Investire in cultura equivale a far crescere il paese, poiché la cultura in ogni sua forma e manifestazione si esprima è ricchezza, educazione e formazione per tutti ma specialmente per i giovani. La cultura deve essere incentivata e non penalizzata perché essa è l’espressione più profonda del nostro paese, è la nostra stessa identità.
Il nostro grazie va rivolto a chi cerca con tutti i mezzi e gli sforzi possibili di mantenere alto il prestigio della nostra cultura e in questo caso del “melodramma” che noi abbiamo l’onore di esportare in tutto il mondo e che in tutto il mondo tiene alto il nome dell’Italia.
L’opera “Rigoletto” di Giuseppe Verdi, che sabato 3 ottobre, al teatro Comunale di Firenze ha aperto la rassegna -Recondita Armonia-, ha lasciato il pubblico senza fiato per lo spettacolo di classe che ha offerto.
Bellissime le voci e tra queste la raffinata e incantevole Gilda e il magnifico Rigoletto, che insieme hanno raggiunto punte massime di esaltazione vocale e di drammaturgia.
La musica, attraverso gli strumenti, ha dato corpo ai sentimenti, fili conduttori del dramma: amore, odio, vendetta, dolore e affetto paterno.
Intensa l’interpretazione di Gilda, dall’amore per il padre a quello per l’innamorato; l’amore ha conquistato il suo cuore, ignaro di ogni inganno e di ogni scherzo malvagio.
La storia di Rigoletto è ambientata nel palazzo Ducale di Mantova nel XVI secolo: il giovane duca, libertino, gode dell’ultima conquista. Un gruppo di cortigiani riferisce che il buffone di corte, Rigoletto, ha un’amante. Rigoletto si fa beffa di tutti e proprio in quel momento di un padre che chiede giustizia per il disonore arrecato a sua figlia dal duca e che agli sberleffi del buffone, gli lancia la “maledizione”.
Il duca con un sortilegio si insinua in casa del buffone e si presenta a Gilda come studente povero e dice di chiamarsi Gualtier Maldè. Gilda, ingenua e pura, apre il cuore all’amore, mentre i cortigiani, credendola amante di Rigoletto, ne preparano il rapimento con l’aiuto inconsapevole del buffone:
Atto I
Scena XIII
Gilda canta l’amore con infinita dolcezza
Gualtier Maldè!…nome di lui sì amato, Scolpisciti nel core innamorato!
Caro nome che il mio cor
Festi primo palpitar,
Le delizie dell’amore
Mi dêi sempre rammentar!
Col pensiero il mio desir
A te ognora volerà,
E pur l’ultimo sospir,
Caro nome, tuo sarà.
Gilda viene condotta a palazzo e il duca, anche se sa che non è l’amante del buffone bensì sua figlia, la raggiunge ugualmente in camera da letto, dove era stata portata. Il padre giunge a palazzo ma tardi e distrutto dal dolore e dal disonore, può soltanto ascoltare da Gilda il racconto dei loro incontri fugaci e pensa alla vendetta.
Sulla sponda del Mincio, il duca canta la donna è mobile:
La donna è mobile
Qual piuma al vento,
muta d’accento e di pensiero,
Sempre un amabile
Leggiadro viso,
in pianto o in riso, è menzognero.
È sempre misero chi a lei s’affida,
chi le confida mal cauto il core!
Pur mai non sentesi
Felice appieno
Chi su quel seno non liba amore!
e Gilda lo conosce per quello che veramente è: un libertino, ma non smette di amarlo.
Gilda ascolta e scopre che stanno tramando la morte del duca e decide di farsi uccidere al suo posto. Viene consegnata a Rigoletto in un sacco che complice un fulmine scopre l’accaduto; il momento è fortemente drammatico e la musica travolgente, impetuosa come la tempesta ne scandisce ogni mutamento: il dubbio, la certezza, l’orrore, la disperazione e la tenerezza dell’ultima preghiera recitata insieme.
Opera di grande suggestione e coinvolgimento grazie alla bravura degli interpreti e all’orchestra, guidata in modo magistrale.
In alcuni punti la platea è esplosa, tributando agli interpreti i dovuti omaggi con applausi a scena aperta e la chiusa del secondo atto è stata per il pubblico incontenibile, una vera ovazione fino al bis:
AttoII Scena VIII
Rigoletto e Gilda
Rigoletto (con impeto volto al ritratto)
Sì, vendetta, tremenda vendetta
Di quest’anima è solo desio…
Di punirti già l’ora s’affretta,
che fatale per te suonerà.
Come fulmin scagliato da dio,
te colpire il buffone saprà
Gilda
O mio padre, qual gioia feroce
Balenarvi ne gl’occhi vegg’io!…
Perdonate, a noi pure una voce
Di perdono dal cielo verrà.
(Mi tradiva, pur l’amo, gran Dio!
Per l’ingrato ti chiedo pietà!)
E in questo punto il pubblico è andato in visibilio.
Un testo da leggere e da ascoltare, per cogliere la sinergia tra le parole e la musica, per approfondire i temi enunciati e mai come oggi per discutere il ruolo della donna, troppo mercificato e rappresentato nonché del maschilismo esasperato.
Musica e testo dunque per educare, formare e dialogare al di là di ogni schema ( imposto e precostituito nel gioco dell’immagine) perchè la scuola è essenzialmente un fatto di amore e di sensibilità, un punto di convergenza in cui il docente incontra il discente per una crescita biunivoca.
A cura di Anna Lanzetta
Ps. Libretto di Francesco Maria Piave
Ripa di Meana regia
Edoardo Sanchi scene
Silvia Aymonino costumi
Guido Levi luci
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Piero Monti maestro del Coro
Stefano Ranzani Direttore
James Valenti, Shalva Mukeria (15) Il Duca di Mantova
Alberto Gazale, Ivan Inverardi (7, 15) Rigoletto
Désirée Rancatore, Annamaria Dell’Oste (7, 15) Gilda
Konstantin Gorny Sparafucile
Chiara Fracasso, Nicole Piccolomini (7, 15) Maddalena
Giorgia Bertagni Giovanna
Armando Caforio Il Conte di Monterone
Roberto Accurso Il Cavaliere Marullo
Luca Casalin Matteo Borsa
Andrea Cortese Il Conte di Ceprano
Miriam Artiaco La Contessa di Ceprano
Vito Luciano Roberti Usciere di corte
Elisa Luppi Un paggio