Viaggiare è vedere, conoscere e scoprire. Ciò che io racconto in queste pagine del mio viaggio in Turchia, attingendo notizie dai miei ricordi, da appunti e da testi non vuole essere esaustivo, ma solo un’informazione che io spero si muti in qualcosa di tangibile e reale per tutti, e vorrei che a tutti arrivasse la mia emozione.
Istanbul è città meraviglia della natura e dell’uomo.
Quando nel 658 a. C. un gruppo di coloni Dori, guidati dal re Bizante fondarono una colonia sulla sponda europea del Bosforo, certamente non pensarono che stavano dando vita a una delle città più incantevoli che si possa immaginare; l’unica città che si estende su due continenti: Europa e Asia. Città che coniuga mirabilmente l’antico: splendido e monumentale col moderno: frenetico e frizzante.
Città millenaria per storia, arte e cultura dove lo stile turco s’incrocia con eleganza con quello bizantino e ottomano.
Istanbul, Costantinopoli, l’antica Bisanzio, fu la città capitale dell'Impero Romano (330-395), dell'Impero Romano d’Oriente (Impero Bizantino) (395-1204 e 1261-1453), dell'Impero Latino (1204-1261) e dell'Impero Ottomano (1453-1922).
Istanbul è una città mutevole; il suo volto cambia a seconda della prospettiva da cui si osserva ma l’ora magica è il tramonto, quando la luce rosseggiante gioca coi colori dell’acqua e dell’aria, allora ogni definizione è inesprimibile ma non la sua presenza viva nel cuore.
Istanbul moderna si trova al di là del ponte di Galata e presenta la vivacità delle città moderne con le sue costruzioni a grattacielo, per far posto ai 13 milioni di abitanti presenti sul territorio.
Lo spettacolo che la città offre a chi la guarda dal ponte è unico: chiese cristiane, moschee musulmane, torri genovesi, palazzi lussuosi, orologi che segnano l’ora della morte di Mustafa Kemal Ataturk, casine di legno come sospese sull’acqua, meravigliosi tulipani che ornano i giardini. Il tulipano è il fiore nazionale turco e in diverse zone della città si trovano sculture molto originali che lo rappresentano.
La città si sviluppa sulle sponde del Bosforo, lo stretto che divide l'Europa dall'Asia e che unisce il Mar Nero al Mar di Marmara, e sul Mar di Marmara stesso. Il centro storico si affaccia sul porto naturale detto “Corno d’oro”, sulla riva europea del Bosforo.
Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1453 il sultano entrò nel Bosforo con settanta navi da guerra, aggirò il Corno d’Oro, facendo scivolare le sue navi su assi unte di grasso, lanciò un ponte di barche tra l’una e l’altra sponda del Corno e attaccò la città su tutti i fronti. I greci la difesero eroicamente ma il sultano entrò in città. Dopo la conquista, la città incomincerà a chiamarsi Istanbul.
Maometto II il Conquistatore trasformò Santa Sofia in moschea, abbellendola con altre opere d’arte: un pulpito in marmo finemente traforato, il coro, la loggia per il sultano, ma, in ossequio alla dottrina islamica che non ammette nella moschea l’effige umana, fece ricoprire di intonaco i mosaici bizantini e fece costruire altre undici moschee insieme al palazzo imperiale, che in seguito si chiamerà Topkapi.
Meraviglia per gli occhi è Santa Sofia che significa: Divina Sapienza.
La "basilica d'oro" di Santa Sapienza (Aya Sofia) è il simbolo della storia millenaria di Istanbul. Eretta da Costantino e consacrata dal figlio Costanzo nel 360 alla Sapienza divina, l’attuale struttura risale a Giustiniano che ne volle fare il centro del potere religioso dell'Impero Bizantino.
All'interno, la Basilica mostra tutto il suo splendore, derivante da 1500 anni di storia. Per la sua costruzione, diecimila operai lavorarono sotto la guida degli architetti Artemio di Tralle (Aydin) e Isidoro di Mileto e fu impiegato materiale fatto venire da ogni parte dell’impero come le otto colonne di marmo verde provenienti da Efeso, le otto colonne di porfido dal tempio di Giove Eliopolitano di Baalbek, altre colonne di granito dall’Egitto e mattoni leggerissimi cotti a Rodi.
