Con la sentenza n. 238 dello scorso 24 luglio, la Corte Costituzionale è stata molto esplicita: sia la Tarsu che la Tia non devono essere soggette ad Iva, perché non rappresentano un servizio dovuto a contratto ma una tassa che, di per sé, non si qualifica mai come corrispettivo di un servizio.
La sentenza è importante e problematica:
- Importante perché mette dei punti fermi sulla dicotomia tra Tarsu (tassa) e Tia (tariffa). Dopo che, con la legge 22/97, alcuni Comuni erano passati alla Tia, la situazione è stata congelata e solo a partire dal 31 dicembre 2009 le amministrazioni comunali che lo vogliono possono passare dal sistema a tassa a quello a tariffa. La Corte Costituzionale ha però fatto piazza pulita della anomala similitudine tra tassa e tariffa che aveva una unica sostanza: l'aggravio fiscale per il contribuente.
- Problematica perché mette tutte le amministrazioni comunali e l'Erario con le spalle al muro: a ritroso di cinque anni, oltre i quali scatta la prescrizione, il contribuente può chiedere il rimborso di quanto pagato illecitamente.
Milioni e milioni di euro che sono transitati dalle amministrazioni locali e finiti allo Stato. Gli analisti della stampa specializzata già si aspettano particolari provvedimenti da parte dell'amministrazione statale ed evitare così questo bagno di uscite dai Comuni ai contribuenti e dall'Erario ai Comuni. Siccome sappiamo come vanno spesso a finire queste cose, non crediamo di essere eccessivi se intravediamo all'orizzonte qualche mega-fregatura per i contribuenti tipo restituzione tassa sull'Europa: per esempio, tempi strettissimi per chiedere il rimborso in dispregio alle norme oggi vigenti sulle prescrizioni e con informazioni limitate e concentrate in periodi di bassa attenzione dei media (ferragosto, il giorno dopo un cataclisma ambientale, etc.), rimborsi solo in parte percentuale e non complessivi e con relativi interessi e danni (come avviene nella società civile quando le contese sono tra privati), e altre amenità tipiche del bagaglio statuale quando si tratta di rimediare a ciò che hanno sbagliato.
Cosa fare in questo contesto? Una cosa è fondamentale per mettere le mani avanti e dare valore legale da subito alla propria richiesta: mettere in mora l'amministrazione comunale tramite una raccomandata A/R in cui, citando la sentenza, si intima il rimborso del dovuto (anche in modo generico viste le difficoltà per i singoli a fare calcoli precisi), spese, interessi ed eventuali danni.
Qui le spiegazioni pratiche sulla messa in mora.
Poi, vedremo l'evoluzione dei fatti, cosa si inventerà l'Erario e quali altri tipi di consigli e azioni saremo in grado di fornire. Perciò è importante seguirci sul nostro sito Internet: www.aduc.it
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