L’Interrogazione parlamentare
I sei deputati radicali hanno presentato un’interrogazione al ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli che sarebbe bello avesse una risposta, anche se difficilmente l’avrà. Si fa riferimento a un’affermazione dello stesso Calderoli, contenuta in un articolo di qualche settimana fa pubblicato da L’Espresso e “scivoltata” tra la generale indifferenza. Il ministro sostiene di aver trovato ben «34 mila enti intermediari che per la Costituzione neanche dovrebbero esistere… ognuno con il suo Presidente, consiglio di amministrazione, gettoni, sedi: comunità montane anche al mare, consorzi di bonifica, commissari alle acque, enti parco regionali, circoscrizioni…».
I parlamentari radicali hanno, letteralmente, preso in parola il ministro; e gli chiedono di fornire l’elenco dei 34mila enti che a suo dire secondo Costituzione neppure dovrebbero esistere; quante persone, tra presidenti e consiglieri di amministrazione, risultano impiegati in questi enti; a quanto ammonta il costo, tra gettoni e rimborsi, di questi enti; e cosa si sia fatto o si faccia, dal momento che li si ritiene perfino in contraddizione con quanto sancito dalla Costituzione, per abolirli.
Come si è detto, difficilmente il ministro risponderà. Si può comunque azzardare qualche conto. 34mila enti “governati” da altrettanti CdA, significa – mille più, mille meno – un qualcosa tra le 150-170mila persone impiegate. Quanto ai “gettoni” e ai rimborsi, ognuno si sarà regolato, ma è comunque, sicuramente, una cifra rispettabile. Sarebbe davvero interessante disporre dell’elenco di questi enti; poter valutare le loro competenze e utilità; sapere con quali criteri sono stati scelti presidenti e consiglieri di amministrazione; il patrimonio di cui dispongono, i fondi che sono loro attribuiti, l’uso che ne fanno…
Tutto ciò ha un nome: Anagrafe Patrimoniale degli Eletti; già, la “vecchia” proposta radicale da tanti ritenuta “minimale” e poco incidente. Le parole del ministro, “scivolate” tra la generale indifferenza e non sfuggite agli occhiuti parlamentari radicali, dimostrano al contrario di quanto la proposta e l’iniziativa radicale sia necessaria, opportuna, urgente.
Legge 40: il fallimento quotidiano della legge voluta, dettata, imposta dal Vaticano
Su tre coppie che cercano aiuto in un paese straniero per avere un figlio, una è italiana; e ogni anno sono circa diecimila, le coppie italiane che vanno all’estero per tentare una fecondazione assistita. Lo rivela uno studio condotto dall’ESHRE, European Society of Human Reproduction and Embryology, e dal SISMER, la Società Italiana di Studi di Medicina della Riproduzione.
Dalla ricerca, condotta nell’arco di un mese con questionari anonimi, emerge che su 1.230 coppie che sono andate all’estero, quelle italiane sono le più numerose: 392, pari al 32 per cento. «Del resto la legge italiana fino allo scorso aprile era la più restrittiva», commenta Anna Pia Ferraretti, direttrice scientifico del SISMER e componente di ESHRE, che studia su scala europea il fenomeno della “migrazione” legato ai problemi riproduttivi. Dietro l’Italia si colloca la Germania, con il 14 per cento, poi altri paesi con percentuali inferiori al 12 per cento. La ricerca si è basata su questionari anonimi alle coppie straniere presenti in 44 centri nei sei paesi europei in cui maggiormente emigrano le coppie (Spagna, Svizzera, Belgio, Slovenia, repubblica Ceca e Danimarca). I centri coinvolti rappresentano circa il 50 per cento di quelli che ricevono coppie straniere; si può quindi stimare che a livello europeo il fenomeno coinvolga tra le 20mila e le 25mila coppie l’anno in questi sei paesi; ma anche in Grecia, Russia e Ucraina si recano coppie straniere, l’entità del fenomeno quindi è superiore. Le coppie interpellate sono tutte eterosessuali, sposate nell’82 per cento dei casi, o stabilmente conviventi (18 per cento). L’età media delle donne è di 37 anni e mezzo.
Immigrati: ben il 35 per cento rinuncia alle cure per paura delle norme anti-clandestini
Primi, concreti effetti delle norme anticlandestini volute e approvate dal governo di centro-destra. È in costante crescita la preoccupazione tra gli immigrati di essere segnalati come clandestini, un timore che li tiene alla larga, anche se ammalati, da Pronto soccorso e ambulatori pubblici. È già stato registrato un calo di quasi il 35 per cento dei migranti che ricorrono alle cure mediche in ospedale, con picchi del 75 per cento, come nel caso del San Paolo di Milano. I dati sono ricavabili da un’indagine condotta nelle ultime tre settimane dal gruppo Everyone nei principali ospedali di Roma (San Gallicano, Policlinico Umberto I, San Camillo Forlanini, Policlinico Tor Vergata, ospedale Grassi di Ostia); e Milano (Niguarda, Policlinico, San Paolo, San Carlo).
«Ci giungono notizie drammatiche», sostengono Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti di Everyone, «relativamente al numero di immigrati che nelle ultime settimane non sono ricorsi alle cure mediche in ospedale, nonostante le gravi condizioni di salute. I nostri attivisti hanno ricevuto segnalazioni di vere e proprie tragedie umanitarie, proprio in virtù della fobia di reato di clandestinità».
Everyone cita qualche caso emblematico: «Il 10 giugno una badante ucraina di 39 anni, priva di visto d’ingresso, è stata ritrovata morta dissanguata in seguito a un aborto spontaneo all’interno dell’appartamento in cui lavorava a Torre a Mare, in provincia di Bari. Dopo tante ricerche, aveva da poco trovato un’occupazione. Improvvisamente si è sentita male e ha cominciato a sanguinare, ma non ha chiamato nessuno. La paura di perdere il lavoro, o di essere denunciata per la sua condizione irregolare, l’ha bloccata. Casi simili sembrano purtroppo ripetersi quotidianamente… come quello del cinese di 33 anni, fuggito il 14 giugno dall’ospedale Sacco di Milano, portandosi via il figlioletto neonato appena operato per una gravissima malformazione al cuore, per paura della denuncia per clandestinità».
Pochi giorni fa, raccontano ancora gli attivisti di Everyone, «un nostro militante a Milano ha incontrato una famiglia africana che nasconde un minore che presenta i sintomi tipici della lebbra, terrorizzata di essere denunciata e smembrata proprio per la condizione di clandestinità dei suoi membri. La sorellina e il bimbo presentavano già macchie viola, chiazze senza pigmento e noduli: potrebbe trattarsi dell’inizio di un’epidemia che si svilupperebbe al di fuori delle strutture sanitarie, come avveniva nel medioevo».
In Italia, come negli altri paesi dell’Unione Europea, sono presenti migranti provenienti dal Congo, dal Rwanda, Sudan e altri paesi che sono colpiti da malattie gravi e contagiose. Grazie alle norme del decreto anti-clandestini appena approvate, vivranno nascosti e, prevedibilmente, in condizioni igieniche tragiche. La paura di essere espulsi e perseguitati li indurrà a non collaborare con le autorità sanitarie e con le istituzioni pubbliche italiane. Davvero un risultato eccellente, frutto della miopia di un governo guidato da un presidente del Consiglio sempre più “ricattato” e preda delle pulsioni demagogiche e razziste della Lega.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 3 luglio 2009)