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Prostituzione. Governare i fenomeni sociali e non ridurli alla clandestinità!
30 Maggio 2009
 

Stamane, 30 maggio, con una delegazione di radicali (Eugenio Mascagni, Francesco Scatragli ed Edoardo Quaquini) siamo andati a visitare il quartiere aretino che, fino al 1958 ospitava le case di piacere, poi chiuse dalla legge Merlin, e dove gli abitanti ci hanno raccontato le storie. I nomi dei bordelli di Arezzo, di via delle Fosse e di via delle Paniere, erano rispettivamente “il paradisino”, “la gozzona” (il peggiore e più economico, per i militari), “la bruna”, “la bianchina” e “la tettoia” (il più prestigioso, dove andavano i facoltosi, notai, avvocati e preti).

Nella conferenza stampa che abbiamo tenuto a seguire, questo il mio intervento in materia:


Governare i fenomeni sociali e non ridurli alla clandestinità. Soluzione apparentemente semplice e banale, nella pratica politica impossibile. Tra i tanti esempi quello della prostituzione e l'intervento del Governo che, per cancellare la prostituzione di strada, intende arrestare clienti e prostitute.

Il fenomeno prostituzione non può essere affrontato in modo monolitico: una cosa è quella di chi è costretto a vendere il proprio corpo, altra chi sceglie liberamente di farlo o di essere consumatore di quel servizio.

Per chi è costretto a prostituirsi le leggi ci sono già (schiavitù e tratta degli esseri umani), vanno solo applicate favorendo le forze dell'ordine nel loro compito, con maggiori risorse e anche liberandole del tempo che oggi utilizzano per perseguire chi agisce in libertà di scelta.

Il Parlamento, invece, ha recentemente introdotto una tassa sulla pornografia: ha mostrato, cioè, di muoversi in senso contrario. Invece di incentivare le libertà dei singoli in materia sessuale, fa pagare cara l'informazione pornografica. Continua a relegare il naturale desiderio del sesso fra le cose più ambite, costose, difficili e proibite, favorendo così la clandestinità di questo mercato, sia mediatico che umano. Il timore che tali scelte siano dettate da pregiudizi di natura moralistica e religiosa, è più che scontato: il vizietto di trasformare in reato ciò che, in base a determinate concezioni della vita, è peccato, non sarebbe una novità nel nostro ordinamento.

A quasi 50 anni dall’entrata in vigore della legge Merlin (20 febbraio 1958 n.75) è sotto gli occhi di tutti come il fenomeno della prostituzione sia degenerato: non solo non si sono chiuse le “case”, ma sono state aperte le strade; non solo non si è abolito lo sfruttamento, ma si è consegnato l’affare in regime di monopolio nelle mani delle organizzazioni criminali, che attraverso la violenza, la minaccia o l’inganno reclutano, gestiscono l’attività, recepiscono i profitti delle persone che si prostituiscono, oltre ad impedire l’abbandono della prostituzione da parte di persone che lo desiderino.

Il disegno di legge del nostro Governo è un provvedimento demagogico: propone una integrazione della legge Merlin, ma in contrasto con la finalità di quella legge, cioè la protezione della scelta di prostituirsi. Ciò che la legge del Governo intende colpire è già sanzionato dai nostri codici, per cui non c'è necessità di introdurre un nuovo reato: l'articolo 1 del disegno di legge Carfagna prevede, per chi si prostituisce in pubblico e per chi ne usufruisce, ammende da 200 a 3.000 euro. Grazie -e non solo- al fatto che in merito non è prevista una copertura finanziaria, avremo solo un ulteriore intasamento di tribunali già al collasso (9 milioni di processi pendenti e 140.000 prescrizioni all'anno), con l'aggiunta di costi di traduzione visto che la prostituzione per strada è esercitata per lo più da persone straniere. Non essendo, allo stato, neanche disponibili fondi per contrastare la tratta degli esseri umani e la prostituzione minorile... si capisce in quale buco nero sta per essere spinto questo problema.

