Morbegno, Museo di Storia naturale
Sabato 6 giugno 2009, ore 20:30
Teatro sperimentale
IL GRUPPO T.D.O. VALTELLINA
presenta
Il valzer delle
relazioni mancate
Spettacolo di teatro – forum
sul tema della solitudine
conduce Roberto Mazzini accompagnato da Lela
La serata è dedicata ad Augusto Boal
Introduzione al teatro dell'oppresso
a cura di Laura Candiotto
Il Teatro dell’Oppresso di Augusto Boal è nato in stretto contatto con la pedagogia di Freire e in un certo senso rappresenta una delle sue applicazioni pratiche. Il TdO stesso ha una funzione politica, estremamente marcata alla sua nascita, e presente ma come conseguenza nella sua prosecuzione in Europa, dove la finalità principale è sociale. In entrambi i casi, comunque, sono esemplificative per descrivere l’attitudine pratica di questa forma di teatro, le seguenti parole di Paulo Freire:
Nel mondo della storia, della cultura, della politica, constato non per adattarmi ma per cambiare (…) nel constatare, diventiamo capaci di intervenire sulla realtà un compito incomparabilmente più complesso e capace di creare nuovi saperi del semplice adattarsi delle cose.
In queste parole troviamo espresse le due modalitàteoriche fondamentali per il TdO e cioè l’analisi della situazione (la coscientizzazione di Freire) e la trasformazione di tale situazione; la trasformazione che si compie nella scena teatrale non può mai essere scissa dalla trasformazione nella vita reale.
Vediamo ora i nuclei teorici tratti da Freire che caratterizzano il Teatro dell’Oppresso:
- secondo Freire l’oppresso non riesce a liberarsi dall’oppressore perché è assoggettato dalla sua logica e la condivide nel momento in cui intende la liberazione come movimento che lo porta dall’essere oppresso all’essere oppressore. La liberazione invece nasce nel momento in cui l’oppresso scaccia da dentro di sé l’ombra dell’oppressore:
A ciò corrisponde l’“espulsione” dell’oppressore da “dentro” dell’oppresso in quanto ombra invadente.
Il TdO riprende la tematica dell’ombra o della maschera e propone degli esercizi preparatori che permettono il riconoscimento della propria maschera e la demacchinazione dai ruoli abituali. In questi esercizi ha un forte rilievo la presa di coscienza corporea; tale presa di coscienza può nascere praticando il proprio corpo, facendo esercizi di espressività corporea dove sono messi in atto muscoli che solitamente sono inattivi.
Vi è un nesso molto forte tra mente e corpo, nel quale il corpo pensiero oltre ad essere espressione della mente e un portare il verbale nel non verbale.
Un movimento corporeo un pensiero. (…). E tuttavia tutte le idee, tutte le immagini mentali, tutte le emozioni si rivelano fisicamente. È la prima globalità quella degli apparati fisico e psichico. La seconda globalità sono i cinque sensi: nessuno esiste separatamente, anch’essi sono tutti legati. Le attività corporee sono attività del corpo tutto intero.
Secondo Boal, noi pensiamo con tutto il corpo, non solo con il cervello. Il nostro corpo ha capacità di comprendere il mondo e di risolvere problemi in un modo peculiare che riecheggia le ricerche sulle diverse intelligenze di Gardner; pertanto un lavoro di risveglio delle potenzialità fisiche e dei sensi è una precondizione per una buona riflessione e un buon lavoro mentale. Nello stesso tempo, dice Boal, noi agiamo i nostri pensieri, esteriorizziamo con il corpo i nostri vissuti interiori: e pertanto la relazione tra mente, corpo ed emozione è circolare, è un insieme di influenze reciproche non univoche né predeterminate.
- L’educazione di Freire ed il teatro di Boal hanno in comune la funzione di smascheramento; il teatro stesso può essere una modalità dell’educazione, per smascherare. L’azione tuttavia non si ferma mai al solo smascheramento, ma deve (qui ritroviamo il concetto di eticit di Freire) proseguire in un atto di trasformazione del reale.
L’educazione è un modo di intervenire sul mondo. (…) dialettica e contraddittoria: l’educazione non potrebbe essere né soltanto una né soltanto l’altra di queste due cose. Non solo riproduttrice né solo smascheratrice dell’ideologia dominante. L’educazione non è mai stata, non è né può essere neutrale, “indifferente” nei confronti di ciascuna delle due ipotesi – quella della riproduzione dell’ideologia dominante o quella della sua contestazione.
Boal con la creazione del TdO, si propone di utilizzare gli strumenti teatrali per analizzare e trasformare la realtà «restituendo al popolo i mezzi di produzione teatrale». (…) In altre parole l’obiettivo è lo sviluppo della “teatralità umana”, cioè della capacità di ogni persona (non solo dell’artista) di usare il linguaggio teatrale, di “essere teatro”, usando questo medium per conoscere il mondo reale e trasformarlo.
- Gli esercizi teatrali permettono di sperimentare in scena degli smascheramenti che poi verranno portati nella vita reale. È importante esercitarsi a liberarsi perché...
Gli oppressi, che introiettano l’ombra degli oppressori e seguono i loro criteri, hanno paura della libertà perché essa, comportando l’espulsione di questa ombra, esigerebbe che il vuoto da lei lasciato, fosse riempito con un altro “contenuto”, quello della loro autonomia, o della loro responsabilità senza la quale non sarebbero liberi.
La prova dell’azione liberatrice, fatta in scena, chiarifica (a livello razionale ed emotivo) i problemi e stimola ad agire di conseguenza nella vita quotidiana.
- Boal ritiene che in Europa non ci siano oppressioni come quelle per le quali era nato il TdO in Sud America, seguendo le indicazioni ed il lavoro di Freire; tuttavia ci sono delle oppressioni particolari, le quali sono sedimentate ed agiscono “nella testa” degli individui. Per questo tipo particolare di oppressione Boal ha inventato gli esercizi del “Poliziotto nella testa”.
- Freire suggeriva di proporre agli oppressi, come pratica di liberazione, degli slogan degli oppressori; suggeriva di proporli in maniera problematica, incitando alla ricerca di soluzioni. Da questa pratica si poteva provocare la loro espulsione dal di dentro degli oppressi.
Il TdO riprende questa pratica nel Teatro Forum dove si vive in scena una dinamica di oppressione e si cercano varie vie per risolverla. È interessante che la ricerca di soluzioni non si svolge solo a livello intellettuale mediante il vagliare una serie di ipotesi, ma si vive concretamente, praticandola in scena con il proprio corpo e la propria mente. Questo a mio parere fa sì che questa pratica assuma più efficacia.
È importante anche puntualizzare che l’analisi e la trasformazione non vengono intese solo come un processo logico-razionale, ma anche intuitivo, emotivo, sensoriale ed energetico, che si traduce poi in azione teatrale in senso lato.
A mio parere bisogna far attenzione a non sclerotizzare i ruoli oppressi – oppressori dal momento che, proprio perché c’è questa dialettica, gli oppressori sono anche oppressi e viceversa. Il TdO fa vedere che la maschera dell’oppressore è dentro ognuno di noi, non solo perché hai paura di liberartene, ma anche e proprio perch anche tu stesso sei il tuo oppressore, e quindi sei oppressore. Bisogna far attenzione a non sclerotizzare i ruoli specialmente nell’applicazione europea perché la molteplicità dell’esperienza di oppressione e la pluralità di interpretazioni che si possono fare a riguardo fa sì che un individuo possa essere oppresso per un rispetto ed oppressore per un altro.