L’estate declinante, che spacca «incarnates et coniques les figues», m’invoglia ad assaggiare questa succosa poesia, perfetta leggera profonda, di Gérard d’Houville, all’anagrafe Marie-Louise-Antoinette de Heredia. E come nella prossimità dell’autunno, traboccante di frutti, si gusta la pienezza sensuale dell’anno e insieme si avverte la malinconia per un tempo felice destinato a non tornare, così in queste quartine testamentarie si fondono gioia di vivere e, immancabilmente, sentore di morte. La voce del Voto proviene in effetti da una tomba posta «sotto i grappoli e i frutti nell’ombra profonda degli orti». La non separazione netta tra mondo dei vivi e mondo dei morti è connaturata a una mentalità pagana, priva di trascendenza. Non voglio dilungarmi, giacché questa poesia si scioglie dolceamara in bocca da sola senza residui…
Non posso tuttavia non ricordare come la mitologia abbia offerto da sempre la più potente “maschera” per far affiorare alla superficie del logos le forze plutonie della psiche, millenni prima di uno Jung, che tra i suoi archetipi ne riconobbe ampiamente le facoltà mediatrici. L’autrice di questi versi “classici” passò indenne, con suprema noncuranza, attraverso le più sferraglianti e becere sedizioni moderniste, specie quelle, come il Surrealismo, che pretendevano di ruzzare da incoscienti con l’inconscio. Non per niente fu la figlia del poeta parnassiano José-Maria de Heredia, moglie del poeta simbolista Henri de Régnier (nozze non consumate), cognata di Pierre Louÿs… La tribù più classicista di Francia.
Ed è bene ricordare che gli impulsi ctonii significati un tempo da simboli quali Satiri Fauni Ninfe Centauri o Menadi dilagano ancor oggi, e il fatto che non siano più imbrigliati con la nominazione mitologica rende tantopiù pericolosa la loro irruzione nei modi di una brutale prassi sessuale: vedi, per es., cronache di stupri, abnorme pornografia, violenze personali e quant’altro. Avanzo una piccola sfida ai nostri tempi, che Satiri & C. nemmeno sanno chi siano. Provate, care poetesse e cari poeti, a scrivere una poesia in cui sia trattato, con realismo biografico, il medesimo argomento: intendo quello nudo, assolutamente intimo, sottostante alla “maschera” adottata dalla d’Houville (una chiave interpretativa la trovereste nei momenti più segreti — e secreti! — del Cantico dei cantici). Un numero colossale di pseudopoesie scritte oggi testimonia il fallimento spirituale ed estetico di una cultura razionalmente riduzionistica. (mc)
Gérard d’Houville (1875-1963)
Vœu
Je n’ai rien voulu des hommes
Oublieux et mensongers;
Sous les raisins et le pommes
Je dors au fond des vergers.
Satyres, gais petits faunes,
O vous qui veniez des bois
Dérober mes pêches jaunes,
Juteuses entre vos doigts,
C’est à votre folle bande
Que je lègue mon tombeau;
Vous y porterez l’offrande
Des grappes et du miel chaud;
Le citron par qui s’éclaire
L’arbre sombre où luit son or,
Le grenade funéraire,
Seul fruit que je goûte encor,
Incarnates et coniques,
Les figues que l’été fend
Et les fraises impudiques
Qui pointent en rougissant,
Auprès des corbeilles blondes
Et des vases pleins de lait,
Dans le creux des coupes rondes
A quoi mon sein ressemblait.
Enfants du profond feuillage,
Près de vous que n’ai-je pu
Vivre la beauté de l’âge
D’un corps libre, heureux et nu!
De ma joueuse jeunesse
Songez aux chers jours passés...
J’étais peut-être faunesse
Par mes longs yeux retroussés.
Voto
Dagli uomini, quei farabutti,
falsi, non ottenni che torti;
dormo sotto i grappoli e i frutti
nell’ombra profonda degli orti.
È a voi, satiretti, che dalle
foreste uscivate a rubare,
succose tra i diti, le gialle
mie pesche, che voglio affidare,
banda lietamente sfrenata,
solinga la mia sepoltura,
cui in offerta da voi sia data
uva, e miele sciolto all’arsura,
il limone, che fra le scure
fronde ha languidi lampi d’oro,
la mela granata, che pure
nel funebre mondo assaporo,
i conici, carnosi fichi
che estate nel vivo fessura,
le fragole, frutti impudichi,
spuntan rosse tra la verzura,
posti accanto a cestine bionde
e a colmi vasetti di latte,
nel cavo di coppe rotonde,
ov’eran le mie poppe esatte.
Di voi nel profondo fogliame
negato mi fu essere druda,
quand’è che bellezza e le brame
la carne fan libera e nuda.
Del tempo mio gaio e stupendo
sognate i cari giorni andati…
Chissà se fui una fauna, avendo
gli occhi così lunghi e rialzati.
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NOTA BIOGRAFICA
Marie Louise Antoniette de Hérédia nasce a Parigi, il 20 dicembre 1875: il padre è José-Maria de Heredia, poeta e accademico di Francia, nato a Cuba nel 1842. Fin dall'infanzia è abituata a frequentare poeti e scrittori, Lecomte de Lisle, Anna de Noailles, Paul Valèry; scrive i primi versi nella Bibliothèque de l'Arsenal, di cui suo padre è direttore.
Sceglie lo pseudonimo di Gerard d'Houville, nome di un suo antenato, e pubblica dal 1884 delle poesie sulla Revue des Deuz Mondes. Il suo primo romanzo, L'Incostante, appare nel 1903.
E' un romanzo autobiografico, dal momento che la sua vita sentimentale è assai movimentata, e lei stessa incarna quel modello femminile perfetto per l'epoca in cui vive: la Belle Epoque.
Sposa lo scrittore Henry de Règnier, ma diventa l'amante del suo migliore amico, lo scrittore Pierre Louys, dal quale ha un figlio; colleziona amanti, tra i quali nel periodo 1914-1921 Gabriele d'Annunzio. Nel 1918 è la prima scrittrice a ricevere il Grand Prix du Roman de l'Académie Française per l'insieme della sua opera. Marie de Régnier muore a Parigi il 6 febbraio 1963. (Red-Tf)