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Maria Pina Ciancio: STORIE MINIME e una poesia per Rocco Scotellaro
20 Giugno 2009
 

 

Lo spaesamento ecco cos’è:

 

un tempo in cui le mani non sanno più
se stringersi a pugno

o fermarsi

 

distendesi a ramo sul cuscino

 

(da Storie minime, p. 33)

 

 

Queste non sono poesie, ma versi e storie minime, nati «oltre la Svizzera» (parla chi è nata a Winterthur, e torna presto in una patria locale e italiana, «fatta di identità e di spaesamento»). Non dopo la Svizzera, ma oltre: per dire che il nuovo Paese è stato abbandonato sia ieri – il passato è passato – sia per sempre, e le conseguenze affollano ancora il presente, di una donna e di molti.

Non solo: i versi e le storie, che non si chiamano più poesie, sono «cavernosi e imperfetti», come le storie e la vita di Scotellaro. Cavernosa e imperfetta – dopo Scotellaro: «Rocco morto» – sarà Amelia Rosselli, nei testi e nella dizione, anche pubblica [i testi assomigliano a chi li scrive, la voce ripropone una storia pesante: dunque si sperimenta con la vita, si sperimenta la vita].

[…]

Lo stile è passione, oppure non è niente. Ma lo stile di queste metafore è – e sia – libero, oppure non è – e non sarà – niente. E Amelia parlava del suo amico, prima di tutto e dello stile; e dopo la cosa che qui si chiama Svizzera, cioè la perdita (e la perduta).

Così l’imperfezione cavernosa eccita la libertà stilistica, inattuale e senza Accademia (i segni sono evidenti: le maiuscole su Primavera ed Estate, i paragoni, l’anafora, il parlare di piante e animali reali, non mitizzati o simbolici; e l’esortazione ad un figlio). La libertà di dire chiede anche la prosa, che descrive e informa – quindi la libertà si mescola con tutto il resto, e con tutto. Gli stili si ibridano, come in una vita. Intanto l’emigrazione «ha ripreso a mietere e falciare altra gente»: compie gli antichi gesti dell’agricoltura, reali, e i gesti metaforici di una Morte personificata, che spinge i vivi oltre. Anche questo modo di parlare – in cui il non-detto è vasto quanto il detto – è la libertà di una «imperfezione» radicale. Ecco ciò che è esplicito e implicito nella scrittura di Maria Pina.

[…]

Qui non ci sono stanze morbide e non c’è riposo: chi pratica l’«imperfezione» delle storie minime si muove. E chi legge, dai suoi abitacoli comodi o nevrotici, impara che è impossibile, davvero impossibile – e forse vergognoso – scrivere senza intensità: «la protesta ha bisogno di passione», e la passione, che protesta, ha anche il suo stile. Questo stile fa una cosa serena e forte: rinuncia a rinunciare ai campi* quindi si espone al dolore dell’oltre la Svizzera.

 

[da Una lettera sull’intensità di Massimo Sannelli in postfazione, pp. 41-45]

 

 

 

Mi abitano i paesi spopolati

e il vento

 

la luce che scorre in un istante

e frana nella crepa dei calanchi

 

nella carne

 

(p. 13)

 

 

*

 

(Sola andata)

 

I cartelli stradali sono tutti uguali stanotte

e puntano dritti alla confluenza del Sinni

unica salvezza che separa dall’attimo

 

un viaggio di sola andata

una via di fuga forse

una morsa sfilacciata dalla resa

 

Lungo strade mezzevuote

il vento arruffa il pelo delle capre

e rallenta la corsa verso casa

dove senza sentenza attendono gli affetti

silenzi imperfetti

incapacità di muoversi

……………………………. a volte

fianco a fianco

 

Il riparo atteso della notte 

 

(p. 15)

 

 

*

 

Abbiamo allineato lo sguardo

i passi, i vasi dei geranei

sul selciato ancora fresco

senza sapere che nel vaso di pietra

riverso alla finestra

sono cresciuti i cardi stanotte

 

con la testa capovolta nella crepa

 

(p. 29)

 

 

Maria Pina Ciancio di origine lucana è nata a Winterthur (CH) nel 1965. Trascorre la sua infanzia tra la Svizzera e il Sud dell’Italia, dove attualmente vive coniugando la passione per l’insegnamento a quella per la poesia e la scrittura. Viaggia fin da quand’era giovanissima alla scoperta dei luoghi interiori e dell’appartenenza, quelli solitamente trascurati dai flussi turistici di massa, in un percorso di riappropriazione della propria identità e delle proprie radici. Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia, alla narrativa, alla saggistica. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo Il gatto e la falena (Premio “Parola di Donna”, 2003), La ragazza con la valigia (Ed. LietoColle, 2008), Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro (Fara Editore 2009). Suoi scritti e interventi critici sono ospitati in cataloghi, antologie e riviste di settore. È presidente dell’Associazione Culturale LucaniArt e su internet cura uno spazio laboratoriale sul romanzo e la poesia in Basilicata: http://lucaniart.wordpress.com

 

 

Ulteriori riferimenti al libro, sul sito dell’editore:

www.faraeditore.it/html/siacosache/ciancio.html


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