Pubblichiamo integralmente di seguito, con qualche piccola nota esplicativa, il testo della sentenza n. 2513/08 della Corte d'Appello di Milano, che ha ribaltato il giudizio di primo grado. Notificataci dall'Avv. Venosta a fine febbraio, dopo la sua lettera pubblicata nella scorsa edizione, con precetto per il pagamento di quanto disposto, la sentenza è stata da noi impugnata in Cassazione il 4 marzo, con l'assistenza dell'Avv. Franca Alessio.
Ci scusiamo per lo spazio che prende tale pubblicazione, ma non vogliamo lasciare nemmeno l'ombra del dubbio che si voglia occultare qualcosa. E poi, così, faremo contento anche l'Avv. Venosta, con il suo assistito.
REPUBBLICA ITALIANA/ IN NOME DEL POPOLO ITALIANO/ LA CORTE DI APPELLO DI MILANO/ SEZIONE SECONDA CIVILE/ in persona dei Magistrati/ Dott. Giacomo Deodato – Presidente/ Dott. Raffaella d'Antonio – Cons. est./ Dott. Amedeo Santosuosso – Consigliere/ ha pronunciato la seguente
SENTENZA/ nella causa civile promossa in grado d'appello con citazione notificata in data 17 febbraio 2005 a ministero aiutante ufficiale giudiziario dell'Ufficio unico notificazioni di Milano, e decisa il 25 GIUGNO(1) 2008
TRA/ SANSI ENEA, COOPERATIVA LABORATORIO SOCIALE a r.l., MOTTARELLI VANNA, elettivamente domiciliati in Milano, presso l'avv. Bressan, via Perosi 1, dalla medesima rappresentati e difesi, giusta procura in atti/ Appellanti
E/ COTTICA MARCO, domiciliato in Milano presso l'avv. Motta, via F. Hayez 16, dal medesimo rappresentato e difeso, unitamente all'avv. Venosta del Foro di Sondrio, giusta procura in atti/ Appellato
CONCLUSIONI DEI PROCURATORI DELLE parti/ come da fogli allegati/ (...)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il commercialista dr. Marco Cottica conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Sondrio la dr. Vanna Mottarelli, Enea Sansi e la Cooperativa Laboratorio Sociale Labos, perché fossero condannati in solido al risarcimento dei gravi danni subiti in conseguenza della pubblicazione sul periodico “I GAZETIN”, nei numeri di settembre, ottobre, novembre, dicembre 2000, gennaio ed aprile 2001, di alcuni articoli, considerati gravemente lesivi dell'onore e della reputazione di esso attore.
A sostegno della pretesa avanzata, il Cottica premetteva di essere stato nominato, nel dicembre '97, curatore del fallimento della società Gianoncelli S.n.c., nonché dei soci illimitatamente responsabili Franco e Peppino Gianoncelli. Sebbene l'attività di curatela da lui svolta fosse stata imparziale ed rispettosa della deontologia professionale, egli fu scretitato(2) dalla predetta campagna di stampa al punto che il suo nome “divenne simbolo di persecuzioni, di soprusi e di prevaricazioni...”.
Costituitasi in giudizio, la Mottarelli eccepiva preliminarmente la carenza di legittimazione attiva e passiva, sia perché l'eventuale diffamazione sarebbe stata diretta verso il curatore in quanto tale, e non verso il commercialista in proprio, sia perché essa rivestiva la qualità di presidente del comitato territoriale <Insieme per la Giustizia>, effettivo autore degli articoli incriminati.
Nel merito, sosteneva la fedeltà di quanto pubblicato con il comportamento tenuto dal Cottica riguardo alla(e) varie controversie inerenti il Fallimento Gianoncelli, richiamando comunque i principi affermati dalla Cassazione a proposito del diritto di critica.
Analoga linea difensiva assumevano il Sansi e la Labos.
Con sentenza n. 555/03, il Giudice adito rigettava la domanda attorea, ritenendo che le diverse pubblicazioni potessero rientrare a buon diritto nel corretto esercizio del diritto di critica; rigettava la domanda dei convenuti di condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c.; compensava interamente fra le parti le spese di lite.
La decisione veniva impugnata dai convenuti Sansi e Mottarelli, quest'ultima insistendo sull'eccezione di carenza della sua legittimazione passiva, entrambi sulla condanna del Cottica al ristoro dei danni per lite temeraria.(3)
Resisteva l'appellato, il quale spiegava impugnazione incidentale volta alla riforma della statuizione relativa all'an della vertenza, stante il carattere a suo dire diffamatorio degli articoli de quibus, e protestando le spese di giudizio.
