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Due registi dimenticati  
2. LUCIO FULCI, sempre bistrattato dalla critica
Lucio Fulci
Lucio Fulci 
11 Aprile 2006
 

Lucio Fulci nasce a Roma il 7 giugno del 1927, trasteverino di borgata che però proviene da una famiglia povera di antifascisti siciliani. Il nonno Ludovico era un senatore liberale aventiniano. La mamma di Lucio si sposa con un cugino attore che poi va nella legione straniera e per questo viene diseredata. Fulci vive in una famiglia composta per lo più da donne, dove gli uomini hanno un peso minore.

Fulci è il padre dell’horror italiano ma non solo, autore di film trucidi e sanguinolenti amati dal pubblico e disprezzati da quasi tutta la critica. Soltanto Gianni Canova ha tentato di rivalutarlo quando lui era vicino a morire. Barba ispida e sguardo torvo, da burbero incazzoso, è stato un uomo fortunato perché ha sempre fatto le cose che amava e quelle in cui credeva. Sfortunato invece per i problemi familiari e di salute che lo assillano per tutta la vita (passa gli ultimi anni vagando sui set con due stampelle) e pure perché ogni suo film viene massacrato dalla critica appena esce. Frequenta per tre anni il Collegio Navale a Venezia, poi si trasferisce con la famiglia a Roma e si iscrive al Liceo Giulio Cesare. A Venezia gioca a calcio nelle giovanili ed è un portiere piuttosto bravo che si fa una piccola fama dopo aver parato un calcio di rigore a Valentino Mazzola. A Roma continua a giocare a calcio ma comincia a frequentare pure ambienti intellettuali. In classe con lui ci sono il futuro pittore Achille Pertilli, Piero D’Orazio e Lucio Manisco (diventeranno corrispondenti RAI dall’America), Mino Guerrini (futuro regista e giornalista) e i fratelli Renda (fonderanno il Partito Radicale). In un’altra sezione dello stesso istituto c’è anche Pasquale Festa Campanile. Fulci, nel dopo guerra, scrive su La Gazzetta delle Arti, intervista De Chirico e si interessa di arte e pittura insieme all’amico Lorenzo Vespignani. Fulci e i suoi amici intellettuali sono tutti comunisti e insieme fondano la rivista Fabbrica. Fulci diventa amico di Elio Petri e con lui scrive due sceneggiature mai realizzate: Isolato 162 e Il settimo si riposa. Viene arrestato dopo l’attentato a Togliatti per aver manifestato e chiuso una saracinesca davanti all’entrata del Partito Comunista. Prende tre mesi con la condizionale.

Fulci da giovane è un animo ribelle, uno che non vuol mettere la testa a posto, tanto che i genitori lo cacciano di casa. La sua famiglia molto borghese non può allevare nel suo seno un rivoluzionario. Lui si mette a vagare per Roma, povero in canna con un maglione verde fuori e giallo dentro, che rigira quando vuole cambiare d’abito. Vive a casa di amici pittori, presenta spettacoli di jazz (la sua vera passione a parte il cinema) e scrive canzoni. In questo periodo conosce pure Luisa Federici, una donna bella e ricca che lo fa innamorare, ma alla fine i due si lasciano per via della differenza sociale. La separazione da Luisa è la spinta decisiva che lo porta a fare cinema e a iscriversi al Centro Sperimentale di Cinematografia. Fulci in questo periodo collabora al Messaggero come critico (è vice di Alfredo Orecchio), si occupa di cinema, arte e musica. Si laurea pure in medicina ma non eserciterà mai, il bisturi non fa per lui, né tanto meno la condotta medica. Utilizzerà le conoscenze anatomo-patologiche per le più riuscite sequenze dei suoi film gore e splatter. L’esame di ammissione al Centro Sperimentale di Cinematografia vede una giuria composta da Luchino Visconti (presidente), Umberto Barbaro, Michelangelo Antonioni, Pietro Germi, Lucio Battistrada e Antonio Pietrangeli. Viene ammesso con il massimo dei voti da Visconti, anche se Fulci non risparmia critiche a Ossessione e dice che ci sono un sacco di inquadrature copiate da Renoir. Fulci dimostra subito un carattere anarchico e ribelle, poco incline alla disciplina e a qualsiasi tipo di servile compromesso. Sarà anche per questo che lo amiamo. Comincia a lavorare nel cinema per cinquantamila lire al mese come aiuto di Aldo Vergano ne La terra trema di Luchino Visconti. Fa tre documentari con Carletto Romano: Una lezione di sistema con Fulvio Bernardini di argomento calcistico, Il sogno di Icaro sul volo e Pittura italiana del dopoguerra, con Massimo Girotti, prodotto da lui e altri amici pittori. Sceneggia un film di Mauro Bolognini (mai realizzato) che si doveva intitolare Jack il Rugginoso.

