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Marina Pizzi: "Il sonno della ruggine". Prima parte
Marina Pizzi
Marina Pizzi 
07 Settembre 2009
 

Riceviamo da Marina Pizzi la raccolta “Il sonno della ruggine (1-113). I siti La poesia e lo spirito, Nazione Indiana ed altri minori che ospitano recensioni e commenti hanno già pubblicato alcune parti dell’ultima fatica della poetessa romana, ma Tellusfolio giornale on line, anche per l’illimitato spazio di cui dispone, e per l’affetto e stima verso l’opera dell’autrice, la pubblicherà completa; confidando nel contempo che editori di poesia su carta pubblichino non solo “Il sonno e la ruggine” ma anche, in modo cronologico, tutta la produzione della Pizzi. In ogni caso la fiducia e la generosità dell’autrice verso la Rete e il nostro giornale-rivista ci riempie di fiducia per il senso comunitario che vi ravvisiamo. Pochi poeti mettono a disposizione, dei lettori-navigatori di poesia, inediti e raccolte come Marina Pizzi. (Claudio Di Scalzo

       

 

 

Marina Pizzi: Il sonno della ruggine, 2009

 

 

1.

la giacca della rupe l’ho messa

accanto alla culla. così si capirà

che non è nascita essere bambini

i ragazzini con le caviglie esangui

le lunghe nuche senza fidanza.

in palio non c’è niente se non vedetta

di vendetta guardarci dritti negli occhi.

un compagno di asilo è stato ammesso

a fischiettare con le rondini. questo il

buono che si staglia tutto fecondo e dotto.

una minaccia di pioggia fa da tara

all’abaco che non conta che sfila

il pallottoliere dentro il pozzo.

2.

in merito alla girandola furbetta

resta la nube imbrattata di sangue.

qui le sanguisughe sono condominiali

i panni stesi non nascondono amori.

i dondolii di cuori reciproci

gemellano i cipressi ben futuri

al prossimo adesso, adesso.

qui sfinito il mosto senza nettare

condanna la fuga fradicia di muschio.

devo restare per un diverbio netto

con le ciliegie spinose sotto la rena

e fingono languori le formiche

operaie. tu in gola al nome

mi chiami febbre tanto per

innamorarmi. ma è tardissimo

il movimento di ancorare i gabbiani.

3.

così cominciò l’estate della frutta

bacanti scrosci di pioggia

rovinarono le polpe.

in autunno arrivò la sciabola del vento

il triste evento di ridacchiare pazzi

una resistenza di teatro di platea.

nessuna voglia di pianto ma la furia

dell’ennesimo giorno la pessima marea

sul sudario del certo. e mi convinse

la viandanza di non tornare

sulla resina del dubbio. andai balorda

dove precipitano i sassi e la pepita

d’oro e con un calcio non la volli.

veggente a tavola vidi le marette

di famigliole morte. tutto un esito

di tagliola e niente più.

4.

resta un nugolo di spaesamenti

il segno, più, croce infissa

dentro l’iride più colorita.

il tempo ruota la ruota dell’infelice

lince cieca. la nuca fa già da cella

alla bellezza dell’esule. le scarpe

sono in palio all’atleta più veloce.

non c’è accetta che possa svergognare

la luce. qui ti sopporti perche sei

un anello in via di ruggini e cipressi.

pensa a piangere di te la norma

dell’addio. la resina votiva che

non ti darà niente e nessuno.

sorridi pazzo e forse sarai salvo

dalle liane della giungla velenose.

5.

in meno di una deriva ho fatto conto

di morire. in mare un abisso che bestemmia

le piscine. le sciabole erette non fanno

paura ai canali. le bollette della luce

non hanno dato illuminazioni. nei cimiteri

monumentali le erbacce fanno brecciame

di vita. in tutto il colonnato dell’entrata

ci sono bambini che giocano a nascondino.

in ogni gingillo di ricordo

la mensola si ritira a dire

vattene da solo che ti verrò appresso.

6.

qui da me innumeri compagni

che tramandano le dacie di poeti

per panchine di endecasillabi dove lo strazio

un’ecumene di sabbia e di polvere.

le giurie di passeri pungenti

inventano le genti compassionevoli

di una briciola soltanto.

invece non basta una ciotola stracolma

a partorire una statua veritiera

una bella femmina come sul dirsi

senza mai darsi a verità conclusa.

7.

attore di conserva sto in balìa

della rondine che non mi vuole

verso l’arabesco del papavero proletario

in un viale di periferia.

