Caro ...,
sento ora la diretta radiofonica della parata militare del 2 giugno. Assurdissima, in questa festa, l'unica di tutta la storia italiana pura da armi e guerra. Fu una votazione democratica civile, l'opposto assoluto delle armi. L'esercito non vi ha alcuna parte, non ha diritto di farla propria.
Il fatto che si festeggi la Repubblica con l'esibizione delle armi è una oscenità: tradisce il fatto che si identifica la patria con le armi, il fondo più barbaro del sentimento nazionale.
Ho scritto ogni anno, da circa 20 anni, a tutti i presidenti della Repubblica queste cose. Quest'anno non ho fatto in tempo, e sono anche scoraggiato perché l'ottimo Napolitano non perde occasione di glorificare l'esercito, che è, a volerlo proprio concedere, al massimo, la brutta necessità di difesa dello stato, se si rinuncia a costruire la difesa civile, senza guerra. Come se io identificassi casa mia con il cesso.
Si veda il libro classico, finalmente in italiano, edito da Centro Gandhi di Pisa, di Ekkehart Krippendorff, Lo Stato e la guerra. L'insensatezza delle politiche di potenza: lo studioso della Freie Universitaet di Berlino mostra come storicamente lo stato moderno è sorto intorno all'esercito, e non è questo uno strumento dello stato, ma viceversa: lo stato uno strumento della guerra. Il costituzionalsimo non ha superato questo male originale. La nostra Costituzione lo dice nell'art. 11, ma nessuna politica lo fa. Allora capisco il livello di barbarie in abito civile in cui siamo ancora immersi. Il 2 giugno militarizzato ne è il segno impudicamente esibito.
Ora, ipocritamente, si decanta il risparmio di un milione da devolvere ai poveri terremotati, ottenuto con la riduzione della parata. Ma io vorrei sapere - e tu puoi saperlo e dirmelo - quanto si è speso, e non si dice, sull'altare del culto dell'omicidio patriottico precedente ogni civiltà.
Attendo una parola simile a queste mie dal personale politico democratico.
Con un caro saluto
Enrico Peyretti, Torino