Bolognini presenta Fulci a Steno che però non lo prende come aiuto. Allora lui si riconcilia con il padre e va a lavorare nella sua fabbrica. Per fortuna Steno cambia idea perché l’aiuto non va d’accordo con Totò e lo manda a chiamare. Fulci fa molti film con Steno e Totò, scrive almeno quindici sceneggiature e si fa una fama con L’uomo, la bestia e la virtù, scritta con Vitaliano Brancati e tratta da una commedia di Pirandello, che tra l’altro a Fulci non piace per niente. Ne viene fuori un film travagliato dove lavorano Totò, Orson Welles e Viviane Romance. Sono troppi tre mostri sacri da gestire in una sola volta. Durante la lavorazione di questo film conosce pure Sergio Leone che fa l’aiuto.

Fulci fa per molto tempo solo l’aiuto regista e lo sceneggiatore. Esordisce in proprio nel 1948 seguendo come assistente la seconda unità sul set de Gli ultimi giorni di Pompei. Fulci è autore capace di passare con disinvoltura dalla scrittura di drammoni come Schiava del peccato a film comici come Totò all’Inferno, dove si intravede la sua propensione per l’horror. Autore geniale, in collaborazione con altri, di molti copioni interpretati da Totò (Totò e i re di Roma, Totò a colori, Totò e le donne, Totò all’Inferno, Totò nella luna, Letto a tre piazze, Totò, Peppino e la dolce vita…), da Alberto Sordi: (Un giorno in pretura, Un americano a Roma, Piccola posta), e da molti altri (Fratelli d’Italia, Cinema d’altri tempi, Ci troviamo in galleria, La ragazza di via Veneto, Femmine tre volte, Susanna tutta panna…).

Fulci continua a fare lo sceneggiatore pure dopo aver cominciato l’attività da regista e firma pellicole come Nerone ‘71, Il sangue e la sfida, I due crociati, A doppia faccia (suo primo thriller d’impianto hitchcockiano, diretto dal papà dell’horror italiano: Riccardo Freda), Ettore Lo Fusto, Sette cervelli per un colpo perfetto, La gabbia e Night club.

L’esordio di Fulci alla regia è datato 1959 con i film: I ladri e I ragazzi del juke-box. I ladri è il suo primo film e lo fa per merito di Totò che lo richiede espressamente. Tra Fulci e Totò c’è sempre stato un rapporto di stima reciproca e di affetto, pure se Totò era un tipo strano e imprevedibile, si faceva leggere i copioni, si dava arie da principe e da erede del trono di Bisanzio. Ne I ladri ci sono pure Giovanna Ralli e Fred Buscaglione e la storia racconta di un mafioso che nasconde i soldi dentro ai barattoli di marmellata, soldi che ovviamente finiscono nelle mani sbagliate. In questo periodo Fulci molla Steno e collabora come redattore alla Settimana Incom, un cinegiornale di moda. Si sposa, pure se non ha una lira e per questo accetta di fare I ladri con Totò, il primo film che gli capita basato su una sceneggiatura di Nanni Loy. I rapporti con Totò si rompono poco tempo dopo, quando il Principe sospetta che Fulci abbia avuto rapporti con Franca Faldini, il suo grande amore. Fulci allora dirige I ragazzi del juke-box che vede all’opera Mario Carotenuto, Tony Dallara, Betty Curtis, Adriano Celentano e Fred Buscaglione ed è il più classico dei musicarelli. Un film dalle notevoli esibizioni canore che racconta il passaggio dal gusto per la canzone melodica alla Claudio Villa a quello degli urlatori alla Celentano. Un film fatto per poche lire, per lavorare e mantenere moglie e due bambine. Un film che lancia il personaggio di Adriano Celentano, al tempo niente più che un orologiaio stonato di Milano. Urlatori alla sbarra (1960) è un altro musicarello che ricalca il solito discorso e vede all’opera Joe Sentieri, Mina, Adriano Celentano, Alberto Rabagliati, I Brutos, Gorni Kramer e perfino un giovanissimo Lino Banfi. Fulci accenna pure una satira politica contro la gestione democristiana della televisione di stato. Da ricordare anche la canzone Ventiquattromila baci lanciata proprio da questa pellicola. In Sanremo, la grande sfida (1960) Fulci collabora alla regia con Piero Vivarelli e fa cantare Teddy Reno, Adriano Celentano, I Ribelli, Gino Santercole e molti altri. Questo film è dedicato al decimo festival di Sanremo e immortala Il tuo bacio è come un rock (scritta da Fulci e Vivarelli) di Adriano Celentano, pure se la storia vale poco. In questo periodo Fulci tenta di iscriversi a Lascia e raddoppia, la popolare trasmissione televisiva, come esperto di Proust (uno dei suoi grandi amori letterari) ma viene rifiutato perché di Proust in televisione non si può parlare: è omosessuale.

