“Il senso dell’assenza
è la presenza dell’assenza”
Poco prima dell’alba, l’8 maggio, se ne è andato in punta di piedi. Così come era suo stile. Rispettoso dell’altro chiunque esso fosse. La sua dipartita è avvenuta silenziosamente nel bel mezzo dei suoi pensieri ‘pesanti’ e ‘leggeri’ allo stesso tempo, sul mondo, sulla Chiesa. Gli avevo spedito, regalato e dedicato il mio ultimo libro, quello a cui lui aveva dato il titolo già la bellezza di tredici anni fa, quando gli sottoposi per la prima volta l’esitante e iniziatica bozza di quella critica alla Chiesa ecclesiastica cattolica. Lui, come suo solito guardava verso il mare dalla sala di casa sua all’ottavo piano di via Corsica 9 a Genova, divenuto il suo grande studio.
È lì che ho passato infiniti momenti di bellezza dialogica, fraterna, affettuosa con lui, da quel lontano 1983 quando lo andai a trovare per la prima volta, molto timidamente, dopo che lui mi invitò in seguito ad una mia lunga lettera critica verso un suo poderoso articolo molto critico che aveva pubblicato allora su Il centauro, un rivista di intellettuali di sinistra sulla storia della Chiesa cattolica. Glielo sposavo in pieno e lo rilanciavo, nei miei pochi ventisei anni.
Fu così che divenimmo dialogici, sintonici e poi amici. Sapeva volerti bene. Profondamente. Lui, se li sceglieva gli amici. Non erano a caso. No, mai. Ognuno aveva per lui una peculiarità che lo attraeva e che lui non ‘sfruttava’ mai. Era sempre più quello che lui ti dava di quello che riuscivi tu a dare a lui, anche se era sempre lui ad esprimerti affetto, amicizia, vicinanza, tenerezza. Sì, perché tutti questi termini volevano e vogliono dire ancor oggi per me solo una cosa, un Padre, umano e spirituale. Lui sapeva prenderti in ‘affidamento’ con una modalità che ti stupiva perché i suoi silenzi e le sue parole, spesso biascicate, non andavano mai oltre il rispetto che aveva di te, del tuo essere te stesso anche quando il tuo pensiero fosse andato a scontrarsi con il suo.
Quando divenne socialista di Craxi io non ero in quella linea politica e quindi per evitare conflitti ci limitavano solo a delle battute così come quando è diventato berlusconiano. Eravamo su sponde diverse partiticamente parlando ma non per questo antagonisti. Lo stesso per quanto riguardava la teologia, il modello di Chiesa. Partivamo dai nostri punti opposti e ci incontravamo, alla fine, dove nessuno di noi avrebbe pensato di incontrarsi. Non nel mezzo e nemmeno senza sconti reciproci. Ma oltre i nostri limiti e le nostre possibilità in uno spazio ritessuto e riconnesso della progressione del pensiero e dell’esperienza umana e spirituale. Proprio qui. Era in questo spazio esistenziale che prendevano corpo i nostri più ‘grandi’ scambi sulla profondità della Vita, dell’Amore, della Morte, della Chiesa mistica, di Dio, del senso della politica e dell’essere nel mondo… ma non del mondo. Erano questi i parametri del nostro relazionarci. Ci immergevamo in questo humus spirituale dove le nostre anime si guardavano dentro senza ritegno e senza ritegno si confessavano profondamente la realtà immatura di una vita in divenire, per me, per lui.
