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Valter Vecellio. La situazione: bene le prime case a Onna. Ma... 
...senza spot autoreferenziali nel 1981, in occasione del terremoto in Irpinia, si fece prima e con molte maggiori difficoltà
17 Settembre 2009
 

Onna è il paese simbolo del terremoto che ha devastato l’Abruzzo. E ad alcune famiglie di Onna sono state consegnate una cinquantina di casette in legno, tipo chalet, cosicché circa duecento persone potranno lasciare le tendopoli e gli accampamenti. Uno chalet non è come l’abitazione distrutta, ma quella ormai appartiene al passato, un passato che non potrà più tornare. Una casa non è solo muri, mattoni, un tetto; è il luogo dove si sono vissuti momenti di gioia e di dolore, è carica di ricordi, di oggetti che ci accompagnano nel corso di una vita… È comunque importante che i primi nuclei familiari abbiano trovato una sistemazione decente, che consentirà di affrontare l’inverno, che in Abruzzo non è certo mite.

Il presidente del Consiglio Berlusconi e il capo della protezione civile Bertolaso assicurano che entro la fine del mese saranno smontate tutte le tendopoli in Abruzzo, dove attualmente ci sono ancora circa undicimila persone. Scommessa difficile. Per le prime abitazioni-chalet consegnate a Onna, Bertolaso ha spiegato che «avremmo potuto fare tutto da soli, ma proprio perché Onna, completamente rasa al suolo, è un simbolo di questo terremoto, abbiamo voluto coinvolgere più organismi. Abbiamo chiesto alla protezione civile del Trentino di realizzare l case, e alla Croce Rossa di pagarle».

Ci sarà anche per gli altri undicimila “attendati” una protezione civile a cui rivolgersi, e una Croce Rossa per farle pagare le spese? Per quel che riguarda L’Aquila, è lo stesso Bertolaso a dire che «ci vorrà ancora molto tempo, è un lavoro che non può essere fatto con superficialità, andando lì con le ruspe e portare via tutto in discarica, perché in mezzo c’è molto amianto e anche un mattone può avere un suo valore, perché messo nel 1400…».

 

Tempi lunghi per l’Aquila, ed è da credere per molti altri centri di cui si parla poco e che sono stati devastati più o meno come Onna; e con buona pace degli spot pubblicitari del presidente del Consiglio.

Fa riflettere – dovrebbe far riflettere – quanto scrive Antonello Caporale, giornalista di Repubblica, nel suo blog Piccola Italia. Una nota che merita di essere integralmente trascritta:

«Non credo che siano possibili paragoni al mondo». Così Guido Bertolaso al Tg1 delle venti. Tempi da record, meraviglia mondiale per le casette di Onna, i prefabbricati in legno costruiti dalla provincia di Trento. 15 settembre 2009. 162 giorni trascorsi dal sisma 47 casette in legno tipo chalet consegnate. Circa duecento persone ricoverate. 25 aprile 1981. 122 giorni trascorsi sal sisma, 150 casette in legno tipo chalet (Rubnet costruzioni) consegnate a Laviano, Salerno, 450 persone ricoverate. Un paragone, almeno uno, dunque è possibile. E trent’anni fa non esisteva nemmeno la Protezione civile, non esistevano strade decenti, erano crollati i ponti. Per raggiungere l’Irpinia si impiegarono giorni. Il coordinamento dei soccorsi fu affidato, diciamo così, al radiogiornale della RAI. Chi poteva telefonava e dava le indicazioni, urlava il luogo del disastro. Si ascoltava la radio per capire dove ci fosse bisogno. «A Balvano, a Balvano, a Balvano! La chiesa è crollata, 80 fedeli sepolti», urlò il conduttore. L’autocolonna prese la direzione di Balvano, ma si scordò di Baragiano, di Ripigliano. Da lì (altri trenta seppelliti) nessuno aveva chiamato… Solo i morti di Laviano (300 su 1.500 abitanti) sono stati pari a quelli sofferti in tutto il territorio abruzzese. E, per dire del tempo e dell’organizzazione, a Laviano riuscirono a consegnare dopo quasi una settimana tutte le bare occorrenti, e le ultime furono ammassate ai lati di due torrenti di montagna. A dirigere le operazioni di soccorso fu da Roma incaricato Giuseppe Zamberletti. Da solo, quasi a mani nude. «Eppure al mio paese le prime case in legno arrivarono già a febbraio, una ventina di alloggi con tutti i servizi», ricorda il sindaco Rocco Falivena, «a marzo la metà della popolazione era al caldo, negli stessi chalet che sono sorti ad Onna. Per dire: alcuni di questi ora, anno 2009, li abbiamo trasformati in albergo. A maggio dell’81 tutti gli sfollati, nessuno escluso, riuscirono ad avere il salottino, le camere da letto riscaldate, il piccolo patio con giardino. In tutta franchezza quella di Onna mi sembra una zingarata». Per capirci. Trent’anni fa ci furono quasi tremila morti, trecentomila senzatetto e un’Italia divisa in due. Alcuni villaggi furono raggiunti e assistiti dai militari ai primi di dicembre dell’80 (il sisma ci fu il 23 novembre), gli ultimi morti furono seppelliti dopo 21 giorni. Malgrado tutto il sistema di prefabbricazione pesante fu realizzato in trecento comuni e in tempi che, l’avesse saputo, Bertolaso avrebbe definito incredibili, stratosferici, supercosmici.

Allora, a differenza di oggi, non ci fu nessun presidente del Consiglio in difficoltà e crisi di credibilità, alla ricerca di un facile consenso e gradimento. La classe politica di allora era quella che era, e quella di oggi ne è la figlia illegittima, ma c’era più senso del decoro, si era meno spudorati, c’era meno improntitudine. Anche allora si mangiava il pollo, ma almeno usando coltello e forchetta, non le mani come fanno oggi.

 

Siamo contenti per Onna, e ci si augura davvero che la scommessa di dare un tetto a tutti i terremotati prima dell’inverno, sia vinta. Ma c’è da credere (e temere) che non ci sia sempre una provincia di Trento e una Croce Rossa cui chiedere aiuto.


Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 16 settembre 2009)


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