Dopo lo scambio tra le parti degli atti defensionali previsti dal combinato disposto degli artt. 352 e 190 c.p.c., la causa è stata decisa nell'odierna udienza collegiale, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe trascritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La fattispecie in esame, stante la sua complessità, esige un approfondimento non compiutamente effettuato dal primo Giudice.
1) Preliminare alla disamina della sostanza dell'impugnazione appare la valutazione dell'eccezione preliminare ribadita dalla Difesa della Mottarelli nel presente grado.
Sostiene dunque la Difesa di quest'ultima che il Tribunale avrebbe “fornito una falsa interpretazione delle norme che regolano i comitato e la responsabilità solidale e illimitata dei suoi componenti”, la cui responsabilità in tanto sussiste in quanto sia stata previamente accertata la responsabilità i capo al comitato medesimo (pag. 4 atto d'appello).
Pertanto, la citazione introduttiva avrebbe dovuto essere notificata al Comitato, in persona dell'allora Presidente pro tempore Stefano Bertelli.
Reputa la Corte che l'impostazione difensiva della Mottarelli sia fuorviante.
La legittimazione passiva della stessa trae origine dalla sua appartenenza al comitato suddetto, ai sensi dell'art. 41 c.c., che non prevede alcun criterio di priorità nell'accertamento della responsabilità anche per atti illeciti tra l'ente in quanto tale, ed i singoli membri del comitato, privi di personalità giuridica, pur se dotati di un minimo di autonomia patrimoniale ed organizzativa (analogamente, del resto, alla società semplice). (cfr. in subiecta matera, Cass. n. 6032/94; n. 134/82).
Non incide sul problema qui dibattuto il profilo della capacità processuale del comitato, pacificamente spettante al suo presidente ex art. 41, secondo comma c.c.(4)
2) Il merito della vertenza, devoluto all'esame del Giudicante dell'appello incidentale del Cottica – e la cui disamina è prioritaria rispetto all'appello principale –, richiede un analitico esame degli scritti incriminati.
Come s'è anticipato nella parte espositiva, gli articoli si susseguono nell'arco cronologico settembre 2000/aprile 2001.
a) Nel primo articolo, premesso l'intendimento di “pubblicare... gli aspetti più salienti delle vicende... collegate al fallimento della società commerciale Snc. Di Gianoncelli Franco, Peppino e Bruno...” viene direttamente imputato al curatore Cottica di operare malamente, a danno della madre dei falliti Lina Moretti “trincerandosi dietro pesudo-interessi del fallimento”, e così chiedendo al G.D. Fanfarillo l'autorizzazione alla vendita all'asta degli immobili, senza “attendere il deposito della sentenza”, come sarebbe stato suo preciso dovere.(5) Peraltro, l'articolo risulta titolato in grassetto(6) <Fallimentopoli... oh, che bell'affare! ...appello al Presidente del Tribunale di Sondrio e invito a non lasciar passare sotto silenzio l'ignobile prevaricazione nei confronti della signora Lina Moretti>.
b) l'argomento veniva brevemente ripreso,(7) con contestuale preannuncio di ulteriori approfondimenti nel numero successivo,(8) nell'articolo del novembre 2000, titolato “SCONCERTO PER IL PROVVEDIMENTO GD FANFARILLO. SENZA PENSIONE I GIANONCELLI”. Così imparano a mettere in piazza, anzicchè(9) subire in silenzio, tutte le prevaricazioni subite?” ???
c) Con l'articolo del dicembre 2000, si sottolineava come “i falliti, non potendo contare sulla collaborazione del curatore” erano stati costretti a muoversi autonomamente, inoltrando segnalazioni a diversi organi giudiziari a proposito del rimborso dei crediti di imposta. Più oltre si protestava perchè “gli immobili erano stati messi all'asta <tentando> un primo esperimento, andato deserto, e ritentando, con ribasso di oltre 200 milioni (circa 10 anni di pensione di entrambi i fratelli Gianoncelli!) un secondo esperimento, pure andato deserto. È lecito presumere che possa esservi un terzo tentativo,con un ulteriore ribasso di 200 milioni e così via. ...togliere il pane di bocca a Franco e Peppino non serve certamente a sollevare le sorti del fallimento”.
