«Ogni quadro deve raccontare qualcosa e far pensare lo spettatore», diceva Arnold Böcklin.
Il racconto che vi presentiamo ci è stato suggerito dal dipinto di W. Blake: Amleto e il fantasma del padre e da Amleto di W. Shakespeare (1564-1616): «Io sono lo spettro di tuo padre... Ascolta, ascolta, oh, ascolta!»
E ora ragazzi entrate con noi nel regno delle ombre e degli spiriti...
La vendetta del burattino
Era il decimo anniversario della morte del grande regista teatrale Markus Turner, discendente di una famosa famiglia di registi, produttori e attori teatrali. Markus aveva un figlio che aveva chiamato Arnold. Egli avrebbe voluto che il figlio diventasse un grande artista come lui e sin da piccolo, lo aveva proiettato nel mondo dello spettacolo, rimanendo comunque molto severo nell'educazione, poiché conosceva le rigide leggi del teatro. Arnold però, non avendo lo stesso genio dei suoi antenati, non era riuscito a diventare famoso con mezzi propri e metteva in scena vecchie opere scritte da suo padre, facendole passare come sue. Per questo si sentiva in colpa e i suoi incubi notturni erano tormentati dalla figura del padre che lo ripudiava. I suoi rimorsi e le sue paure rivivevano nei suoi sogni nei quali vedeva lo spirito del padre che lo derideva e lo scherniva, perché non aveva il suo stesso talento.
Quel giorno (che si sarebbe poi rivelato funesto), Arnold si recò prima in chiesa per la santa messa, e poi al teatro dove lavorava, per riprendere dei documenti. Appena entrato, avvertì qualcosa di strano e si sentì subito a disagio. Quel teatro era molto vecchio, infatti era stato costruito nel XVII secolo, in piena età barocca. All'apparenza il luogo era affascinante; le sue decorazioni in oro erano bellissime e davano una sensazione di grandezza e maestosità, ma anche di pace e tranquillità. Stranamente però quella sera tutto incuteva ad Arnold timore e preoccupazione. I grandi leoni bronzei, che sovrastavano la porta, sembravano fissarlo con uno sguardo pieno di disprezzo e i grandi dipinti, appesi alle pareti lo facevano sentire come un'insignificante formica tra esseri giganteschi. La platea gli sembrava molto più grande del solito e il freddo, che circolava per tutto il salone, gli dava i brividi e lo faceva sentire ancora più a disagio. Il teatro era buio e a lui sembrava ancora più tetro e cupo. Azionò l'interruttore, ma le luci non si accesero. Atterrito, pensò per un momento di scappare via, ma ripensandoci, la cosa gli sembrò stupida e infantile, quindi si fece coraggio e s'incamminò verso il palco con un'andatura veloce.
Aveva fatto soltanto pochi passi che inciampò su una trave dissestata e cadde a terra, battendo la testa. Mentre si rialzava a gran fatica, l'organo del teatro iniziò a suonare, senza che qualcuno lo guidasse, una musica lugubre e angosciante. Lentamente si diffusero anche le note di violini e violoncelli e in poco tempo un'intera orchestra iniziò a suonare dal nulla. Il sipario improvvisamente si aprì e decine e decine di burattini e maschere teatrali incominciarono a muoversi, animati da una forza sconosciuta. I burattini iniziarono ad avvicinarsi lentamente ad Arnold, che, dalla paura, non riuscì a muoversi e lo circondarono minacciosi, con negli occhi un'intensa luce rossa.
Uno dei burattini, il più grande e imponente tra tutti, indossava un abito elegante che lo faceva apparire più umano degli altri. I lineamenti del suo viso erano ben definiti e nel portamento sembrava essere il capo degli altri burattini. Il suo aspetto era familiare ad Arnold e gli ricordava qualcuno a lui molto vicino, ma non sapeva chi.
Con una voce profonda e autoritaria il burattino gli disse:
– Tu, figlio mio, hai macchiato l'onore di tutta la nostra famiglia e mi hai deluso profondamente! Non meriti tutta la fama che hai, poiché è solo grazie al mio nome se oggi sei così importante! Io non ti riconosco più.
Mentre diceva queste parole, i suoi occhi si illuminarono di un rosso ancora più intenso, maligno e sinistro tanto che Arnold terrorizzato non riuscì a pronunciare parola. Man mano anche gli occhi degli altri burattini si illuminarono e tutti insieme si gettarono su Arnold, come un'onda gigantesca, che nell'oceano affonda una piccola zattera, e iniziarono a soffocarlo con le loro manine, avvinghiandosi sempre più alla sua gola e ai suoi capelli. Arnold sopraffatto, non riusciva più a respirare; gli occhi gli lacrimavano e la testa gli stava per scoppiare. Iniziò a gridare e dal dolore chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, vide che si trovava ancora sul palco, ma solo, non c'era più nessuno e tutto era normale...
Francesco e Marco
1 – continua...