Che da un pezzo il sesso sia una cosa “politica” non è certo una novità. La sua politicizzazione comporta il continuo tentativo di segnare confini tra il sesso “buono” e quello “cattivo” in base a convinzioni religiose, a politiche pubbliche, a convinzioni pseudoscientifiche e così via. Nei periodi storici segnati da crisi, quale è il nostro, le negoziazioni in merito diventano di regola più aspre, e la politicizzazione è aperta ed evidente. La cultura popolare ne viene ovviamente segnata: attitudini e messaggi che trent'anni fa sarebbero stati impensabili (perché sanzionati socialmente e considerati fuori dal senso comune, antistorici, ecc.) vengono riproposti e veicolati dai media senza scandalo alcuno.
C'è un film in circolazione in questi giorni, ad esempio, la cui pubblicità radiofonica recita: “Le scelte di una donna sono pericolose”. L'ascoltatore o l'ascoltatrice continuano tranquillamente a buttare la pasta o a stendere la biancheria, e se sembra che il messaggio scivoli via in punta d'orecchio è perché è diventato senso comune.
Ascoltate: la grammatica non è un'opinione. Quando io dico “Le scelte pericolose di una donna” implico che la donna in questione può farne di diverse. Se invece dico “Le scelte di una donna sono pericolose” implico che la donna può compierne solo di pericolose, e quindi che scegliere, per una donna, è sbagliato. Corollario: è meglio se per le donne scelgono gli uomini.
Nella grande bagarre che ha interessato le frequentazioni femminili dell'attuale capo di governo italiano c'è la riprova di quanto affermo. La sua giovane amica che va a scuola con l'autista ha dichiarato giuliva che vuol fare carriera «in politica o nello spettacolo, deciderà papi». Ecco, permettere a “papi” di decidere della tua vita, mia cara ragazza, è la scelta più pericolosa che puoi fare.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 19 giugno 2009)