Dopo l'accesa polemica nata lo scorso dicembre fra il pianista Giovanni Allevi e il cosiddetto gotha della musica classica italiana (diatriba della quale anche TellusFolio si è occupato: Claudio Di Scalzo: Riccardo Muti e Uto Ughi contro Giovanni Allevi, in Calamaro gigante, 16/03/2009) e in questi giorni parzialmente rinfocolata in occasione del concerto che il pianista terrà domani all'Arena di Verona, spiace concludere che, ad eccezione di frecce infuocate tra le due parti contrapposte, lo scontro non ha portato né porterà ad alcun epilogo costruttivo. Anzi, grida e offese hanno in fondo abbastanza annoiato e le posizioni dei contendenti e dei loro rispettivi partigiani, arroccati alla tradizione o convinti sostenitori della filosofia dell'a me piace, si sono dimostrate quanto mai granitiche. Con il risultato seguente: il mondo della musica classica propriamente detta, quella di teatri e conservatori, appare oggi ai non addetti ancora più distante e impenetrabile. Quasi sprezzante. Dall'altra parte Giovanni Allevi vende sempre più biglietti, cd e libri. Corollario ancor più deprimente: davanti agli occhi e alle orecchie del pubblico, la musica italiana “seria” risulterebbe vivere soltanto nell'archetto di un sussiegoso violinista e/o nelle prodigiose dita di un pianista-compositore-filosofo-scrittore.
Ma cosa pensa chi, al termine della battaglia, rimane solo sulla piana deserta? Perché, sia chiaro, vi sono alcuni che, se non si schierano con Allevi e definiscono le sue composizioni orecchiabili motivetti da sottofondo per ristoranti, nemmeno parteggiano per Ughi o per Muti, divinae auctoritates! E trovano anzi drammatico il nulla a cui si è voluto ridurre la nobile arte dei suoni come se, appunto, altro non fosse che partitura piuttosto povera e banale oppure territorio blindato dal quale i suddetti inesperti sono condannati con scherno a rimanere esclusi.
Inutile perdermi nel trito lamento per la voragine culturale in cui l'Italia è precipitata ormai da tempo, tuttavia questo è l'autentico dramma, il nodo centrale della questione: finché la musica non verrà insegnata con passione e competenza nella scuola dell'obbligo, a partire dalle elementari, finché non vi sarà dunque la giusta considerazione di quest'arte che merita un posto di massimo rilievo nel bagaglio culturale d'ognuno di noi, così come letteratura o storia dell'arte (e in Europa, anzi in tutto il mondo, sembriamo gli unici a non intenderne l'importanza), finché la sua conoscenza - teorica, storica e pratica - sarà affidata all'iniziativa o alla buona volontà di pochi (magari per tradizione familiare, magari per puro caso), bene, allora ogni discussione appare vana.
Cosa me ne faccio io delle critiche di Ughi ad Allevi, se non conosco Beethoven, se non ho mai sentito, magari con un'appropriata guida all'ascolto, un'intera sinfonia di Mozart, se nessuno mai mi ha spiegato che fra un movimento e l'altro di un quartetto oppure di un concerto, che so, per pianoforte, non bisogna, non ha senso applaudire? E soprattutto cosa posso capire quando questi venerati maestri continuano a parlarsi fra loro, criticando le canzonette con incomprensibile vocabolario?
La musica classica come ogni arte, in fondo, può essere apprezzata a più livelli. Non è certo necessario conoscere il pentagramma per commuoversi sulle note di Brahms o di Ravel. Così come non dobbiamo essere tutti grandi letterati per beneficiare dei versi di Pascoli o altrettanto grandi storici dell'arte per rimanere senza fiato di fronte al miracolo della Cappella Sistina.
Penso, tuttavia, che ciascuno di noi, con delle conoscenze pur minime, potrebbe esprimere un giudizio fondato su basi un poco più solide. Allevi potrà anche continuare a piacere, sono però dell'idea che tutta una larga fetta di pubblico non accetterebbe né apprezzerebbe oltre la favola della Rinascenza musicale italiana della quale egli stesso per primo si incorona massimo, anzi unico esponente (con certa innegabile tracotanza). Molto probabilmente saremmo assaliti quanto meno da un dubbio: davvero questa è la musica classica? Davvero vogliamo chiamare i suoi brani nuove sonate, i suoi pezzi arrangiati per orchestra nuove sinfonie, nuovi concerti per pianoforte solista? Allevi è un musicista, nessuno vuole togliergli meriti, riempie i teatri, sa emozionare (come dicono i suoi fedelissimi estimatori)... tutto vero, ma chiamiamo le cose con il loro nome o almeno non chiamiamole con il nome sbagliato!
Allevi non è classica, Bocelli non è lirica, Moccia non è letteratura: così suona il titolo di un gruppo che girava su Facebook qualche mese fa! Dopo aver letto un romanzo di Bassani, di Fenoglio, di Moravia oseremmo mettere Tre metri sopra il cielo allo stesso livello degli Indifferenti, del Partigiano Johnny? Leggiamo Moccia spensierati e alleggeriamoci dalle pesantezze quotidiane, ma non aggiungiamo altro!
Concludo con una proposta d'ascolto, ché un intervento composto di sola pars destruens risulta sempre troppo comodo e facile. O comunque un po' triste.
Ci sono anche altri artisti, altri compositori oggi, in Italia, che meritano attenzione e ammirazione. Magari non scatenano il fenomeno mediatico di Allevi (anche in virtù di un loro contegno), così come non hanno l'ardire d'essere definiti novelli Mozart, tuttavia sono musicisti originali, geniali e vivaci. Probabilmente più meritevoli d'essere considerati effettiva novità di spessore. E forse una terza via fra l'intrattenimento di Allevi e la grandezza dei maestri del passato. Mi permetto di proporne uno, il violoncellista e compositore Giovanni Sollima.
Sara Pozzato
Video-clip in due tempi, Daydream
www.youtube.com/watch?v=ldPf3yqq3-8
www.youtube.com/watch?v=I3NkQ00_ZbI&feature=related
Video intervista, Le architetture del jazz
www.youtube.com/watch?v=UgmzwGhOa2s
Web-site personale
www.giovannisollima.it