Colpo gobbo all’italiana (1962) ha per protagonisti Mario Carotenuto, Andrea Checchi, Gino Bramieri, Ombretta Colli e c’è pure Jimmy il Fenomeno. Si tratta di una divertente commedia gialla a tinte noir girata sulla scia del successo dei Soliti ignoti. Fulci sul set ha pessimi rapporti con Mario Carotenuto che ha un carattere puntiglioso e difficile. Fulci conosce Franco Franchi e Ciccio Ingrassia all’avanspettacolo che frequenta con i suoi amici intellettuali e li vede perfetti per costruire una coppia comica all’italiana, una comicità fatta di gag alla Gianni e Pinotto e alla Buster Keaton. Fulci ha sempre avuto con Franco e Ciccio un buon rapporto, tanto che insieme a Franco ha fatto pure la trasmissione televisiva Un uomo da ridere. Il duo comico lo ha inventato lui, disponendo pure che Ciccio doveva essere il serioso, il colto e Franco invece il “mamo” (lo sciocco). Fulci fa una cosa storica per il cinema di intrattenimento italiano e quando Franco e Ciccio saranno rivalutati come meritano pure la critica colta lo dovrà ammettere. Pure se la critica importante disprezza Fulci e gente come Tullio Kezich farebbe meglio a guardare i film prima di stroncarli per partito preso. Si tratta di una sorta di razzismo intellettuale compensato dal fatto che i giovani e chi ama davvero il cinema apprezza Fulci.

Le massaggiatrici (1962) inaugura la collaborazione tra Fulci e la coppia comica ma è una farsetta da dimenticare che vede all’opera pure Ernesto Calindri e la bella Sylva Koscina. I due della legione straniera (1962) è il secondo Franco e Ciccio movie con Alighiero Noschese, Aldo Giuffrè e Rosalba Neri. Il duo comico più amato dai ragazzini degli anni Sessanta-Settanta si arruola nella legione straniera in fuga dalla vendetta di due delinquenti napoletani.

Uno strano tipo (1963) è una commedia-musicarello girata tra Capri e Amalfi con Adriano Celentano, Claudia Mori, Erminio Macario e Nino Taranto. Sempre del 1963 è Gli imbroglioni, un film a episodi che si sviluppa in un’aula di tribunale e che vede protagonisti: Raimondo Vianello, Aroldo Tieri, Franco e Ciccio, Antonella Lualdi, Walter Chiari, Oreste Lionello e Margaret Lee. Nel 1964 Fulci gira I maniaci, un’innocua satira dell’Italia del boom dallo sport alla politica, al collezionismo, a tutte le manie fonte di stress e di ansia. Un film di Castellano e Pipolo (che allora andavano per la maggiore) interpretato da ottimi attori: Enrico Maria Salerno, Raimondo Vianello, Vittorio Caprioli, Walter Chiari, Barbara Steel, Lisa Gastoni, Franca Valeri, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Sandra Mondaini. Sempre nel 1964 è la volta di altri due film con Franco e Ciccio: I due evasi di Sing-Sing, una farsa che vede Franco Franchi pugile fifone e sbruffone e 00-2 Agenti segretissimi, parodia dei film di James Bond. Il 1965 è ancora all’insegna di Franco e Ciccio con I due pericoli pubblici che fa il verso al Dottor Stranamore, Come inguaiammo l’esercito, commedia degli equivoci in caserma e 00-2 Operazione luna, una farsa modesta che gioca sui soliti doppi sensi. Nel 1966 c’è ancora molto Franco e Ciccio nella vita cinematografica di Fulci che gira Come svaligiammo la Banca d’Italia e I due parà. Da notare che in questi film c’è sempre una scollacciata (per i tempi) presenza femminile che allieta la vista dello spettatore. Si va da Gloria Paul a Margaret Lee, passando per Sylva Koscina. C’è quasi sempre pure Lino Banfi, solo che alle prime armi si faceva chiamare con il vero nome di Pasquale Zagaria.

