(Sondrio, Red.) – Nell'estate di tre anni fa riferivamo su queste pagine «i contorni inquietanti di una storia paradossale» in un articolo intitolato «La paglia non è fieno». La vicenda riguardava, e continua a riguardare poiché a tutt'oggi non ha ancora trovato definizione, la realizzazione di manufatti abusivi con successiva “sanatoria” comunale in località Ronchi (Sondrio). A tempo debito torneremo sulla questione con aggiornamenti e sviluppi. Nel frattempo da alcuni mesi siamo venuti a conoscenza di un altro caso, simile per molti versi a quell'altro e sempre riguardante il comune di Sondrio, del quale ci stiamo documentando. Ve ne facciamo subito una “fotografia”, ripromettendoci di ritornarci con approfondimenti successivi.
Secondo la Procura e il Gip i garage realizzati in località Maioni 172 (Sondrio, frazione Mossini) sono regolari: le indagini si sono infatti concluse con l’archiviazione. La parte offesa, Giuliano Ghilotti (di professione Agente di Polizia Locale), è però del parere opposto: a suo avviso ci sarebbe abuso edilizio, in particolare per la mancanza della distanza di cinque metri dalla strada e dal confine di proprietà, non trattandosi di fabbricato accessorio. Il Ghilotti, a sostegno della denuncia in sede penale e del ricorso al T.A.R., aveva presentato una perizia che aveva commissionato a un tecnico di fiducia.
Secondo il denunciante ci sarebbero poi altri reati, a partire da un “falso” del tecnico asseverante sulla reale posizione della strada; l’Ufficio Tecnico avrebbe poi dichiarato la conformità dell’opera prima ancora di effettuare un sopralluogo e in seguito avrebbe falsamente descritto il fabbricato (che vediamo in fotografia) «un cordolo per il contenimento di terra vegetale sporgente dal piano di campagna per un’altezza variabile da cm. 15 a cm. 89…», dichiarando che la strada «non è individuata dal PRG come area per la mobilità» e asserendo l’esistenza di una “Convenzione” fra le parti, che in realtà non sarebbe tale.
Un Ufficiale di Polizia Giudiziaria del Corpo Forestale dello Stato (CFS) avrebbe chiesto l’archiviazione prima ancora di ricevere l’esito del sopralluogo dell’Ufficio Tecnico e senza avere contezza se il fabbricato fosse accessorio o no, quindi senza conoscere quali norme si dovessero rispettare. In seguito le indagini sarebbero state proseguite da altro ufficio del CFS, che giungeva anch’esso a chiedere l’archiviazione, ma – si legge nell'informativa (pag. 45 fascicolo) – «le conclusioni d’indagine sono state riscontrate/dedotte principalmente dalla relazione fornita dal Geom. B.L, che fa riferimento anche al sopralluogo dei tecnici comunali … che nel presente procedimento penale rivestono la qualità di indagati». Quindi, se non abbiamo capito male, le indagini hanno portato all’archiviazione basandosi soprattutto sulle relazioni e sul sopralluogo degli indagati per la medesima vicenda.
A seguito di un incontro del Ghilotti con l’allora Procuratore della Repubblica, le indagini conclusive furono da ultimo affidate al Comandante del CFS: sulla base della informativa di quest’ultimo, definita «dettagliata», si procedeva per l’archiviazione; il Ghilotti, però, lamenta un piccolo particolare: «L’informativa non esiste o, se esiste, non è agli atti, non è quindi visionabile dalla parte offesa».
L’istanza di riapertura delle indagini, depositata il 31 marzo scorso e inviata anche alla Procura Generale di Milano, individuerebbe numerosi reati (abuso edilizio, falso, omissioni di atti d’ufficio, abuso di ufficio, favoreggiamento) a carico dei proprietari, del tecnico asseverante, di due tecnici comunali ed un Responsabile di Servizio e di un Ufficiale di Polizia Giudiziaria del CFS. Nella stessa istanza si chiede di poter visionare l’informativa conclusiva “fantasma”.
Il Ghilotti si ritiene fiducioso che, alla fine, vincerà la verità.
(da 'l Gazetin, giugno 2009)