Oggi vi dico, amici, non indugiamo nella valle della disperazione, anche di fronte alle difficoltà dell'oggi e di domani, ho ancora un sogno.
M. L. King
La crisi internazionale si compone di tante crisi. Locali, nazionali, internazionali. Un calderone in cui tutto si rimescola, tanto da, alla fine, non capirci più nulla. È soprattutto in questi tempi che le persone si avvicinano alla politica. Perché è la politica il punto di riferimento. Il timoniere che segna la rotta. E anche io, come tutte le altre persone, sotto i colpi dell’economia che non va, del lavoro che non c’è, dei diritti civili che latitano, guardo con fiducia e speranza alla classe dirigente che ci governa.
Faccio un esempio. L’altro giorno ho assistito con grande piacere alla tavola rotonda istituita dal Governo. I due “nemici galantuomini”, come li hanno definiti, hanno dato risposte convincenti. D’altronde, da quando Gianfranco Fini è diventato leader del Popolo della Libertà, finalmente la destra italiana si è messa al passo con i tempi. Vederlo seduto allo stesso tavolo con il leader della sinistra, Ignazio Marino, che è riuscito a unire la sinistra riformista italiana, mi ha in qualche modo tranquillizzato. Finalmente, i politici non vincono più perché mi dicono quello che voglio sentirmi dire. Bensì, mi fanno proposte e indirizzano le mie scelte. Questo sì, questo è tranquillizzante.
No, non posso dire di aver seguito tutto il discorso. C’erano tecnici e politici. Ovviamente, sentir parlare di numeri sull’economia e non di “stregoni” e di “cifre inimmaginabili” mi ha dato fiducia. E poi è logico pensare che i due non si siano detti tutto davanti alle telecamere. Da quando, poi, la Rai è stata depoliticizzata, da quando direttori di testate, direttori di rete, giornalisti e pure uscieri non sono più di nomina politica più o meno diretta, finalmente non ci sono più le “dichiarazioni panino”. Ma oggettività, opinioni disinteressare al limite. La Rai non è più al servizio del politico, ma del pubblico. Mica male toccare con mano una verità, invece di tre o quattro verità diverse a seconda dei giorni e delle voci.
A proposito, chissà cosa fanno oggi tutti quei vecchi arnesi della politica. Chissà dov’è finito Gasparri. Capezzone continuerà a parlare davanti a una telecamera di polistirolo? E D’Alema e Veltroni saranno andati in Africa? Quelli “nuovi” da quaranta anni, dove saranno finiti? Non lo so, non m’interessa più di tanto. Finalmente non li sentiamo e non li vediamo più.
In compenso, seguo le gesta di un gruppo di parlamentari. Non hanno nemmeno trenta anni e sono stati eletti raccogliendo migliaia di preferenze. In altri tempi, sarebbero stati definiti “cervelli in fuga”. Ora sono il cervello del Paese. Mi è piaciuta l’idea. Quindici del PD e quindici del PDL. Insieme per studiare la modernizzazione del sistema informatico italiano. Banda larga e tutto il resto. Stanno lavorando bene, ho letto su Il Giornale, che da quando è stata fatta quella legge è passato in mano a un editore puro: un quarantenne che ha capito che per fare bene i giornali bisogna saper fare bene i giornali.
Domani Marino e Fini si incontreranno per la seconda volta della settimana. Certo, mica sono la stessa persona: e giustamente hanno posizioni anche molto distanti su alcuni temi. Tuttavia, Marino fa la sua proposta, che è quella del suo partito. Ci sono voci di dissenso, certo. Ma da quando le posizioni del pd sono quelle votate a maggioranza, la situazione è migliorata di molto. E Gianfranco Fini esprime le sue posizioni, che da quando ha preso in mano le redini, non sono più simili a: comunisti morite tutti.
Poi si va a votare. C’è chi vince e c’è chi perde. Nessuno accusa l’altro di golpe. C’è rispetto e, nei limiti della politica, collaborazione. E se non c’è collaborazione, entrambe le parti sanno che l’altra lavora in modo appassionato e disinteressato per il bene del Paese.
Da quando Marino e Fini segnano il cammino dell’Italia, da quando i giornali si comportano da giornali ma soprattutto i giornalisti (anche quelli tv!) fanno i giornalisti, la Lega praticamente non esiste più, e neppure i fascisti e l’estrema sinistra: sono venute meno le ragioni stesse della loro esistenza.
Pure tutte le nostre mafie hanno accusato il colpo. Il Sud sembra ripartire bene. I servizi funzionano perché la gente paga le tasse. E chi non le paga, va in galera. Finalmente, poi, quella legge che chiamavano “Parlamento pulito”. I condannati non possono essere eletti. Ma ci voleva tanto? No. Così come ci è voluto poco a dare diritto di voto agli immigrati. Regolari, ovvio. Che non sono delinquenti. Perché i delinquenti non hanno colore. Ma se vanno in carcere, stanno in condizioni umane, perché non si va più in carcere per uno spinello, e sono state costruite nuove strutture. Finalmente, siamo un paese civile, in cui ognuno ha diritto di morire e non soffrire. In cui anche le coppie di fatto sono riconosciute. Mi è piaciuta anche la modifica costituzionale in cui si è scritto che la “famiglia è basata sull’amore”.
Adesso vado all’estero molto più spesso. Posso permettermi di viaggiare, adesso che ho uno stipendio adeguato e un contratto sicuro. I tempi del precariato sono lontani. Sono ricordi. Il precariato è stato per me l’inserimento nel mondo del lavoro. Adesso so quanto valgo e sono pagato per quello. Non per il nome che porto. O per quello che non porto. E finalmente, da un po’ di tempo, quando vado all’estero non mi vergogno più di essere italiano. Anzi. Finalmente, sono fiero di me, del mio paese. Dei miei sogni. Sperando che almeno uno s’avveri, prima o poi.
Gianni Somigli