d) Nell'art. del gennaio 2001 – titolato <FALLIMENTOPOLI. LA PARADIGMATICA VICENDA DELLE PENSIONI DEI GIANONCELLI. ILLUSTRISSIMI DEL TRIBUNALE: E SE FOSSERO I VOSTRI FIGLI? Un vero e proprio accanimento, senza un attimo di tregua, contro i malcapitati di turno con una tempistica che riduce il rito della giustizia alla stregua di una partita a scacchi una fredda teoria di mosse e contromosse> – l'autore(10) dello scritto si dilungava sulla tempistica della procedura fallimentare in corso, sulla questione dei crediti d'imposta, sulla legittimità del principio affermato dal tribunale secondo cui i debiti d'imposta eventualmente versati in eccedenza dai falliti competono al Fallimento, anzicchè ai falliti in proprio. E concludeva con la seguente pleonastica domanda: “Quanto dovranno ancora soffrire i signori Franco e Peppino Gianoncelli? Siamo veramente sicuri che tutto quanto accaduto rientri nella piena legalità?” La nostra associazione ha intenzione di scoprirlo, segnalando i fatti all'autorità competente...
Vorremmo rivolgere una domanda a coloro che, forti del potere, fanno del male alle persone deboli e indifese: se un giorno i vostri figli o i figli dei vostri figli si trovassero in difficoltà e incontrassero sul loro cammino persone come voi, ne sareste felici?”.
e) sul numero dell'aprile 2001 compare in grassetto il titolo: “BASTA PERSECUZIONI ALLA FAMIGLIA GIANONCELLI!!!”. Nel corpo dello scritto viene sintetizzata ex novo la vicenda del fall.to Gianoncelli, precipuamente sotto il profilo del rimborso del credito IRPEF, criticando aspramente il Cottica (che, nonostante il contrario avviso del giudice, aveva intimato all'Istituto San Paolo IMI di indennizzare il Fall.to dell'importo di lire 10.000.000 pagato a Gianoncelli Franco per il tramite della figlia Patrizia, totalmente estranea alla procedura fall., mandando conseguentemente in rosso il c/c personale di questa). “Come ha potuto il curatore intraprendere simile arbitraria iniziativa – concludeva l'articolista(11) con indignazione? ...gli scriventi organismi non sono disposti a tollerare oltre questo stillicidio di persecuzioni nei confronti di una famiglia che ha avuto il coraggio di difendere con le unghie e con i denti i propri diritti...
Chiediamo con forza al presidente del Tribunale ed al Procuratore della Repubblica di assumere iniziative di loro competenza per far cessare queste aberranti persecuzioni”.
f) infine, ne “I GAZETIN ULTIMA EDIZIONE! del 12 gennaio '01(12) viene pubblicato un articolo assai ampio nel quale si riassume la “kafkiana procedura fallimentare” che avrebbe pesantemente nuociuto ai fratelli Gianoncelli, tramite <un susseguirsi di atti e provvedimenti del Giudice delegato e del curatore, sui quali si può dire ogni cosa, ma non certamente che brillino per linearità, coerenza e correttezza>.
Tutto ciò premesso in fatto, la Corte osserva quanto segue.
Sul piano generale, non si rende certo un buon servizio alla Giustizia screditandone le istituzioni, come inequivocabilmente è stato fatto dagli appellanti principali con le pubblicazioni dianzi elencate.
Gli operatori del diritto sono ben consapevoli dei limiti della normativa cui hanno giurato di conformarsi nell'esercizio della 'iuris dictio'.
Tuttavia, nel sistema normativo italiano non è consentito (come invece nei paesi anglosassoni) di discostarsi dalle norme vigenti per 'creare' un quid novi, che potrebbe magari adattarsi maggiormente alle esigenze del caso concreto.
Ciò posto, è d'uopo richiamare i principi fondamentali in materia di diffamazione a mezzo stampa.
Come è noto, i parametri idonei a valutare l'offensività delle espressioni adoperate possono considerarsi ormai cristallizzati, alla stregua dei criteri dettati dalla Corte di Legittimità da un decennio a questa parte.
Il diritto di cronaca si sostanzia nel “potere/dovere conferito al giornalista di portare a conoscenza dell'opinione pubblica fatti, notizie e vicende interessanti la vita associata”, costituendo espressione del principio della libertà di stampa proclamato dall'art. 21 della Carta Costituzionale, pur con il temperamento sancito dall'art. 2 relativo alla esigenza di tutela dell'onore delle persone, concepito come diritto inviolabile dell'uomo.
La giurisprudenza di legittimità e di merito, sviscerando la relativa problematica, è pervenuta alla individuazione di tre condizioni in presenza delle quali la diffusione di notizie potenzialmente lesive dell'onore e della reputazione di una persona perde la sua connotazione di illiceità, costituendo esercizio del diritto di cronaca.
Tali condizioni sono: a) la verità della notizia pubblicata; b) l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto; c) la c.d. Continenza, ossia la correttezza formale dell'esposizione.
