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Energia. Le centrali nucleari non servono 
Intervento al Senato della Sen. Poretti
09 Luglio 2009
 

Segue il testo dell’intervento pronunciato in Aula al Senato durante la discussione del Ddl 1195- B, “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”.

 

 

Nessun pregiudizio, nessun preconcetto sta alla base della nostra contrarietà al provvedimento in esame, in particolare per la parte riguardante il nucleare e la delega al Governo su cui vorrei soffermarmi. Alle richieste di confronto che da oltre un anno stiamo avanzando, alle perplessità che la scelta del nucleare sia quella più conveniente, nessuna risposta, ma solo annunci propagandistici, e misure illiberali che impongono scelte impedendo un confronto su costi e benefici.

Questo decreto stabilisce che dopo la sua approvazione il Governo avrà sei mesi per predisporre la normativa necessaria, per localizzare i siti su cui sorgeranno le centrali, decidere i sistemi di stoccaggio e di deposito dei rifiuti radioattivi. I siti dichiarati di “interesse strategico nazionale” e sottoposti a segreto di Stato e controllati dai militari. La tipologia degli impianti sarà decisa dal Cipe. Per costruirli e farli funzionare basterà un'unica autorizzazione che verrà rilasciata dal ministro dello Sviluppo economico, d’accordo con i colleghi all’Ambiente e alle Infrastrutture. Una partita di giro all'interno di Palazzo Chigi. Si istituisce l'Agenzia per la sicurezza nucleare, composta da un presidente e quattro membri nominati dal presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio, senza neppure darle la parvenza che sia una agenzia indipendente. In pratica il Governo chiede ed esige un mandato in carta bianca, per fare come meglio crede, senza bisogno di consultare il Parlamento, né tanto meno gli enti locali... alla faccia del federalismo.

Non è un caso che il nucleare è fermo da tempo là dove le preoccupazioni e il controllo dell'opinione pubblica hanno più peso e dove l'energia è un affare del mercato; invece continua ad andare avanti in Cina, in India, in Russia, dove il controllo democratico o non c'è oppure è molto più fragile e dove le centrali vengono pagate con i soldi dello Stato. Nel complesso il nucleare è in declino, e la Iea -International Energy Agency- calcola che nel 2030 la quota di elettricità prodotta nelle centrale atomiche si ridurrà dall'attuale 16 al 9-12%.

Si dice che la scelta nucleare serva a diminuire la nostra dipendenza di fonti energetiche (petrolio) dall'estero, un falso. Vediamo perché:

- la tecnologia nucleare è di importazione, cioè estera (Francia), e la Francia con il suo 78% di produzione elettrica nucleare consuma più petrolio della Germania. Perché se è vero che la Francia ci vende energia elettrica nelle ore morte (è sovracapacitata), nelle ore di punta la compra dalla stessa Germania.

- il combustibile (uranio) è estero (il 58% delle riserve sono in Canada, Australia e Kazakhstan). Il premio Nobel Carlo Rubbia mette in guardia sulla poca disponibilità dell'uranio a livello mondiale e di conseguenza il prezzo è soggetto a speculazioni, come e peggio del petrolio. Se la dinamica sarà la stessa che l’uranio ha seguito dal 2000 ad oggi, aumentando di venti volte da 7 a 130 dollari per libbra -ha spiegato il fisico premio Nobel- il prezzo potrebbe arrivare a 500, ed il costo dell’elettricità nucleare schizzerebbe da 40 a 65 euro per Megawatt, un livello insostenibile. Si aggiunga il problema della disponibilità: le riserve conosciute valgono non più di una trentina d’anni, per due terzi il mercato dipende dalle forniture militari, e il più grande impianto di estrazione, quello di CigarLake in Canada, tarda ad entrare in esercizio.

Ancora tra i vantaggi di questa scelta ci si dice che “Il nucleare dovrà produrre un quarto dell'energia elettrica del Paese (25%)”, ma si finge di dimenticare che la produzione elettrica italiana rappresenta il 18% del nostro fabbisogno energetico complessivo, l'82% del quale (carburanti, etc.) va essenzialmente ai trasporti.

L'obiettivo del 25% del ministro Scajola, rispetto al 18% di produzione elettrica, significa che il nucleare sarà il 4,5% del fabbisogno di energia elettrica.

L’alternativa c’è ed è quella di puntare sull’efficienza energetica, la più grande fonte di energia a detta di tutti gli esperti. Significa evitare gli sprechi.

La via è quella di un mix di energie rinnovabili: efficienza energetica, solare, eolico e quant’altro la tecnologia odierna possa offrire. E poi la ricerca. Un recente studio (The case for investing in Energy productivity) dell’istituto McKinsey, uno dei più accreditati a livello mondiale, spiega come con l’efficienza energetica nella costruzione di edifici si possa coprire il 4% del nostro consumo nazionale. La stessa cifra delle centrali nucleari. Questa sarebbe la strada da percorrere. E lo si può fare da subito, spendendo molto meno.

Infine, non possiamo non porci il problema tutt'altro che marginale della sicurezza e delle scorie, in un Paese in cui non si riesce neppure a smaltire la spazzatura.

Dopo il referendum del 1987, non siamo ancora riusciti a liberarci delle vecchie scorie stoccate in luoghi non adatti come a Saluggia o che sono rimaste nelle vecchia centrale. A Caorso (Pc), per esempio, sono state trasferite in speciali piscine. Vogliamo ricordare la storia di Scanzano Jonico (Basilicata)? Tutti d’accordo, un decreto del Governo, organismi tecnici, Arpat (Agenzia per l'ambiente), Enea, Sogin e dai sindacati Cgil-Cisl-Uil, poi la sollevazione popolare e i rifiuti radioattivi sono stati mandati in Francia al modico costo di 250 milioni di euro, pagati dal contribuente. Ancora notizie giornalistiche ci parlano della Basilicata come luogo individuato per lo smaltimento delle scorie.

Auguri.

Noi non abbiamo neanche un Piano energetico nazionale per avere un quadro della situazione e delle scelte per il futuro. Senza questo, le date di cui parliamo restano numeri senza senso.


Sen. Donatella Poretti

parlamentare Radicali-Pd


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