Mi mancano da morire i nostri dialoghi che a volte facevamo anche al telefono quando non potevo correre da lui anche per solo poche ore, specie negli ultimi tempi quando la sua fisicità non rispondeva troppo bene alla malattia del morbo di Parkinson. «Lo sai Pierin», mi disse un giorno al telefono, «la mia mente è ancora più lucida di prima!» Era così lui. Sapeva chiamarmi in un giorno in cui voleva sentire una voce amica per sentire come stavo, per capire perché non mi ero fatto sentire da ‘troppo’ tempo nascondendo, o confessando timidamente il suo sentirsi solo. Si preoccupava degli amici come un papà, sincero e affettuoso. Non sbandava mai nei suoi sentimenti, era casto come un bambino e puro come un angelo. Sapeva cogliere tutto con la serenità di comprendere l’umano e lo spirituale nella pienezza di un’armonia che si faceva nel tempo. Ogni volta che mi accoglieva a modo suo, sapeva subito leggermi dentro lo stato del mio umore e mi donava e mi chiedeva subito un perché o una bella sorpresa che gli avevo fatto nell’apparirgli di fronte così come lui forse non mi aspettava. Ecco la sua grande capacità: sapermi leggere dentro con delicatezza, con rispetto con amore, senza invadere, senza disturbare, senza metterti in difficoltà. Si ritraeva mentre a volte gli sembrava di esser andato oltre, per una parola, un pensiero sempre positivo, ma terribilmente veritiero. Non si celava dietro doppi pensieri, affrontava il tuo ‘esistere’ come un ‘ospite’ delicato, pragmaticamente generoso. Quante volte mi ha portato a pranzo in un ristorantino – e con me altri cari amici – lì dietro casa sua… eppure ti congedava quando era il momento per i sui appuntamenti che richiedevano altri ritmi, altri ordini, altri ambiti. E tutto risuonava come un arrivederci a presto rilanciando così un nuovo appuntamento.
Gli ultimi tempi, parlo degli ultimi anni, incominciava a sentirsi appesantito e con i primi acciacchi. Dopo che gli ho inviato il mio libro sullo Scisma silenzioso l’ho chiamato al telefono – pochi giorni prima di morire – e lui mi ha fatto i complimenti di come è stato ben fatto e secondo lui dovrebbe avere successo… Era sempre caro nel fare i suoi apprezzamenti anche quando non condivideva l’idea… «poi alla fine è bene che tu lo pubblichi, perché tu sei così…» È stato questo il suo ultimo pensiero prima che pubblicassi lo Scisma.
Comunque il suo aver voluto essere stato composto nella bara con il camice e la stola, in forma liturgica, rivela il suo essere stato prete, sacerdote per sempre. Così come lui si sentiva nel profondo del suo cuore, della sua anima, del suo essere uomo di Dio, interprete originalissimo e profondissimo del divino nel mondo, della storia di Dio tra gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni latitudine. Era questo suo incarnarsi, questa sua sensibilità oltre il tempo e gli spazi. Manifestava esternamente attraverso le sue somatizzazioni le sue angosce e le sue preoccupazioni del mondo in nome di Dio. Senza avere la pretesa che la sua interpretazione fosse quella vera, quella giusta, l’unica assoluta. No. Rispettava quella di ciascuno con serenità e con diversità dell’essere uomo comune nel mondo, senza essere del mondo, ma non per questo eccezionale e straordinario. La Voce che lui diceva di aver seguito nella sua vocazione esistenziale è quella che lo ha condotto per sentieri tortuosissimi tanto da farlo sbandare ma mai perdere né la Fede, nonostante dicesse che avesse avuto lunghi periodi in cui il Signore lo sentiva assente, né la Speranza nella Vita e nell’Amore per il mondo e per la Chiesa. Quella Chiesa che lo ha fatto soffrire terribilmente specie durante la sospensione a divinis a causa del suo impegno elettorale nel partito socialista di Craxi. Quante volte mi ha scritto dall’aereo che lo stava portando a Bruxelles o che lo stava riportando a Genova per dirmi, nella sua calligrafia storta aggravata dal viaggio, cose di un’intensità spirituale senza misura. La sua sollecitudine e la sua vicinanza mi hanno colpito quando tre anni fa, per ben tre mesi in cui mi madre si è ammalata gravemente e lui ogni giorno, tutti i pomeriggi mi chiamava per chiedermi come stesse la mamma e accoglieva tra le mie parole anche quelle lacrime e quei singhiozzi per una fine inesorabile che di lì a poco l’avrebbe portata via. Lui seppe starmi vicino specie quando lo andai a trovare subito dopo il funerale, dicendomi parole di grande conforto e affettuosità ma facendomi guardare oltre in un momento nel quale lui vedeva per me l’aprirsi di un ‘nuovo tempo’ per la mia vita.