8.

allevia il tempo con la venia in mano

batti il tempo con le canzoni in nomade

vetta. dà candore allo sbadiglio con un tic

regale. funziona l’alamaro per un soldato

libero. in biro per l’appunto so sfidare

la preghiera imbalsamata l’amata stasi.

fende il faro la sacrestia del mare

questo bacato cibo di ciliegia

eslege alla punizione della botanica.

tu non trovi che intrugli di catastrofi

le balconate nate per scompiglio.

9.

in tutta una zona di transito si registra

lo strazio della casa o il saluto. qui in erba

smossa trovo un dormiente cavo di fatiche.

le mortalità di chi si fa la minestra

sotto il pilone della sopraelevata

del Prenestino. intorno alla remora del caso

mi chiamo stilema senza successo

o al più una stampante per homeless.

in stima alla cometa di bambini

bivacco la scuola di capire

se finalmente un apice è raggiunto.

è senza panico la svolta della fune

che dà direttive all’abaco del cipresso.

in te vorrò renderti la vita

per amarti di più.

10.

dammi un otre di stallo

pace che sappia d’oltremare

tra le maree che piangono le stelle

allontanando. intruglio d’erba

spuria questo cipresso prestato

per legarti la barba tremolante

del tuo pianto. in pace il mito

della rotta non fiaccola più niente.

le masserie d’accanto ti ledono

la fossa. una manciata di pece

il sudario con la cascata accanto

la burla d’arte che simula la vita.

11.

quale sarà la fossa che ci rincorre

questo zelo salato di darsena

in mano alla nomea di farsi grido

dondolio lo sguardo di piangere.

in apnea la palude della giornata

triste più del membro di giuria.

in giugno raccatterò la paglia del grano

l’urlo del pane che non sarà sedotto

dall’apice del farlo. qui la fretta

della ventola vuol farmi fuori

dalla manciata delle briciole.

voglio il comando dell’aria per gettarmi

dal manico di scopa senza cuore

né reo né buono. in fondo sono un permesso

che non sa placare la carie dell’ammesso.

12.

una giostra di remi canta la litania dell’acqua mossa

il caso a cerchio che non dà padrone

né il portone altezzoso di una casa nobiliare.

le genti qui sono tormento

in mano un cerchio che non potrà rispondere

né cedere un’aureola felice

allo zampino del chiodo in qualche parte

di nostra parte. in urlo alla nomea di stare

affacciati nessun frullo giudica il volo

di stare arresi al davanzale. in pasto al sillabario

che non sa vagare si continua la rete delle fosse

con le lapidi soltanto in tanto spasmo.

mo’ verrà la fodera per le pepite della pece

il male alla stadera della pesa senza desco.

13.

la notte della tasca lo stato infetto

quando al duetto delle voci nere

erra lo scopo di capire l’angolo.

in tutto il miserere della girandola

questo presagio d’arco senza freccia

l’indagine votiva del varco d’acqua.

mutila sembianza resta l’aurora

concatenata al resto che non torna

verso il grumo del cielo senza bene.

le pieghe della pelle dopo il sonno

promettono l’inganno della guarita

sella quasi una gita d’alto bordo in piena.

14.

papavero del crepacuore

la vedova del pane

dover sopire il dotto analfabeta

tra betulle di bene e tulle di bontà.

in un passero di stasi

stare ammessi all’inguine del pozzo

così per crocevia senza rimbalzo.

in un’etica di secoli vedenti

guardare te che moristi pendolo

di un viatico cattivo.

15.

sempre aggiornato il pozzo

di squarciare i mesi

questa milizia gracile di perdita

a menadito come se fosse gesso.

in mano alla fessura del camino

sperdere il sonno in un ciliegio bacato

transennato dalla maestà del giù.

qui non sanno i perentori sogni

né le bufale che scontano le stelle

per residui d’ascia e di cimento.

in un pagliaccio di trampoli vestirsi

virtù del controvento.

16.

ho un sonno apolide un sorriso di scempio

dentro dietro davanti a dire che non fui

che lite di pollice maestro senza insegnamento.

la cicala solare concubina

mi racconta la cantica bambina

allora quando in bilico di curve

tutto restava valore di gran gioia

o al massimo un alamaro da riparare.

oggi la serva è dovunque a vanvera

di sterco, lavatoio con le lucertole

impazzite. qui ti chiamo patrimonio

del patema: i miei resti aspettano

le ceneri assolute del lutto e della festa

di morire. ridi fin da ora, avrai credito!