La legislazione in materia di prostituzione adottata da alcuni Paesi europei va in altra direzione. Sintomatico il caso della Svezia che, vietata del tutto la prostituzione, colpisce solo i clienti.... ma il fenomeno è in crescita, clandestinamente. In Olanda e Belgio la prostituzione è legalizzata ormai da molti anni e non rappresenta un problema. In Germania, dove la regolamentazione è più recente, le prostitute hanno adeguata assistenza sociale e sanitaria. In Austria la si autorizza in alcune zone urbane, mentre in Svizzera si prevede una autorizzazione per coloro che affittano camere alla bisogna. In questa direzione anche le legislazioni in Spagna e Grecia.

L'Olanda, in particolare, anche su pressione delle stesse organizzazioni dei cosiddetti “sex workers” (lavoratori sessuali), si è deciso di procedere alla legalizzazione della prostituzione ed alla trasformazione di questa attività in una normale professione, sotto forma di lavoro dipendente, indipendente o cooperativo, con i diritti e doveri che ne conseguono, compresi quelli relativi all’assicurazione previdenziale e di tassazione. Questa misura ha permesso di separare la prostituzione volontaria da quella coatta: la prima è “emersa” ed ha trovato forme legali di svolgimento, minimizzando i costi che ricadono sulla società e sulle persone che svolgono l’attività. L’apparato repressivo si è potuto così concentrare in modo più efficace ed efficiente sulla lotta alla prostituzione coatta ed allo sfruttamento, compreso quello dei minori, delle persone minorate o tossicodipendenti.

Ed è a questo modello che si ispira il mio disegno di legge, partendo dal presupposto che è più efficace governare i fenomeni che non proibirli: nella clandestinità che il Disegno di legge del

Stamane, 30 maggio, con una delegazione di radicali (Eugenio Mascagni, Francesco Scatragli ed Edoardo Quaquini) siamo andati a visitare il quartiere aretino che, fino al 1958 ospitava le case di piacere, poi chiuse dalla legge Merlin, e dove gli abitanti ci hanno raccontato le storie. I nomi dei bordelli di Arezzo, di via delle Fosse e di via delle Paniere, erano rispettivamente “il paradisino”, “la gozzona” (il peggiore e più economico, per i militari), “la bruna”, “la bianchina” e “la tettoia” (il più prestigioso, dove andavano i facoltosi, notai, avvocati e preti).

Nella conferenza stampa che abbiamo tenuto a seguire, questo il mio intervento in materia:


Governare i fenomeni sociali e non ridurli alla clandestinità. Soluzione apparentemente semplice e banale, nella pratica politica impossibile. Tra i tanti esempi quello della prostituzione e l'intervento del Governo che, per cancellare la prostituzione di strada, intende arrestare clienti e prostitute.

Il fenomeno prostituzione non può essere affrontato in modo monolitico: una cosa è quella di chi è costretto a vendere il proprio corpo, altra chi sceglie liberamente di farlo o di essere consumatore di quel servizio.

Per chi è costretto a prostituirsi le leggi ci sono già (schiavitù e tratta degli esseri umani), vanno solo applicate favorendo le forze dell'ordine nel loro compito, con maggiori risorse e anche liberandole del tempo che oggi utilizzano per perseguire chi agisce in libertà di scelta.

Il Parlamento, invece, ha recentemente introdotto una tassa sulla pornografia: ha mostrato, cioè, di muoversi in senso contrario. Invece di incentivare le libertà dei singoli in materia sessuale, fa pagare cara l'informazione pornografica. Continua a relegare il naturale desiderio del sesso fra le cose più ambite, costose, difficili e proibite, favorendo così la clandestinità di questo mercato, sia mediatico che umano. Il timore che tali scelte siano dettate da pregiudizi di natura moralistica e religiosa, è più che scontato: il vizietto di trasformare in reato ciò che, in base a determinate concezioni della vita, è peccato, non sarebbe una novità nel nostro ordinamento.