Le colt cantarono la morte e fu… Tempo di massacro (1966) è il primo spaghetti western di Fulci interpretato da un redivivo Franco Nero che combatte contro un sadico Nino Castelnuovo, delinquente armato di frusta e pistole. Nel suo genere è un film imperdibile, uno dei migliori western italiani mai girati, violento al punto giusto e con la sorpresa di una colonna sonora che contiene una canzone interpretata da Sergio Endrigo e composta dallo stesso cantautore con la collaborazione di Fulci e Bardotti. Per questo film Alberto Moravia conia la definizione di film artaudiano che poi Fulci farà sua e citerà sempre per definire il suo cinema. In ogni caso è vero che il regista usa le intuizioni di Artaud e del suo teatro della crudeltà.

Nel 1967 ancora Franco e Ciccio: Come rubammo la bomba atomica e Il lungo, il corto, il gatto. Nel primo film tra gli interpreti c’è addirittura Franco Bonvicini, il popolare Bonvi delle Sturmtruppen che curava i Caroselli pubblicitari del duo comico. Non sono due pessimi lavori, soprattutto il primo che si basa su gag ispirate alla situazione politico-internazionale del periodo.

Operazione San Pietro (1968) è il primo film di Fulci con protagonista Lando Buzzanca, all’epoca attore comico di grido, ispirato a Operazione San Gennaro di Dino Risi (1966) ma non dotato di una sceneggiatura all’altezza. C’è pure Edward G. Robinson che ha quasi ottant’anni ed è ormai rimbambito. Una sull’altra (1969) è il primo thriller diretto da Fulci e di questo parleremo perché oggetto diretto della nostra trattazione.

Beatrice Cenci (1969) sorprende tutti pure perché tra gli interpreti c’è Tomas Milian (non ancora Er Monnezza), un drammone storico che sottolinea soprattutto i momenti truculenti ed erotici della vicenda. Remake di un remake, infatti una Beatrice Cenci era stata girata in passato da Riccardo Freda (1956) e prima ancora da Guido Brignone (1941). C’è chi lo considera un capolavoro di Fulci, in ogni caso resta una lettura originale di un mélo storico. L’anno di Beatrice Cenci è per Fulci un anno tragico perché c’è il suicidio della moglie dopo una diagnosi infausta di tumore. Fulci resta solo con le due figlie e come se non bastasse muore pure sua madre. Fulci rompe il sodalizio con Franco e Ciccio per non restare legato al loro nome e per aprirsi una strada propria nel mondo del cinema. Il Fulci migliore si comincia ad apprezzare con Una lucertola con la pelle di donna (1971), interpretato da Florinda Bolkan e Jean Sorel. Un bel thriller erotico, onirico e psichedelico, molto spinto per il periodo soprattutto per gli accenni saffici. Effetti speciali di Rambaldi, musiche di Ennio Moricone, fotografia di Luigi Kuveiller. Ne parleremo.

All’onorevole piacciono le donne (1972) con Lando Buzzanca e Laura Antonelli è una satira graffiante e riuscita dell’Italia democristiana che presenta un’interessante parte onirica e alcune sequenze erotiche molto piccanti. Non si sevizia un Paperino (1972) è per molti il capolavoro consacrato di Lucio Fulci e ne parleremo in altra sede. Da questo film in poi orrore e sangue circolano sempre più nelle pellicole del regista.