17.

in un marcito stipendio di Calcutta

la cinta di vivere a piedi nudi.

senza riposo a vanvera la critica

senza potenza niente. di poi le carni

nude e la domanda gelida del dado

miserando dolo di se stesso.

la cheta retata della rondine

non rischiara la cimasa né la mensola

novembrina di ogni morto. qui sono

e sì rimane la morente cinghia di

stringere la vita. è Veronica la pietra

con l’impronta del più povero di Cristo.

sto comunque adesso in un deserto

tutto sedotto dal bavero dell’orto

che non si concede. ceda di me

la rendita del pianto il ciao d’alunno

ben più ligio del fuso di condotta.

18.

è solo morto il bavero del collo

sterminio vero frode d’Ercole.

dal timbro del controllo avrò

crisalide la nenia del dado falso.

di te imbriglierò tutte le stirpi

i piagnistei delle ragioni buone

dove davvero non c’è niente da

salvare. i vicoli di sempre sono

del coma. nessuna cariatide osa

deridere un vulcano. da oggi ammetto

l’ultimo solco servile al senso.

19.

appello sotto teca l’armistizio

quest’amicizia in stima di burrone

foto ottusa che riproduce

il giovane da bello. dove avviene l’alba

non sarà quota di alta quota vita.

anzi un ospedale di periferia

dove l’impero dei sensi si sfa

all’ortica. in panico le guglie

degli ornamenti 

gli angeli le sacralità del vuoto.

tu resti andante con la flebo

al plettro del livido. credi di

rifiorire: indurisce il tarlo la cintura

svuota la cintola in una vieta beffa.

20.

in un muso d’aria credo di vivere

la mia agonia di agosto. l’icona

sul computer ha i capelli bianchi.

l’ospizio del vetro della finestra

è nero. niente pulisce questo cimitero

altèro sul tavolo anatomico.

anche le piante grasse muoiono

e non di sete. le giovani avarie

del divieto qui sul polso che

non si rassegna. la frottola del

cerchio diffama lo steccato

del giardino. in mano all’aureola

non so salvarmi. mi spingo in un festino

di note cavalleresche. i crumiri

del rantolo non la scampano. tu riordini

le carte degli avi per la gioia della polvere.

verrà l’America e non potrai toccarla

che sotto i trabiccoli dell’ansia.

21.

è perché il giorno si allunga in un laccio

di scarpa e si spezza lapide di notte

la fannullona epigrafe del feretro.

di nuovo l’alone del grado di bestemmia

contamina la mira. oggi si annega il garbo

di poter capire perché la teca del lutto

così somigli al mito. lo sberleffo del nodo

al fazzoletto non può rifar ricordo. sotto il tempio

il rivolo dell’acqua sa far minare l’altare senza

dio. di te rammento l’occaso del cammino

lo sguardo spento del fuoco del dolore.

il panico che valse il rantolo

sa la premessa e l’ordine

di un discolo acume di silenzio.

22.

una struttura anagrafica di niente

questa burocratica rottura della voce

qua dove ammisi di credere la rotta

e persi invece la bussola per sempre.

in mare la barcaccia chiama s.o.s.

e la marea non s’inchina alla paura

anzi la stempia con apice di venti.

dove sarà l’ipocrita salvezza

lo sa l’alunno che non crede al tema

pure scrivendolo col nome e il cognome.

ora le celle del panico di eclissi

sono gestite dallo stipite del sogno

quando la gente dorme per dolore.

23.

appena avverto un’ernia di tracollo

resta la traccia del cuore che cilecca

vecchio residuo di un dubbio in piena.

fraterno avamposto del tuo ciliegio

questo deposto aiuto senza cicale

o brindisi dal petto che trabocca.

sotto la cerimonia del cavo chiuso

sta l’ateo verdetto del saluto

la pazienza senza esito domestica.

in mano al frustino del tuo enigma

resta la donna della porta accanto

natura dolorosa faccia di sale.

24.

sfumerà il caso degli occhi di pece

quando ci si sveglia per il pianto

e il crollo del prìncipe è ovunque.

in mano alla clessidra del sì blasfemo

muore la rendita del remo. credulità

del cosmo stare sull’attenti per un

qualsiasi dio. all’attentato del discolo

sfiorire ho detto addio, muoio da sola

sotto il comando del muro. è sfinito

il corpo di cristallo della lacrima

la scoliosi del polso del dolore

dove nulla si attenua nel nulla.

storia apolide di quando ti conobbi

nel museo dell’avanguardia dello sguardo

e a nulla serve il maestro enciclopedico.

25.

in un successo di stoppie

ho visto il fuoco

espellere scintille di pietà.

con la nuca distrutta dal libro

nulla imparai dall’eremo al

soqquadro della sera.

fui un’isola e isola rimasi

rimasuglio di biada per amanti

soli. acredine o sposalizio una

stanzucola colata serra di amore

sulla tangenziale perfida metropoli.

in sé il seno non servì risposte

al senno di capire perché le gioie

non vollero il lunario della semina.

