Pubblichiamo l'intervento di ieri alla Camera della deputata radicale Rita Bernardini sulla conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009.
Signor Presidente, intanto le manifesto tutta la mia solidarietà e ammirazione per essere stato qui di filato per quasi sei ore, avviandosi alla settima, assieme al sottosegretario Giorgetti. Certo non deve essere particolarmente allettante seguire un dibattito con un'Aula praticamente vuota!
Ci troviamo in quest'Aula a votare, non dico a dibattere, ma a votare, il correttivo di un correttivo di un decreto-legge; ci troviamo, ancora una volta, a votare, non dico a dibattere, la conversione di un decreto sul quale non è escluso, ancora una volta, il voto di fiducia da parte del Governo. Un Parlamento completamente svuotato delle sue prerogative e funzioni, chiamato a ratificare quanto deciso dal Governo. Le cifre parlano chiaro e sono state più volte ricordate in quest'Aula dall'opposizione: il 90 per cento delle leggi approvate sono di iniziativa governativa, solo il 10 per cento di iniziativa parlamentare.
Persino la maggioranza di deputati e senatori è umiliata: alle Aule parlamentari sono consentiti solo piccolissimi interventi, magari possiamo definirli scorribande, in cui l'opposizione tenta di sfruttare divisioni, peraltro marginali, all'interno della maggioranza. Questa è la realtà, una realtà amara, se solo facciamo riferimento ai principi costituzionali sul ruolo del Parlamento. Ma veniamo all'umiliazione di oggi, cioè alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009.
Il primo tema che vorrei affrontare è quello dell'energia. Per quanto riguarda questo tema, come delegazione radicale all'interno del gruppo del Partito Democratico, voglio subito dire che non ci convince il sistema dei commissari e dei commissariamenti che volete introdurre, perché si tratta di una soluzione che si inserisce in una logica di emergenza, praticata certamente non solo da questo Governo, ma che non risolve i problemi sorti dalla riforma del Titolo V che ha fatto di questo settore una materia concorrente in base all'articolo 117 della Costituzione.
I commissari potranno forse servire a realizzare qualche opera - sappiamo che questa riforma nasce sostanzialmente in vista del nucleare - ma con scarse garanzie di governance democratica. Inoltre, nel contesto di uno Stato azionista dell'ENEL, è evidente che il Governo si trova in un endemico conflitto di interessi nel momento in cui deve decidere quali investimenti con capitali privati considerare commissariandi, per esempio i siti nucleari ENEL-EDF. Altro sarebbe se almeno ci fosse quel piano strategico nazionale per l'energia che avevate promesso, e che come radicali da sempre chiediamo, possiamo dire da decenni, ma di cui non si vede traccia, un piano che sia in qualche modo condiviso o almeno definito e motivato dal Governo. In assenza anche di questo piano, più volte annunciato insieme ad una fantomatica conferenza per l'energia, quello che proponente è un dirigismo del Governo nello scegliere gli investimenti ed è sicuramente poco trasparente e poco democratico.
Ma veniamo all'altra questione, quella dello scudo fiscale. Tanto per non smentirci, una delle correzioni è un emendamento che per pudore nei confronti del Presidente della Repubblica è stato presentato da un senatore che, in modo evidente, ha eseguito il mandato conferito dal Governo. Il ritocco riguarda lo scudo fiscale, il terzo: i precedenti sono del 2001 e del 2003, sempre fatti quando era in carica il Governo Berlusconi. Non lo si è chiamato condono perché la mente andrebbe subito ai condoni edilizi, peraltro fatti da tutti i Governi di qualsiasi colore. Si sceglie, invece, la via più facile, non volendo trovare le risorse che servono, soprattutto nell'attuale congiuntura, riducendo le spese correnti, improduttive e clientelari. A farne le spese, o meglio ad essere beffati, saranno come al solito i contribuenti onesti, quelli ad esempio che non hanno nemmeno la possibilità di evadere il fisco, perché alla fonte il datore di lavoro si sostituisce allo Stato nel ruolo di esattore.
Chissà se il Ministro Tremonti ricorda ancora quando difese il referendum radicale di fronte alla Consulta, referendum abrogativo del sostituto d'imposta. Il mio pensiero va in questo momento a quell'imprenditore di Pordenone, citato anche in quest'Aula oggi, che ha avuto il coraggio di dire che non se la sente più di svolgere questo ruolo e ha deciso di dare ai lavoratori suoi dipendenti, perché si rendano conto della pressione fiscale (altro che riduzione delle tasse), l'intero importo. Ciò affinché decidano loro, nel momento in cui devono pagare le tasse, ma soprattutto si rendano conto - questo era lo scopo anche del nostro referendum - di quanto sia pesante la pressione fiscale nel nostro Paese soprattutto nei confronti di coloro che non hanno possibilità di evasione.
