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Zeno Gobetti. Un risposta a “Perché no al PD (per ora almeno)”
23 Luglio 2009
 

Con l’intervento di Zeno Gobetti prosegue il dibattito cominciato con “Perché no al PD (per ora, almeno). Appunti per una discussione” di Valter Vecellio e proseguito con Annalisa Chirico, “PD/Radicali: contaminazione (già) in atto”.

 

 

Raccolgo l’invito a rispondere all’articolo di Valter Vecellio del 17 luglio “Perché no al PD (per ora, almeno). Appunti per una discussione” perché ritengo fondamentale che Notizie Radicali diventi uno strumento di dibattito e di stimolo per tutta l’area radicale. Quindi spero che ci siano molte risposte all’articolo.

 

Vengo al tema. Almeno dal 2006, con la Rosa nel Pugno, i radicali hanno deciso di schierarsi nel sistema bipolare italiano appoggiando il centro-sinistra. In particolare, si è deciso di appoggiare il governo Prodi nel 2006 e di candidare esponenti radicali nel PD nel 2008. Niente è per sempre in politica, in futuro potremmo trovare una sponda migliore a destra, come alcuni radicali pensano oggi, ma per ora la scelta è questa.

Intendo chiarire alcune questioni che mi sono posto e che, penso, molti radicali abbiano affrontato.

 

In primo luogo, credo sia necessario fare una riflessione sulla teoria delle “due gambe del Regime”. Sento spesso dire che PD e PDL sono uguali, la stessa partitocrazia, lo stesso modo di fare politica, lo stesso regime. Devo dire che questa chiave di lettura ha una suo valore. Certamente i due partiti condividono un certo modo di pensare la politica che si riferisce ad alcuni classici schemi della partitocrazia. La spartizione delle cariche e la lottizzazione della funzione pubblica riguarda entrambi. Tuttavia, come ho cercato di mostrare in altri articoli, non penso che siano uguali. Il PDL mostra una novità politica, dal mio punto di vista non positiva, che il PD non è in grado di rappresentare. Il PDL è un partito con una struttura completamente nuova. Alcuni lo hanno definito virtuale, altri mediatico, altri carismatico, ciò che conta è che non ha certamente la classica struttura di partito di massa (sezioni territoriali, milioni di iscritti, funzionari di partito, congressi dei delegati, regole, statuti ecc…). Una “macchina” politica completamente nuova che sfida una vecchia struttura di massa.

Quindi questi due partiti non sono uguali per quanto siano, in modi diversi, responsabili di quella che è stata definita “la Peste”.

 

In secondo luogo, si deve capire il perché della scelta per “i buoni a nulla”. Credo che il PDL rappresenti una macchina politica decisamente pericolosa e in questo periodo non possa in nessun modo fornire una sponda alle battaglie radicali. Credo che una macchina così efficiente non abbia alcun bisogno di noi. Il centro-destra non ha bisogno della nostra storia, dei nostri temi ne del nostro appoggio. Non lo cerca e non lo vuole. Anzi allo stato attuale gli sarebbe di impiccio.

Il PD, invece, è in una situazione opposta. Un partito che sente l’esigenza di cambiare le sue strutture e la sua organizzazione ma che non riesce a farlo. Un partito che ha bisogno di una identità e di una credibilità politica da spendere contro l’avversario. Un partito che vive sulla retorica del cambiamento e resta bloccato di fronte a qualsiasi novità. Perché quindi non hanno accolto i radicali? La risposta è semplice. Cambiare costa e molti nel PD non vogliono pagare questo prezzo. Sarà il tempo a chiedere il conto a costoro e, mi pare, che le prime rate per il PD siano già arrivate. Quindi una cosa è certa, o il PD cambia o muore politicamente. Ma quale cambiamento può scegliere il PD? Penso che siano di fronte a due strade. Una è la coalizione delle opposizioni parlamentari (PD-UDC-IDV). L’altra strada è l’apertura a sinistra (Radicali, Ps, Verdi, Rif. Comunista ecc.). Temo che, di fronte a questo bivio, decideranno di andare “fuoristrada” sperimentando entrambe le strade alle regionali del prossimo anno per testare quale funzioni meglio. È evidente che una opzione di questo tipo sposterebbe il problema nel tempo, forse peggiorando la credibilità politica del PD. Se alla fine decidessero di allargare all’UDC, noi saremo sulla lista nera, quindi a noi o resterà che accogliere i voti laici che migreranno dal PD. Se decidessero di aprire a sinistra saremo proprio noi gli interlocutori preferiti. Per quanto ci riguarda dobbiamo continuare a cercare ogni spazio possibile di intesa con il PD. Dal loro fallimento non verrebbe nulla di buono per le battaglie radicali.

 

Concludo, arrivando al dibattito sulla doppia tessera. Iscriversi per me ha un valore particolare. Come ho fatto per i radicali, prendere la tessera significa militare ed impegnarsi per un progetto politico. Capisco il valore strumentale della tessera del PD, ma non riesco ad oggi, a poter dire di voler militare per questo partito. Non nego di averci pensato, come molti radicali immagino. Ma mi basta ascoltare ciò che viene detto dagli esponenti più alti del PD per frenare questa tentazione. Detto questo desidero sottolineare che mi auguro vivamente ci siano le condizioni per la doppia tessera e che, se non oggi, in futuro il progetto del PD comprenda la storia radicale e possa anche farla propria. Come ho già detto, non vedo altre possibilità politiche praticabili. Quindi capisco quei radicali che hanno deciso di prendere la doppia tessera e di lavorare per la candidatura di Marino.


Zeno Gobetti

(da Notizie radicali, 23 luglio 2009)


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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