 

Marina Pizzi

 

continua

 

NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA

Marina Pizzi è nata a Roma, dove vive, il 5-5-55.

Ha pubblicato i libri di versi: Il giornale dell'esule (Crocetti 1986), Gli angioli patrioti (ivi 1988), Acquerugiole (ivi 1990), Darsene il respiro (Fondazione Corrente 1993), La devozione di stare (Anterem 1994), Le arsure (LietoColle 2004), L'acciuga della sera i fuochi della tara (Luca Pensa 2006), Dallo stesso altrove (La camera verde, 2008),  L’inchino del predone (Blu di Prussia, 2009);

***** [raccolte inedite in carta, complete e incomplete, rintracciabili sul Web: “La passione della fine”, “Intimità delle lontananze”, “Dissesti per il tramonto”, “Una camera di conforto”, “Sconforti di consorte”, “Brindisi e cipressi”, “Sorprese del pane nero”, “L’acciuga della sera i fuochi della tara”, “La giostra della lingua il suolo d'algebra”, “Staffetta irenica”, “Il solicello del basto”, “Sotto le ghiande delle querce”, “Pecca di espianto”, “Arsenici”, “Rughe d'inserviente”, “Un gerundio di venia”, “Ricette del sottopiatto”, “Dallo stesso altrove”, “Miserere asfalto (afasie dell'attitudine)”, “Declini”, “Esecuzioni”, “Davanzali di pietà”, “Plettro di compieta”, “L’eremo del foglio”, “L’inchino del predone”, “Il sonno della ruggine”; il poemetto “L'alba del penitenziario. Il penitenziario dell'alba”];

***** le plaquettes L'impresario reo (Tam Tam 1985) e Un cartone per la notte (edizione fuori commercio a cura di Fabrizio Mugnaini, 1998); Le giostre del delta (foglio fuori commercio a cura di Elio Grasso nella collezione “Sagittario” 2004). Suoi versi sono presenti in riviste, antologie e in alcuni siti web di poesia e letteratura. Ha vinto due premi di poesia.

[Si sono interessati al suo lavoro, tra gli altri, Asmar Moosavinia, Pier Vincenzo Mengaldo, Luca Canali, Gian Paolo Guerini, Valter Binaghi, Giuliano Gramigna, Antonio Spagnuolo, Emilio Piccolo, Paolo Aita, Biagio Cepollaro, Marco Giovenale, Massimo Sannelli, Francesco Marotta, Nicola Crocetti, Giovanni Monasteri, Fabrizio Centofanti, Franz Krauspenhaar, Danilo Romei, Nevio Gàmbula, Gabriella Musetti, Manuela Palchetti, Gianmario Lucini, Giovanni Nuscis, Luigi Pingitore, Giacomo Cerrai, Elio Grasso, Luciano Pagano, Stefano Donno, Angelo Petrelli, Ivano Malcotti, Raffaele Piazza, Francesco Sasso, Mirella Floris, Paolo Fichera, Thomas Maria Croce, Giancarlo Baroni, Dino Azzalin, Francesco Carbognin, Alessio Zanelli, Simone Giorgino, Claudio Di Scalzo, Maria Di Lorenzo, Antonella Pizzo, Marina Pizzo, Camilla Miglio, Michele Marinelli, Emilia De Simoni, Linh Dinh, Laura Modigliani, Bianca Madeccia, Eugenio Rebecchi, Anila Resuli, Luca Rossato, Roberto Bertoni, Maeba Sciutti, Luigi Metropoli, Francesca Matteoni].

Nel 2004 e nel 2005 la rivista di poesia on line Vico Acitillo 124 – Poetry Wave l’ha nominata poeta dell’anno. Marina Pizzi fa parte del comitato di redazione della rivista Poesia. È tra i redattori del litblog collettivo La poesia e lo spirito, collabora con il portale di cultura Tellusfolio. Sull'annuario TELLUS 29: Febbre d'amore, 2008, sono state pubblicate, da Miserere asfalto, afasie dell'attitudine 101-150.

Sue poesie sono state tradotte in Persiano, in Inglese, in Tedesco.

Sul Web cura i seguenti blog(s) di poesia:

http://marinapizzisconfortidico.splinder.com/=Sconforti di consorte

http://marinapizzibrindisiecipr.splinder.com/=Brindisi e cipressi

http://marinapizzisorpresedelpa.splinder.com/=Sorprese del pane nero


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