E così è stato. Oggi, anche lui mi ha lasciato, solo. Ma se debbo adottare la sua interpretazione che tre anni fa mi ha donato dopo la morte di mia mamma per l’oggi – dopo la sua dipartita –, debbo dire con serenità che mi ha lasciato sì un grande vuoto, ma anche una grande ricchezza. Quella di averlo potuto conoscere per ben trent’anni e per ben trent’anni averlo avuto accanto come amico e come Padre spirituale. Un padre che prima che tu parlassi ti sapeva ‘pescare’ con i suoi occhioni grandi colmi di umana dolcezza e comprensione se non anche belli per quel tocco naturale e culturale della sua provenienza catalana per via materna. E queste sue caratteristiche lo hanno plasmato e ha plasmato con estremo pudore la vita tanto da invadere terreni della politica italiana che altri non riuscivano neppure a sfiorare. Ha cavalcato sentieri scoscesi e abissi inesorabili a tutti i livelli compreso quello ecclesiastici e teologici dove lui volava diecimila piedi più in alto e che però lo maceravano dentro quando vedeva la Chiesa perdersi nei percorsi umani senza storia spirituale, vera autentica. Il suo intuito, la sua sensibilità umana e soprattutto quella spirituale lo hanno sempre fatto sentire in mezzo alla gente. «Sapessi Pierìn quei vecchi socialisti con quale passione tengono alta la bandiera della loro storia Socialista…!», così come quando tornò dal Cile di Pinochet dopo essere stato lì per conto di Repubblica a svolgere un’inchiesta sulla dittatura militar. La sua era una passione infinita che mi raccontava coll’entusiasmo al ritorno da queste sue esperienze politiche di grande intensità: gli brillavano quei grandi occhi vivaci ai quali non potevi che rispondere con la bellezza e la profondità di una persona così che ti interpella e ti fa sentire parte della sua vita e ti vuol comunicare l’essenza profonda e notevole di una condivisione di ideali e di prassi politica ed umana di notevole spessore.
Ora mi fermo qui. Avrei da raccontare per pagine e pagine dei nostri dialoghi e dei nostri confronti. Mi fermo qui. E lancio da queste pagine del mondo immateriale del Web l’ultimo saluto a Gianni, il mio caro Gianni che lascia un gran vuoto nella mia vita spirituale e umana, ma che sento già mi sta sostenendo interiormente come qualcuno che avendoti voluto tanto Bene, non ti può lasciare, non ti può abbandonare, non può farti sentire la sua assenza materiale, fisica perché in realtà sta già entrando silenziosamente ma inesorabilmente ‘dentro’ il tuo cuore e la tua anima, quelle che lui ha abitato per tanti anni e per tanti momenti della mia esistenza.
Da ora ricomincio una nuova vita con lui, una vita tutta intima e speciale, come quella che ho con la mia cara mamma: sentirli Vivi dentro di me nonostante il loro corpo si stia dissolvendo nel ventre della terra. Quel che conta è che questi affetti non muoiono mai, te li porti con te fino alla fine dei tempi, inscalfibili, immodificabili, e sempre più prossimi, ricambiati nonostante l’assenza ‘fisicamente assente’. Un’assenza che lascia però immodificabile la loro essenza, che spezza le catene del tempo e sono rintracciabili nell’Infinito dell’Eternità, insieme.
Ciao caro Gianni, adDio!! Tuo Piero.
Piero Cappelli