Ogni tanto, perché la realtà è sempre più sfrenata della fantasia, scrivo lettere strambe indirizzate a sovrani, eccellenze religiose, reali ambasciate, uffici per la prevenzione del vizio. Sembra un viaggio nel tempo, e se proprio devo dire che tempo mi sembra, direi un'età oscura, confusa e violenta. L'era dell'assurdo, in cui spariscono compassione, logica, coscienza, e persino l'umile buonsenso. Perché se le lettere suonano assurde fin dall'intestazione in cui sta scritto il destinatario, le storie che le provocano lo sono ancora di più: una vedova di 75 anni viene frustata perché si è fatta portare cinque pagnotte dal vicino di casa, nipote tra l'altro del marito defunto, e ciò rivela per la polizia religiosa saudita l'intento di “commettere atti di corruzione”; una ragazza pakistana di 17 anni viene bastonata per strada, tenuta inchiodata a terra da quattro virtuosi talebani e battuta dal quinto, perché accusata di avere una “relazione illecita”; una giovane femminista iraniana viene torturata in carcere per aver raccolto firme che chiedono al suo paese di garantire uguali diritti alle donne, e così via.
Sua Maestà, Sua Eccellenza e la Reale Ambasciata devono essere abbastanza stanchi di me, e in effetti anch'io lo sono un po' di loro. Ma la cosa più assurda di tutte è che ben pochi altri si prendono la briga di disturbarli.
Dopo l'omicidio di Sitara Achakzai, consigliera provinciale afgana e attivista femminista, nello scorso aprile, una delle mie amiche del luogo mi ha scritto: «Stiamo impazzendo. Non sappiamo mai chi sarà la prossima a subire un attentato, ad essere sfregiata dall'acido, mutilata, uccisa. La cosa terribile è che al mondo intero questo sembra non interessare affatto». Sitara, un mese prima di essere assassinata, aveva organizzato per l'8 marzo un incontro di preghiera per la pace a cui avevano partecipato 1.500 donne. Chi l'ha uccisa si chiama Qari Yousef Ahmedi, portavoce talebano, che si è vantato pubblicamente dell'omicidio. Non mi risulta che si trovi in carcere. Porgo le mie scuse a Vostra Altezza, a Sua Eccellenza, e Sua Eminenza, ma non mi si sono ancora consumati né inchiostro né spirito.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 18 giugno 2009)