Il giocattolaio piccino sono me.
– Sii serio! Non fare il bambino e parla da adulto. Dì: – Il giocattolaio (di cui parlo) sono io – oppure, direttamente – Io sono un giocattolaio piccino.
No, se non ci mettiamo d’accordo.
Con l’espressione -Il giocattolaio piccino sono me- rimarco il mio destino speciale.
Il ME, in maiuscoletto, è il Destino a Sumer (SU ME ER ‘mano SU cammino ER ME’. Hermes, dio della comunicazione conferma) ed il me è il mio destino, di uno che gioca con le parole.
– Se vuoi giocare con le parole, fallo! Tellusfolio ti ha già dato un sacco di spazio per questo. Ma, vedi di non stufare inventando anche una strada obbligata, un destino. È una tua libera scelta, no?
Sono libero, nel senso che nessun uomo mi obbliga a fare alcunché (finora, almeno, così è stato) nella mia vita; ma non sono libero se voglio farne qualcosa che per me abbia senso. Questa è la strada che ha deciso il Gran Giocattolaio per me:
-Tu giocherai con le parole!-
– E quando ti avrebbe detto questo? –, dirà divertito il lettore davanti all’ennesimo annuncio di un esaltato.
Mai ho avuto un dialogo così! Chiarisco con due tratti di vita, che interpreto.
Fino al 1991 io mi ero occupato di finanza (avanti e indietro in 8 uffici con 30 operatori da Torino a Pordenone e poi per 8 società partecipate diverse). La notte del 3/4 aprile fui colpito da emorragia cerebrale e andai in coma. Mi risvegliai dopo dieci giorni ed impiegai un anno a recuperare la memoria esercitandomi in parole crociate finché non divenni esperto anche nelle più difficili. Posso dire adesso che ho sperimentato con la mia vita il concetto di memoria come ME MUR IA, luogo IA di vita-morte MUR del ME, ‘il destino del creato’ (così in sumero).
Ho perduto la capacità manageriale e l’interesse per il lavoro perfino. L’Inps mi ha definito inabile mentalmente al 85% della capacità mentale e tra un mese mi dovrebbero dare anche una pensioncina. Vi assicuro che hanno vagliato un mucchio di esami specialistici mentre, l’anno scorso, io vi ho descritto qui il mio cammino dentro l’amiloidosi (destino di decomposizione della struttura biologica dell’organismo che diventa inarrestabile quando la diagnosi è ritardata) col terrore di diventare matto (decomposizione cerebrale). Ho scritto che accettavo sorella demenza a san Francesco, durante la veglia del 4 ottobre 2004; ma, se i segni del disastro mentale fossero emersi concretamente non garantisco che sarei stato così forte come potrei raccontarla adesso, da miles gloriosus, adesso che il centro di eccellenza del san Matteo di Pavia mi ha comunicato lo scampato pericolo.
– Beh, hanno accertato che il caso di distruzione non esiste. La tua razionalizzazione che scomoda il destino…
Alt! Intanto, solo per dirne una, ho subito perfino la circoncisione a 60 anni per abbassare la pressione minima che non voleva ridursi sotto i 105-95. E ieri l’ho confermata ad 85, cioè regolare. Questo intervento, che un medico professionista tenderebbe a qualificare quasi come un palliativo, ha arrestato la decomposizione dell’organismo, secondo me medico.
Ho fatto 30 anni da iperteso e da agnostico (uno del 85% degli Italiani attuali, battezzati che pensano che Cristo, se c’è e ci vuol bene, ci salverà comunque, anche se giochiamo a buttare a mare i pellegrini. La foto di Bertone col figlio di Bossi rappresenta questo genere di cristianesimo -minuscolo per loro scelta-. Secondo questo credente, pronto a restare l’ultimo a credere, questi cristiani hanno l’inferno aperto davanti).
– L’ipertensione, non sarà mica un male mandato da Dio, vero?
No. È opera mia. Ho fatto come fecero i figli di Giobbe: ho mangiato e bevuto da crapulone. Se l’acqua della pentola va su di grado, bolle ed evapora. Così il mio corpo. Questa è opera di evaporazione mia, non di Dio. Ho fatto uso della mia libertà fino alla diplopia, fino a veder doppio dalla balla alcoolica strapazzando il corpo che Lui e mia madre mi avevano dato.
Ma non ero tarato per diventare un alcolista. Ovvero, il Gran Giocattolaio non aveva questo piano per ME.
Gesù Bambino direbbe: -il giocattolaio piccino sono ME-.
E, visto che se non pensiamo da bambini in Cielo non entriamo… (Re.: “Il Gran Giocattolaio”).
A conferma, Gesù adulto ha detto pubblicamente: -Nessuno viene al Padre se non per ME-.
Io distinguo bene il mio me dal ME. Credo di cominciar a capire
Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò. (Genesi, 1 27)
Il Gran Giocatore ha fatto me, mi ha dato la vita e mi ha ricordato col Figlio la via, la verità e lo scopo della vita: tornare al ME.
Come il gioco dell’oca, la vita per me è un ritorno al punto di partenza dopo un lunghissimo giro.
-Che cosa porti, dopo tutto questo girare?- mi chiederà l’Amen.
Porto me… ed almeno un altro. Un altro che ha deciso che il Tutto è meglio del Grande Nulla.
-E, costui avrebbe deciso così grazie a te?-
Nooo. Così come io ho deciso spinto dallo Spirito, vedendo tra le altre occasioni la mia, un altro potrebbe orientare la sua spinta spirituale grazie all’occasione piccina che io ho giocato: scegli la felicità ferME.
Porta il ME, fere ME!
Io traduco l’avverbio latino ferme, con ‘fermissimamente’. Che non è il piacere di un giorno [«Essi stimano la felicità il piacere di un giorno» e subiscono il castigo, come scrive Pietro nella sua seconda lettera 2 13] ma l’assoluto di quasi, che è fere in latino.
Scientifico.
Carlo Forin