Zanna Bianca (1973) e Il ritorno di Zanna Bianca (1974) sono due film per ragazzi ispirati al romanzo di Jack London che hanno avuto molti imitatori e tanti sequel apocrifi. Tra gli attori: Franco Nero, Carole Andrè, John Steiner e Virna Lisi. Da piccoli li abbiamo visti tutti. Fulci li fa solo per denaro, li definisce due “marchettoni”, ma resta il fatto che sono due successi al botteghino. Il cavalier Costante Nicosia demoniaco, ovvero Dracula in Brianza (1975) è sceneggiato niente meno che da Pupi Avati, Bruno Corbucci e Mario Amendola, i dialoghi sono di Enzo Jannacci e di Beppe Viola. Tra gli attori ci sono gli ottimi Lando Buzzanca, Sylva Koscina, Ciccio Ingrassia e John Steiner. Un buon film, comico ma a tinte orrorifiche, a tratti pure erotico e pecoreccio quanto basta. Ha ragione Avati quando dice che il film è un ibrido indeciso tra l’orrore e il comico, però la sua forza è anche questa. Il personaggio di Lando Buzzanca, imprenditore del nord che succhia il sangue agli operai dopo essere stato contagiato da un vampiro gay molto trash, è ancora oggi godibile. Con I quattro dell’Apocalisse (1975) Fulci torna allo spaghetti western sadico e truculento con sceriffi scuoiati vivi, ubriachi uccisi a rasoiate, prostitute incinte contese tra uomini infoiati. Vietato ai minori di diciotto anni per le massicce dosi di violenza che contiene. Ci sono dentro tutti gli stereotipi del genere. Tra gli interpreti: Fabio Testi e Tomas Milian. La pretora (1976) è un buon film che ha per protagonista Edwige Fenech e che fa satira di costume contro corrotti e bigotti senza rinunciare a divertire. Uno dei film dove la Fenech si spoglia di più, per merito di un doppio ruolo (pretora e gemella attrice porno) e per gli amanti dell’erotico all’italiana è già una garanzia. Ci sono pure Marina Frajese nella parte di se stessa (attrice porno) e Lucio Fulci che interpreta un benzinaio. Peccato solo per un pessimo Raf Luca che non piaceva neppure a Fulci ma che venne imposto dalla produzione. Se si pensa che questo film lo hanno scritto Toscano e Marotta che adesso elaborano soggetti come Il maresciallo Rocca

Sette note in nero (1977) è uno dei migliori thriller di Fulci, un film anarchico che va ben oltre lo schema del giallo, una storia parapsicologica sospesa tra passato e futuro. Non va però bene al botteghino. Sella d’argento (1978) con Giuliano Gemma, Ettore Manni e Cinzia Monreale, uno scontato spaghetti-western per famiglie e soprattutto per bambini, un film dove il sadismo è messo da parte. Nel 1979 c’è il mitico Zombi 2, una pietra miliare del cinema horror italiano. Citiamo soltanto la scena simbolo del film, quella della distruzione di un occhio che Fulci definisce surrealista e dadaista. Un occhio distrutto vuol dire perdita della propria ragione e qui Fulci va oltre Buñuel che si era limitato a riprendere il taglio di un occhio. La scena della perdita dell’occhio ricorre in almeno altri due film di Fulci: L’Aldilà e Lo squartatore di New York. Gli zombi di Fulci rappresentano gli uomini di potere che per abbatterli occorre un colpo in fronte, ma sono meno sociologici degli zombi di Romero. Sono solo esseri fantastici. Luca il contrabbandiere (1980) con Fabio Testi e Ivana Monti è un noir urbano ultraviolento in puro stile Fulci che Mereghetti definisce ingiustamente “di rara cretineria”. Infatti il film si doveva intitolare Violenza. Un film interessante perché ricco di effetti speciali di taglio horror. La storia parla di camorra e contrabbando ed è una delle pellicole che Fulci preferiva, lo definiva un film nero all’italiana violento al punto giusto. Nel 1980 c’è pure il visionario e notevole Paura nella città del morti viventi, un film gore e splatter con scene di sadismo e violenza particolarmente riuscite.