A quasi 50 anni dall’entrata in vigore della legge Merlin (20 febbraio 1958 n.75) è sotto gli occhi di tutti come il fenomeno della prostituzione sia degenerato: non solo non si sono chiuse le “case”, ma sono state aperte le strade; non solo non si è abolito lo sfruttamento, ma si è consegnato l’affare in regime di monopolio nelle mani delle organizzazioni criminali, che attraverso la violenza, la minaccia o l’inganno reclutano, gestiscono l’attività, recepiscono i profitti delle persone che si prostituiscono, oltre ad impedire l’abbandono della prostituzione da parte di persone che lo desiderino.

Il disegno di legge del nostro Governo è un provvedimento demagogico: propone una integrazione della legge Merlin, ma in contrasto con la finalità di quella legge, cioè la protezione della scelta di prostituirsi. Ciò che la legge del Governo intende colpire è già sanzionato dai nostri codici, per cui non c'è necessità di introdurre un nuovo reato: l'articolo 1 del disegno di legge Carfagna prevede, per chi si prostituisce in pubblico e per chi ne usufruisce, ammende da 200 a 3.000 euro. Grazie -e non solo- al fatto che in merito non è prevista una copertura finanziaria, avremo solo un ulteriore intasamento di tribunali già al collasso (9 milioni di processi pendenti e 140.000 prescrizioni all'anno), con l'aggiunta di costi di traduzione visto che la prostituzione per strada è esercitata per lo più da persone straniere. Non essendo, allo stato, neanche disponibili fondi per contrastare la tratta degli esseri umani e la prostituzione minorile... si capisce in quale buco nero sta per essere spinto questo problema.

La legislazione in materia di prostituzione adottata da alcuni Paesi europei va in altra direzione. Sintomatico il caso della Svezia che, vietata del tutto la prostituzione, colpisce solo i clienti.... ma il fenomeno è in crescita, clandestinamente. In Olanda e Belgio la prostituzione è legalizzata ormai da molti anni e non rappresenta un problema. In Germania, dove la regolamentazione è più recente, le prostitute hanno adeguata assistenza sociale e sanitaria. In Austria la si autorizza in alcune zone urbane, mentre in Svizzera si prevede una autorizzazione per coloro che affittano camere alla bisogna. In questa direzione anche le legislazioni in Spagna e Grecia.

L'Olanda, in particolare, anche su pressione delle stesse organizzazioni dei cosiddetti “sex workers” (lavoratori sessuali), si è deciso di procedere alla legalizzazione della prostituzione ed alla trasformazione di questa attività in una normale professione, sotto forma di lavoro dipendente, indipendente o cooperativo, con i diritti e doveri che ne conseguono, compresi quelli relativi all’assicurazione previdenziale e di tassazione. Questa misura ha permesso di separare la prostituzione volontaria da quella coatta: la prima è “emersa” ed ha trovato forme legali di svolgimento, minimizzando i costi che ricadono sulla società e sulle persone che svolgono l’attività. L’apparato repressivo si è potuto così concentrare in modo più efficace ed efficiente sulla lotta alla prostituzione coatta ed allo sfruttamento, compreso quello dei minori, delle persone minorate o tossicodipendenti.

Ed è a questo modello che si ispira il mio disegno di legge, partendo dal presupposto che è più efficace governare i fenomeni che non proibirli: nella clandestinità che il Disegno di legge del Governo non elimina ma incentiva socialmente ed economicamente, esiste solo la legge del più forte e i singoli soccombono alla violenza di chi per eccellenza gestisce la clandestinità, la malavita; nella legalità, invece, con diritti e doveri precisi, la persona è libera di scegliere.


Donatella Poretti


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