Il NO a Grillo ha tutta l'apparenza di una fuga in avanti per un panico adolescenziale che ha colpito i quadri, anche quelli inamovibili. Il panico del ridicolo, quello che colpisce gli insicuri che hanno conquistato abusivamente uno strapuntino e ci tengono molto: “Sic manebimus optime”.
Un partito, come lo vorremmo, non dovrebbe nutrire timori protettivi, anzi avrebbe dovuto accettare la sfida per mostrare il vero volto democratico che non teme il confronto. Avremmo riso in molti ai comizi di Grillo, avremmo preso atto di quanto dice, in attesa, e nella speranza, che gli stessi argomenti diventassero quelli dell'intero partito; ma al dunque non lo avremmo votato, magari ringraziandolo per il servizio reso.
Quamquam ridentem dicere verum quid vetat?
Che cosa vieta di dire la verità ridendo?
Ma il punto è che la verità non viene a galla negli ambienti seriosi, così nasce la paura della verità di chi ride (e fa ridere), forse temendo di finire nel mirino.
In una politica che esalta le ballerine, i nani, i clown (che tali sono, ma fanno finta di non esserlo), poteva benissimo esserci posto per un “grillo parlante”, coscienza critica di quella fascia della popolazione che non ha voce e non si riconosce nei “nominati” dalle segreterie dei partiti.
Fra poco ritroveremo in posizioni istituzionali il figlio di Bossi, che al quarto tentativo ha recuperato un 69/100 che gli regala la promozione alla maturità, con grande giubilo del padre (che non lo credeva possibile!); questo è un esempio di persona che fa ridere pur non sapendo fare neanche il comico, e dovremmo sorbircelo, altrimenti …la Lega si incazza e cade il governo.
Grillo non avrei votato, ma per mia scelta, non certo per una sorta di pavida ghettizzazione.
Rosario Amico Roxas