Il 1981 è un anno importante che consacra Fulci poeta del macabro e unico vero e grande regista di horror puro all’italiana. Escono: L’Aldilà (sottotitolato: …e tu Vivrai nel Terrore), Black cat, e Quella villa accanto al cimitero. Nel 1982 è la volta di Manhattan baby e de Lo squartatore di New York. Ormai Fulci ha capito qual è la sua strada e alterna orrore puro a thriller orrorifico e sanguinolento. Fulci stesso afferma in numerose interviste che per lui è più facile scrivere un horror che un giallo-thriller e in termini di tempo dice che per l’horror basta un mese mentre il giallo ne richiese almeno sei. Questo perché l’horror nasce da una buona idea centrale che poi si sviluppa da sola, il thriller invece ha meccanismi molto più complessi. Fulci scrive molti film insieme a Dardano Sacchetti, un ottimo autore di cinema che ogni tanto si ispira a qualche grande tipo Stephen King, ma non è una cosa così negativa. L’importante è non copiare ma rielaborare e questo è quel che la coppia Fulci - Sacchetti ha sempre fatto. Sono entrambi due autori di grande cultura e sanno tirare fuori qualcosa di nuovo da vecchie idee. Fulci ama molto Edgar Allan Poe e il film Black cat è una sorta di omaggio al grande scrittore. Al contrario giudica Lovecraft noioso ma lo rispetta come un grande autore. Secondo noi, pure se Fulci lo ha sempre negato, Lovecraft ha influenzato il suo cinema dell’orrore. Da ricordare tra questi film una scena che lo stesso regista reputa la migliore del suo cinema horror. Il finale di Quella villa accanto al cimitero con lo spettacolo agghiacciante del mostro composto da membra di cadaveri. Manhattan baby invece presenta l’omaggio al maestro Hitchcock con la scena degli uccelli, pure se i volatili sono imbalsamati. I guerrieri dell’anno 2072 (1983) è un film scritto da Dardano Sacchetti ed Elisa Briganti che si avvale delle stupende musiche di Riz Ortolani, interpretato da Jared Martin ed Eleonora Brigliadori. I guerrieri dell’anno 2072 è considerato un capolavoro del fantastico all’italiana, un postatomico fantascientifico che si svolge in un futuro dove Roma ha un ruolo di potere imperiale. Ci sono i network televisivi che gestiscono le riprese degli scontri tra gladiatori al Colosseo. I detrattori dicono che è un remake di 1997: Fuga da New York, facendo derivare il film da un filone apocalittico tutto nostrano che fonde il film di John Carpenter con I guerrieri della notte di Walter Hill. Alla base c’è la buona idea (oseremo dire profetica, forse di derivazione Orwelliana) della televisione che nel futuro avrebbe portato sempre più violenza e che ci avrebbe seguito ovunque. Pure Joe D’Amato, come anche Enzo G. Castellari, fece qualcosa di simile con Anno 2020: I gladiatori del futuro.

Conquest (1983) è girato in Sardegna e ha per interpreti Andrea Occhipinti e Sabrina Siani. Il film è una via di mezzo tra il cavernicolo e il fanta-mitologico, un fantasy all’italiana ricco di effetti speciali, di mostri, vampiri e attrici in vesti ridotte. Si ispira soprattutto a Conan il barbaro di John Milius, che è dell’anno prima. Tocca punte di horror stravagante presentando uomini pietra, uomini lupo, piante che lanciano frecce, una donna squartata orrendamente e via con prelibatezze simili. Alla base però c’è la storia di un’amicizia in un mondo dominato da una donna perfida. Murderock - uccide a passo di danza (1984) segna il ritorno al thriller orrorifico mischiando le atmosfere di Suspiria alle coreografie di Flashdance. Il miele del diavolo (1984) invece è l’unica incursione di Fulci nell’erotico puro. Il cast presenta una Corinne Clery, bomba sexy in fase calante dopo i fasti dello sconvolgente Histoire d’O, ma pure Brett Halsey e la giovanissima Bianca Marsillach. Si racconta la storia di due disperati, di due anime perse, il dubbio è protagonista (la pistola, nel finale), l’atmosfera è di morte e disfacimento. Voleva essere un erotico d’autore ma fu un fallimento, una variante povera de La gabbia di Patroni Griffi con Laura Antonelli (film ideato e sceneggiato da Fulci), un softcore stile Joe D’Amato sadomaso e perverso poco riuscito.

