E non posso e non voglio - esimermi dal commentare! Claudio Di Scalzo, giustamente, riporta/ricorda - la genesi del nostro *scambio scrittorio*. E tutto principiò grazie al Milan Poetry Slam. “Poeta in causa” mi prendo la Libertà e la Libertà di Parola per comunicare al Signor Luca Benassi che il di Lui articolo - è quanto di più patetico e decontestualizzato possibile [evito ogni considerazione stilistica]. (riferimento a: “Luca Benassi e il Poetry Slam Grammaticale”, ndr). In primis, Signor Luca Benassi, lei taccia di maschilismo Di Scalzo e poi riga «Poetesse e prostitute»? Tralasciando la cacofonia [valida, probabilmente, solo per il mio timpano tedioso e tediato] del termine “poetesse” perché “poetesse” e non “poeta”? Mi creda, non mi sento meno Donna. Anzi! Francesco Marotta - nel tempo che fu - mi commentò scrivendo “una poeta” [e non offendo la sua intelligenza spiegandole quanto QUESTA sia - un'attestazione di stima vera]. E ancora: lei fraseggia «Di Scalzo se la piglia con il poetry slam di Milano, al quale chi scrive non ha assistito, ma dalla cui lista dei (soliti) nomi indigesti (fatti salvi Andrea Inglese, Tiziana Cera Rosco e Silvia Salvagnini) versi e interpretazioni memorabili non devono essere venute (venuti) fuori». Lei, Signor Luca Banassi, per sua stessa ammissione, “non ha assistito” - ma neanche si è documentato [regola prima del giornalismo o, forse, mi sbaglio?]: Silvia Salvagnini non calcò *quel* palco [per stramotivacci suoi, ma Lei, suvvia, almeno leggere l'articolo/gli articoli post-slam? No, eh?]. E quali sarebbero i “(soliti) nomi indigesti”? Che il mio Nome [Le] sia indigesto è motivo di vanto [ché vivo per ulcerarvi le coscienze!] - ma potrebbe spiegarmi quell'attributo? Quel “solito” - che non capisco? Per quanto mi riguarda: è stato il mio primo Poetry Slam. E se i nostri [gli esclusi dal suo trittico] «versi e interpretazioni memorabili» non sono - per citarLa - «venute (venuti) fuori», personalmente, mi lusinga: non voglio *venire fuori*, ma *incidere dentro*. Lei capisce la differenza sostanziale, vero? Del tanto paupulare critico, è troppo chiedere una *critica costruttiva*? Lei che sgrana perle di saggezza quali «La poesia finisce per prostituirsi per l’immagine di se stessa, rinunciando a quel valore che si trova nell’osso del linguaggio coltivato nell’ombra» - mi potrebbe spiegare [sempre che non le risulti TROPPO indigesto parlarmi] QUALE DIAMINE SIA QUEL «valore che si trova nell’osso del linguaggio coltivato nell’ombra»? La Torre d'Avorio? L'Arcadia? La sua stanzetta “grigia”? [Sì, questa è una stoccata e neanche tanto sottile: ho la buona abitudine d'informarmi!]. “Coltivare nell'ombra”? E chi/che cosa coltiva? Vampiri? Non lo sa che TUTTO per crescere necessita LUCE? Luce e voci e corpi! Non è difficile da capire. Mi auguro, nel fondo più profondo del mio femmineo cuoricino, che le Sue poesie vendano - e non sia parte della parte che si lamenta e basta. Perché se la Poesia, oggi, non ha pubblico è [anche] colpa di tutti questi “pregiudizi scenici”. Sì, Signor Luca Benassi, resti a coltivare nell'ombra, nell'aurea nicchia della cerchia cólta/còlta e ristretta. Nell'ovatta dei “titolati accademici”. La fàtica/fatìca di prestare polmoni e provare pupille - perché la Luce non si spenga per sempre, la lasci pure a noi! La lasci pure a chi, come me, è una Puttana, Puttana come quella Puttana di Emma Bovary, Puttana come il Personaggio che molte Personae non si possono permettere! PROUD TO BE LOUD!
Chiara Daino www.chiaradaino.it