Il ritocco che ci viene proposto - lo hanno già detto i miei colleghi in quest'Aula - è una vera e propria amnistia che assume dimensioni inquietanti, in quanto partendo dagli aspetti connessi con l'illegale esportazione e detenzione dei capitali e connesse evasioni fiscali, si espande a dismisura dando copertura ad un elenco di reati tributari, tra cui dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri artifici; infedele od omessa dichiarazione; occultamento e distruzione di documenti contabili. Inoltre, si dà copertura anche ad alcuni reati non tributari: falsità materiale commessa da privato; falsità ideologica; falsità in registri e in scrittura privata; uso di atto falso; soppressione di atti veri e quei reati previsti in materia di false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali in danno di società.
Viene poi ad eludersi la normativa prevista dall'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007 in merito alle segnalazioni di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio e finanziamento del terrorismo. Il fatto poi che venga garantito l'assoluto anonimato - è stato già detto - a differenza di quanto stabilito dai provvedimenti adottati negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia, completa il quadro inquietante di questa normativa italiana.
Dicevo che si tratta di un'amnistia, ma non certo di quella prevista dall'articolo 79 della Costituzione, l'unica amnistia che non volete fare, perché richiede un'assunzione di responsabilità di fronte all'opinione pubblica. È meglio parlare di scudi, dando l'impressione di qualcosa di protettivo. È meglio mascherare e usare parole rassicuranti e protettive, oppure affidarsi a quell'altra amnistia vergognosa che tutti tollerate (qui, purtroppo, dobbiamo dire che anche da parte dell'opposizione non sento levarsi tante voci): mi riferisco a quell'amnistia vergognosa e strisciante della prescrizione dei reati.
Sono stati un milione 800 mila i procedimenti penali prescritti negli ultimi dieci anni, a fronte di un arretrato - debito giudiziario dello Stato nei confronti della collettività, così lo chiama onestamente il Ministro della giustizia Angelino Alfano - di 5 milioni 200 mila processi penali pendenti, che, ripeto, ogni anno producono circa 200 mila amnistie per prescrizione. L'onorevole Di Pietro di questa amnistia schifosa non parla mai, questa proprio non la conosce, ma, in realtà, è il sintomo di una giustizia allo sfascio, per usare le parole di Pannella, se aggiungiamo i cinque milioni - sempre cinque milioni - di processi civili pendenti.
Certo, la criminalità organizzata non può che ringraziare per questa operazione di riciclaggio favorita dalla legge: abolizione dei reati più garanzia di anonimato è molto di più di un'amnistia, per la quale, peraltro, è prevista una maggioranza qualificata. Si giunge a patti con i criminali, mafiosi o terroristi, pur di rastrellare qualche miliardo di euro, ma in questo modo si distruggono i principi dello Stato di diritto e della democrazia. Perché mai un cittadino dovrebbe pagare le tasse, se, addirittura, chi accumula capitali frutto di traffico di droga o di estorsioni o di appalti tutt'altro che limpidi può tranquillamente esportarli, per poi farli rientrare immacolati nel nostro Paese, pagando solo il 5 per cento?
È a loro, ai criminali, che conviene in primo luogo lo scudo fiscale ritoccato dall'emendamento. Trovo perlomeno contraddittoria la politica del Governo nei confronti della criminalità organizzata: da una parte, si fa la faccia feroce, indurendo e procrastinando all'infinito, - qui devo dire, purtroppo, con il consenso dell'opposizione - quel vero e proprio strumento di tortura che è il 41-bis, e, dall'altra, si varano provvedimenti come quello che oggi è in votazione, e nulla si fa, nulla, contro il dilagare di mafia, camorra, e 'ndrangheta, che occupano le nostre città e corrompono la politica, possiamo dire dalle Alpi alle Piramidi, riciclando i proventi del malaffare in attività commerciali lecite, con i loro immensi proventi garantiti dal plusvalore proveniente da tutti i proibizionismi.
Questi poteri, possiamo così definirli, sono ormai in grado di occupare interi territori del nostro Paese. Non si ha nulla da dire per quanto avviene nel basso Lazio, per esempio a Fondi, o i leghisti si sono resi conto di quanto la palma sia arrivata al nord e di quanto i capitali provenienti da questa criminalità organizzata ormai abbiano occupato città come quella di Milano o altre città del nord?
Le organizzazioni della malavita organizzata e quelle connesse con il terrorismo internazionale non possono che ringraziare per questo scudo. Qui mi piace concludere un'affermazione, che trovo molto efficace, di un economista di area radicale che si chiama Piero Capone: questo scudo può essere definito benissimo come un esempio moderno di mercato delle indulgenze.
On. Rita Bernardini
deputata radicale – Pd
(da Notizie radicali, 2 ottobre 2009)