Aenigma (1987) invece è un ritorno al gore ma resta un lavoro scadente, il solito slasher movie con ragazzine fatte a fette in un collegio. C’è pure una scena copiata pari pari da L’uomo che amava gli animali della scrittrice Patricia Highsmith che mostra una ragazza cosparsa di lumache e soffocata. Il 1988 è un anno che registra tre film horror: Quando Alice ruppe lo specchio, Il fantasma di Sodoma e Zombi 3. Purtroppo non sono dei capolavori. Tra l’altro i primi due vennero pensati per la televisione e dovevano far parte di una serie intitolata “Lucio Fulci presenta” che doveva contenere opere di altri registi. Non sono stati mai trasmessi e di recente li ha pubblicati la Avo Film per il mercato Home Video. Zombi 3 invece lo ha cominciato Fulci ma poi è stato ultimato e massacrato dalla coppia Claudio Fragasso (Fulci lo definiva un personaggio squallido) e Bruno Mattei (pessimo regista tristemente noto per Virus). Lo hanno definito il film horror più brutto della storia del cinema e c’è chi lo vuol vedere proprio per questo motivo. Fulci aveva in mente ben altro, voleva fare Zombi 3D, una cosa mai fatta. E invece viene fuori questo film tremendo che la sola trovata carina resta quella del teschio volante che mangia chi gli capita a tiro. Fulci abbandona il set del film dopo tre settimane perché non gli piace il modo in cui la produzione tratta i filippini. Questa è l’unica volta che Fulci molla un set in tanti anni di carriera e decine di pellicole girate in mezzo a mille difficoltà. Oltre tutto durante la lavorazione di Zombi 3 si sente male, gli viene la pancia gonfia con venticinque litri d’acqua che lo fa ricoverare in ospedale. Fulci pensa a una strana infezione e prima prova con uno stregone filippino che gli sgozza un gallo sulla pancia ma non succede niente. Pare che questi siano i primi sintomi della malattia che lo porterà alla morte, una brutta forma di diabete che causa una forte ritenzione idrica. Ha il tempo di girare due film horror, prodotti dalla Dania Film, abbastanza castigati negli effetti speciali perché destinati a Rete Italia (mai trasmessi perché ritenuti troppo violenti): La casa nel tempo (1989) e La dolce casa degli orrori (1989). Sono due buoni film. Fulci gira poi Un gatto nel cervello (1990), un film autobiografico e di montaggio, realizzato con spezzoni di lavori precedenti, che lui ama molto pure se è consapevole che gli effetti speciali sono poveri e che si poteva fare di meglio. Infine conclude la carriera con Voci dal profondo (1991) tratto da un suo racconto omonimo e realizzato con un budget troppo limitato per essere un buon film, Demonia (1991), un pessimo tonaca movie dalla fotografia sbagliata, con tanto di indemoniate e Le porte del silenzio (1991), film senza una goccia di sangue, triste e addirittura bergmaniano, tratto da un suo racconto omonimo, interpretato dal bravo John Savage e prodotto da Aristide Massaccesi, alias Joe D’Amato.

Dobbiamo segnalare anche la collaborazione di Lucio Fulci a The Curse (1986) di David Keith per il quale ha fatto gli effetti speciali ed è stato produttore esecutivo. Non dimentichiamo neppure la serie TV “Lucio Fulci presenta” che contiene alcuni film davvero pessimi come Bloody psycho di Leandro Lucchetti, Massacre di Andrea Bianchi, Non avere paura della zia Marta di Mario Bianchi, Hansel e Gretel di Giovanni Simonelli (bruttissimo) e Luna di sangue di Enzo Milioni. Infine Fulci ha realizzato gli effetti speciali de I Frati Rossi di Gianni Martucci e ha scritto soggetto e sceneggiatura di M.D.C. – Maschera di cera (1997) di Sergio Stivaletti, film che lo stesso Fulci doveva dirigere (morì pochi giorni prima dell’inizio delle riprese) con un ottimo budget fornito da Dario Argento in veste di produttore.

Durante i primi anni della sua attività Fulci si dedica ai musicarelli e soprattutto al genere comico lavorando prima con Totò e poi con la coppia Franchi e Ingrassia. Si può dire che Fulci inventa il duo comico in una veste cinematografica meno superficiale del solito grazie ad alcune storie con un certo spessore che Franco e Ciccio sanno interpretare da par loro. Fulci ha inventato gran parte delle gag dei due indimenticabili siciliani che hanno divertito una generazione di ragazzini con la loro comicità dolce e disincantata, genuina e popolare come era l’Italia di quei tempi. Una comicità purtroppo fuori moda ma che si riscopre con piacere per vedere come eravamo e magari provare pure un po’ di nostalgia. Fulci non abbandona mai del tutto il genere comico e ci torna di tanto in tanto fino al 1976, scrivendo soggetti ma pure girando un paio di Buzzanca movies che restano tra le cose migliori dell’attore siciliano. Dal 1979 in poi dirige quasi esclusivamente horror e thriller con sporadiche incursioni nel postatomico e fantascientifico. Sono i generi che gli danno un grande successo di pubblico in Italia e all’estero dove è molto conosciuto. Fulci è un autore molto prolifico e occupa un posto non indifferente nella storia del cinema italiano di genere, quello che oggi non esiste più e che ci siamo lasciati espropriare dagli americani.