La verità della notizia pubblicata, intesa come verità sostanziale, vale a dire come correlazione rigorosa tra il fatto accaduto e la notizia pubblicata, è richiesta sia dall'art. 8 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 (sulla stampa), oggi sostituito dall'art. 42 legge 5 agosto 1981 n. 416, sia dall'art. 7 legge 14 aprile 1975 n. 103 (sulle diffusioni radio-televisive) e soddisfa alle esigenze dell'informazione e quindi alla ratio dell'art. 21 della Costituzione, integrando l'esimente dell'art. 51 c.p.
Solo la verità sostanziale della notizia diffusa rende pertanto non antigiuridica, nel concorso delle altre due condizioni della pertinenza e della continenza, l'eventuale lesione della reputazione altrui (Cass. Pen. 14 dicembre 1993; 27 aprile 1992, imp. Melchione; 6.6.88, imput. Beria d'Argentine).
Orbene, la verifica volta ad individuare la sussistenza nella fattispecie dei requisiti indicati conduce a conclusioni nettamente negative.
Giova rammentare in proposito il principio più volte affermato dalla Corte Regolatrice “...secondo il quale la valutazione del carattere diffamatorio o non di uno scritto o di altra manifestazione del pensiero si pone, per il giudice che deve adottarla, come valutazione di un fatto: falsificazione o manipolazione della considerazione che le qualità di una persona determinata hanno in un contesto sociale” (Cass., terza sez. civile, sent. 17.10.97).
Sempre in argomento, “...in tema di diffamazione con il mezzo della stampa, qualora il fatto non sia già stato valutato in sede penale,(13) il giudice civile deve svolgere un accertamento preordinato alla verifica dell'esistenza dei presupposti della responsabilità civile e, in definitiva, di un danno risarcibile, presupposto ravvisabile nella consapevole diffusione, a mezzo dell'organo di informazione, del fatto determinato, lesivo dell'onore e del prestigio del soggetto passivo, nel danno e nel discredito che ne è a quest'ultimo derivato, e nella esistenza di un nesso di adeguata causalità tra la condotta e l'evento indicati, con la conseguenza che l'esimente del diritto di cronaca sarà invocabile, da parte del giornalista, solo all'esito di un rigoroso controllo dell'attendibilità della fonte, della verità sostanziale dei fatti(14) oggetto della notizia della manifestazione del pensiero e delle idee secondo canoni deontologici di correttezza professionale e secondo criteri di non distorsione della notizia, attraverso la sua correlazione con altre informazioni ed affermazioni che risultino, non già del tutto gratuite od immaginarie, ma utili alla migliore comprensione dei fatti riportati...” (Cass. Sent. n. 9746/2000).
Assume tuttavia la Difesa degli appellanti che nel caso di specie la continenza, nei suoi due profili, sarebbe stata rispettata, perché il diritto di critica, per sua stessa natura, non soggiace ai limiti rigidi fissati in generale per la cronaca, sicchè la valutazione della continenza si attenua per lasciare spazio all'interpretazione soggettiva dei fatti raccontati per svolgere le censure che si vogliono esprimere. Tale tesi, sebbene accolta dal primo Giudice, non è condivisibile.
È ben vero che il diritto di critica, rispetto al diritto di cronaca, consente l'uso di un linguaggio più pungente ed incisivo; in ogni caso però le espressioni usate non devono trasmodare in affermazioni verbali gratuite, miranti, non a corroborare i fatti esposti, bensì solo ad ingenerare nel lettore un giudizio di disvalore sociale della persona.
Orbene, con riferimento all'operato del curatore, è innegabile che ne sia stata lesa la reputazione con espressioni ingiuriose (sopra riportate) che non si conciliano neppure con l'esercizio del diritto di critica: il quale, pur se svincolato dai rigidi parametri fissati dalla giurisprudenza di Legittimità per il diritto di cronaca, deve comunque essere mantenuto nei limiti della continenza formale e sostanziale.(15)
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Non si possono consentire, senza trasmodare appunto nell'ingiuria gratuita, espressioni come “aberranti persecuzioni”(16) poste in essere sia dal giudice(17) che dal curatore nei confronti di “persone deboli e indifese”, esposte all'indiscriminato abuso del potere da parte appunto degli organi fallimentari; oppure giudizi 'tranchant' del tipo di quelli rivolti al G.D. e al curatore dalla Mottarelli e dal socio Sansi nel numero ''I GAZETIN' (mancanza in costoro di linearità, correttezza e coerenza).
