Buone notizie per la possibilità di lasciare ai propri figli anche il cognome materno, e più in generale il doppio cognome, arrivano dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. Il 9 giugno è infatti stato depositato il testo unificato da parte della relatrice, nonché presidente della stessa commissione, Giulia Buongiorno (foto). Nell'ultima seduta il Governo ha preannunciato di fornire un parere, confidiamo che sia positivo e che arrivi già martedì 16 giugno quando è di nuovo all'ordine del giorno. In particolare siamo fiduciosi che il sottosegretario Maria Elisabetta Alberti Casellati sappia far valere la necessità di adeguare la nostra legislazione come richiesto da una sentenza della Consulta e dal rispetto di convenzioni internazionali e nel rispetto delle pari dignità uomo-donna.
Se fino ad oggi il cognome dell'uomo, marito o genitore, ha sempre prevalso, persino come consuetudine anche nei casi in cui la legge taceva, come nel caso dei figli nati nell'ambito del matrimonio, è necessaria una modifica che rispecchi non solo i cambiamenti di costume avvenuti nella società ma che prenda anche atto dell'uguaglianza uomo-donna.
Nel caso di un figlio nato dentro il matrimonio, o riconosciuto da entrambi i genitori, la consuetudine di una società patriarcale e maschilista ha sempre dato per scontato che il cognome fosse quello del padre. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 61 depositata il 16 febbraio 2006, ha ammesso che l'attribuzione ai figli del cognome del padre è retaggio di una tramontata potestà patriarcale ma non è possibile dichiarare illegittima una legge che solo il Parlamento può cambiare. La Consulta ha dunque dichiarato inammissibile la questione sollevata dalla Corte di Cassazione e non ha potuto dar ragione a una coppia che richiedeva il riconoscimento per il figlio del cognome materno. Intervenire su una questione del genere, avvertono i giudici, esorbita dalle competenze della Corte, non potendo risolvere scelte discrezionali che può e deve fare solo il Parlamento. Ecco l'urgenza e la necessità di un intervento legislativo che avvicini l'Italia alle legislazioni degli altri Paesi europei e ci metta in regola con le convenzioni internazionali, come quella adottata a New York il 18 dicembre 1979, ratificata ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132, con cui l'Italia si è impegnata ad eliminare ogni discriminazione nei confronti della donna in famiglia, compresa quella relativa alla scelta del cognome.
Donatella Poretti