Mario Bava è stato un grande sceneggiatore, Riccardo Freda un tecnico perfetto, Dario Argento un grande artigiano un po’ geniale. Lucio Fulci invece resta unico e inimitabile creatore di un cinema del dubbio e dell’incertezza dove il gore e lo splatter sono soltanto un gioco. Si è trovato a fare il regista horror per caso, dopo Zombi 2.

Lucio Fulci aveva un carattere collerico ma gioviale, amava giocare a poker fino a tardi e pure bere in compagnia. Era un Peter Pan, come si definiva lui stesso, vecchio e brutto ma un Peter Pan, un bambino mai cresciuto. Uno che amava la vita e dialogava con la morte, che aveva paura di morire per dover lasciare tutto quello che aveva costruito e che ha giocato con la vita finché ha potuto. Un uomo pieno di interessi e di voglia di sognare che ha prodotto decine di film onirici e fantastici e che si riteneva soddisfatto di quel che aveva fatto (nonostante i critici). Amava pure le belle donne e ha amato poco ma intensamente, lui era uno che conosceva davvero cos’era l’amore e proprio per questo non ha mai fatto un film d’amore. Non ha mai avuto una storia con un’attrice che lavorava in un suo film, non voleva mischiare il lavoro con gli affetti, almeno così lui diceva. Lui stesso confessa in alcune interviste di essere un bugiardo, quindi lasciamo il beneficio del dubbio. In ogni caso era un uomo che per le donne soffriva perché si innamorava davvero.

Come regista ha lanciato Adriano Celentano, ha rispolverato Franco Nero, ha scoperto Carlo Rambaldi e la magia degli effetti speciali di uno che sarà premio Oscar come creatore di E.T. – L’extraterrrestre per Steven Spielberg. Ha dato fiducia a Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, due comici da avanspettacolo che sotto la sua direzione hanno fatto le cose migliori della loro carriera. Fulci è stato un regista censurato da tutti, boicottato dagli attori e dai produttori, odiato dai politici di tutti i colori. I democristiani lo vedevano come il fumo negli occhi, specie dopo la feroce satira di All’onorevole piacciono le donne con uno strepitoso Lando Buzzanca. Il film faceva il verso a Flaminio Piccoli e lanciava non troppo velate accuse di omosessualità verso il Presidente del Consiglio in carica. Ma pure il Partito Comunista non lo sopportava. Fulci andava a genio solo al Movimento Sociale Italiano, ma di questa cosa lui che era marxista ortodosso non andava certo orgoglioso.

Lucio Fulci è stato un regista controcorrente, un uomo scomodo pure nel suo ambiente e quando ha deciso di dedicarsi all’horror e al thriller non lo ha fatto seguendo l’esempio di Dario Argento. Fulci ha cercato una strada sua e ha costruito incubi nuovi, scenari inediti, ambientazioni particolari e soprattutto una filosofia dell’orrore viscerale e visionaria che lo ha reso unico. Un film di Fulci è un pugno violento allo stomaco e il suo modo di riprendere la morte fino in fondo, senza mezzi termini, lasciando libera la macchina da presa di scavare nell’orrore e nei particolari è il suo tratto distintivo.

Ci piace ricordare una sua definizione di volgare.

Il volgare al cinema è un brutto film. Niente di più vero.

Lucio Fulci muore a Roma il 13 marzo del 1996 rimpianto dai molti fans e dimenticato da una critica che lo ha sempre bistrattato e che solo adesso lo sta riscoprendo.


Gordiano Lupi

 


Sull'opera di Lucio Fulci, Gordiano Lupi, con As Chianese, ha scritto un libro che uscirà nel corso del prossimo mese di maggio per le Edizioni Il Foglio: Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci.

I libri di cinema, come anche gli altri, di Gordiano Lupi possono essere richiesti a ilfoglio@infol.it oppure acquistati su www.365bookmark.it.


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