L'accusa di 'affamare i falliti' (nel numero di dic. 2000) senza nessun vantaggio per il fallimento, o di operare al di fuori della legalità (genn.2001), prevaricando (“senza pensione i Gianoncelli. Così imparano a mettere in piazza... tutte le prevaricazioni subite?”: nov. 2000), rivolta sia al curatore sia al G.D., sono del pari infamanti per un organo cui è delegata una funzione fondamentale per l'equilibrato svolgimento della procedura fallimentare.
Né si legittima la manipolazione delle sequenze della procedura medesima effettuata ad arte dalla Mottarelli (commercialista dei Gianoncelli e quindi esperta dei relativi meccanismi), idonee come tali a creare confusione e malanimo nella generalità dei lettori, cui la Legge Fallimentare è completamente ignota.
La vendita all'asta di immobili oggetto del fallimento concreta una modalità tipica per tentare di guadagnare liquidi con cui soddisfare i creditori del fallimento. Ed il ribasso volta a volta stabilito del prezzo base è del pari previsto per rendere appetibili beni che diversamente rimarrebbero invenduti.
E che dire, infine, della pesante accusa indirizzata al curatore e al G.D.,(18) indicati come emblema di crudeltà assolutamente da evitare: “se un giorno i vostri figli o i figli dei vostri figli si trovassero in difficoltà e incontrassero sul loro cammino persone come voi, ne sareste felici?”.
Alla stregua delle svolte considerazioni, reputa la Corte che debba essere ritenuta la diffamazione ai danni di Cottica (unico a dolersene), perpetrata con la pubblicazione degli articoli predetti, non potendo riconoscersi agli appellanti la scriminante del diritto di cronaca e di critica da essi invocata.
In ordine al 'quantum' risarcitorio, precipuamente alla luce del più recente orientamento giurisprudenziale in tema di danno morale (cfr. sent. Corte Cost. n. 233/03; sent. Corte di Cassazione, 3° sez. n. 4783/01; Sent. Tribunale Penale di Agrigento n. 191/01; sent. Tribunale penale di Locri n. 462/00; sent. Giudice di Pace di Torino 21.3.01 Lop/Ospedale Mauriziano di Lanzo Torinese), pare equo riconoscere al Cottica la somma di €. 10.000,00 in moneta attuale, con interessi legali dalla data del fatto (aprile 2001) al soddisfo.
3) L'accoglimento dell'appello incidentale comporta il rigetto di quello principale, non essendo configurabile la pretesa lite temeraria nell'ipotesi di ritenuta fondatezza della domanda attorea.
4) L'esito del giudizio di merito si riflette sul regolamento delle spese giudiziali, destinate a gravare sugli appellanti principali, soccombenti in toto. Tali spese si liquidano – quanto al primo grado – in complessivi EURO 6.320,00 di cui 620,00 per spese borsuali, 1.700.000(19) per diritti di procuratore, lire(20) 4.000,00 per onorari di avvocato, oltre accessori come per legge, e – quanto al secondo – in complessivi EURO 5.800,00 di cui 1.800,00 per diritti di procuratore, e 4.000.000(21) per onorari di avvocato, oltre accessori come per legge.
P.Q.M./ LA CORTE/ definitivamente pronunziando sulle contrapposte impugnazioni, in parziale riforma della sentenza n. 555/03 resa inter partes dal tribunale di Sondrio, ogni contraria domanda ed eccezione reietta, così provvede:
ACCERTA/ il carattere diffamatorio nei confronti di Marco Cottica degli articoli pubblicati sul settimanale “I GAZETIN”, nei mesi di settembre 2000/aprile 2001;
CONDANNA/ Vanna Mottarelli, Enea Sansi e la Cooperativa Laboratorio Sociale a r.l., in via tra loro solidale, a pagare al Cottica a titolo risarcitorio la somma di € 10.000,00 in moneta attuale, con interessi legali dalla data del fatto (aprile 2001) al soddisfo;
RIGETTA/ l'impugnazione principale;
CONDANNA/ Vanna Mottarelli, Enea Sansi e la Cooperativa Laboratorio Sociale a r.l. a rifondere al Cottica le spese del giudizio di merito, come sopra liquidate rispettivamente in complessivi EURO 6.320,00 e 5.800,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso a Milano, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte d'Appello, in data 25(22) giugno 2008.
IL PRESIDENTE/ F.to Giacomo Deodato
IL CONSIGLIERE ESTENSORE/ F.to Raffaella d'Antonio
Ampia documentazione sulla vicenda del “caso Gianoncelli”
è disponibile su internet al seguente indirizzo:
http://labos.valtellina.net/gazetin/Gianoncelli0.htm