La Basilica fu terminata in soli 5 anni. Il giorno dell’inaugurazione, Giustiniano vi giunse con il suo carro trionfale. Entrò, tenendo per mano il patriarca Menas, che lo attendeva nell’atrio e di fronte a tanto splendore, esclamò: «Gloria a Dio che mi ha ritenuto degno di compiere quest’opera. Ti ho superato, o Salomone!».
A Santa Sofia furono celebrati il secondo, il terzo e il quarto concilio ecumenico di Costantinopoli, in cui si ribadì la condanna di errori trinitari e cristologici (553), si definì l’esistenza di due volontà in Cristo (680-681) e si confermò il culto delle immagini (869-870).
Paolo Silenziario la descrive nella luminosità notturna:
«Questo splendore scaccia dall'animo tutte le tenebre.
Sia nel Mar Nero che nell'Egeo i marinai la guardano non solo come un faro, ma anche come una promessa d'aiuto divino».
La Basilica è a pianta centrale, e con una superficie di 7.570 metri quadri, si colloca al quarto posto dopo San Pietro, la Cattedrale di Siviglia e il Duomo di Milano. L’interno è dominato dalla cupola, alta 55 metri e con un diametro di oltre trenta. Dal centro partono quaranta costoloni con relative vele che si irradiano fino alle quaranta finestre, da dove entrava la luce che rischiarava le navate. Ma un tempo portatori di luce erano anche i sedicimila metri quadrati di mosaici d’oro, sparsi ovunque, anche nella cupola. Oggi, grazie al restauro in atto, possiamo ammirare parte dei mosaici, distrutti dagli iconoclasti e successivamente dai turchi ottomani per la proibizione islamica di riprodurre la figura umana.
Gli otto grandi scudi circolari con i nomi, in arabo, di Allah, di Maometto e dei primi sei califfi, la nicchia del mihrab che si apre nell’abside in direzione della Mecca, il mimber o pulpito e la loggia del sultano, all’interno della basilica, cosi come i quattro minareti all’esterno, mostrano che Santa Sofia è stata moschea.
Nel 553 e nel 557, forti scosse di terremoto ne indebolirono la struttura, ma il saccheggio più violento la città e la Basilica lo subirono nel 1200 a causa dell’esercito cristiano. Santa Sofia, nei tre giorni di saccheggio fu depredata delle sue opere, spogliata delle sue preziose icone, delle croci di pietre preziose, dei candelabri d’oro e d’argento, dei preziosi reliquiari, tutto fuso per farne monete.
Quando il 29 maggio 1453, i turchi ottomani conquistarono Costantinopoli, Maometto II entrò in Santa Sofia e per la prima volta si udì la preghiera del muezzin ad Allah. Fu allora che la Basilica venne trasformata in moschea con l’aggiunta dei minareti.
Con il XX secolo inizia la caduta dell’impero ottomano e nasce la repubblica turca.
Il primo presidente, Kemal Ataturk decise di trasformare la moschea in un museo bizantino-ottomano e nel 1932 diede inizio alla riscoperta dei mosaici affidandone la guida a Thomas Whittemore, dell’istituto bizantino d’America e meravigliosi mosaici d’oro stanno affiorando a gloria della Basilica e della città. Il mosaico più ammirato è quello che si trova sopra la porta interna, risalente al regno di Basilio II (976-1025), periodo di massimo splendore dell’impero bizantino: su di uno sfondo oro, la Vergine tiene il Bambino Gesù sulle ginocchia. Alla sua destra, Costantino I il Grande, le presenta il modello della città, a sinistra Giustiniano le offre il modello di Santa Sofia. I due imperatori sono in piedi su uno sfondo di mosaico verde. Le due scritte ai lati delle figure dicono: «Giustiniano illustre», l’una, e «Costantino, grande re fra i Santi» l’altra.
Santa Sofia fu costruita come: «...un Paradiso terrestre, un trono della divina magnificenza, una immagine del firmamento creato dall'Onnipotente...» e tale resta ancora oggi.
Santa Sofia abbaglia il visitatore oggi non solo per ciò che mostra ma per ciò che è stata e che rappresenta; il contatto con la sacralità è tangibile e mai si potrà cancellare dal proprio cuore la sua immagine, qualcosa di grandioso e di irripetibile nella storia dell’umanità. Questo è stato e sarà per me “Santa Sofia”.
A cura di Anna Lanzetta
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