ricorrenza, non è mai stata una vera unità, ma una annessione che ci ha penalizzato; ma la storia restituisce le ragioni, bisogna saperle cogliere. Oggi la geografia economica mostra sì un Sud, ma coincide con la Padania, intesa come Sud d’Europa, meridione estremo di un europeismo negato dal nazionalismo celtico, sempre più in corsa di ulteriore emarginazione; mentre al Meridione d’Italia spetta il ruolo, mai dovutamente analizzato, di interpretare la Centralità Mediterranea, vero ammortizzatore sociale, economico e culturale con i continenti che si affacciano nel gran Lago Mediterraneo, non più mare che divide tre continenti, ma Lago che unisce tre culture, tre popoli, tre mondi, alla luce di quella scelta umanistica che già, nel corso di molti secoli, ha forgiato la cultura umanistica meridionale, antitetica al pragmatismo del mercato e del guadagno immediato.
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Vorrei che questa nota non fosse letta come un articolo, bensì come un manifesto da dibattere, criticare, contraddire, ma sempre nella sola aspirazione di restituire a questa Sicilia e a questa Meridione, la dignità negata.
Rosario Amico Roxas