In attesa della crisi
L’originale menzogna del governo Bush della esportazione della democrazia, venne anche sostenuta da un’altra menzogna che lo stesso Bush dovette confessare, cioè la certezza della presenza di armi di distruzione di massa, che avrebbero giustificato l’aggressione a difesa e tutela dell’integrità dell’intero Occidente, del quale Bush si sentiva paladino.
La certezza proveniva dall’avere fornito tali armi in occasione della guerra contro l’Iran e in occasione dello sterminio dei curdi; praticamente aveva le bolle di consegna di quelle armi, ma non se ne trovò traccia perché il feroce dittatore, fin allora protetto e sovvenzionato dagli USA aveva provveduto alla loro distruzione, per cancellare le prove di molti dei suoi crimini.
Tali menzogne non servivano solamente a giustificare l’aggressione all’Afghanistan e all’Iraq, ma rappresentavano il più logico supporto alla dilatazione dei conflitti e dell’imperialismo neo-colonialista e al sostegno dei nuovi interessi strategici in tutte le nuove aree politiche e geografiche che insistono nell’enorme bacino del petrolio.
La minaccia di una crisi economica rappresentò il terreno di coltura ottimale per motivare la recrudescenza violenta, pur sempre ammantata dalla litania della esportazione della democrazia e della difesa dell’integrità dell’Occidente, periodicamente minacciata e puntualmente esaltata dal solito Bin Laden elevato ad icona del male, ma benefattore della politica di Bush, tant’è che quasi un decennio di ricerche da parte della più potente organizzazione spionistica del pianeta non è riuscito a recuperarne le tracce. Bin Laden ha rappresentato il miglior testimonial per la propaganda delle guerre esterne di difesa.
La crisi economica, paventata e minacciata, è servita a lungo per fornire gli argomenti giustificativi di una guerra inutile e dannosa.
La speranza di protrarre nel tempo le conseguenze economiche delle folli spese militari, ha prodotto l’acuirsi imponderabile della medesima crisi, che è esplosa autonomamente, ormai priva di ogni controllo.
La piccola e media borghesia americana, quella che sta pagando i costi immensi di tale crisi, ha fatto marcia indietro e, così come nel 1929 elesse Roosevelt per riportare la politica economica nell’alveo della politica sociale, distraendola dall’alveo della finanza, adesso ha eletto Barack Obama, per capovolgere i termini operativi e ricominciare daccapo investendo le risorse nel lavoro, nella produzione, nell’innovazione, nella ricerca e non più nei consumi, specie se di armi.
L’Occidente Europa cerca di seguire il passo, consapevole di non disporre delle risorse americane, ma convinta di dover modificare metodi dimostratesi fallimentari.
Fa eccezione l’Italia; questa Italia che nel 1929 non capì l’inversione di marcia di Roosevelt e si affidò a Mussolini; così oggi non capisce l’inversione di Obama e prosegue a concedere credito a Berlusconi. Interviene a sostegno del cavaliere anche la Chiesa, che sta subendo il rinnegamento dello Sviluppo del Magistero sociale della Chiesa e delle risoluzioni del Concilio Vaticano II, per seguire ed inseguire la deriva liberista, nel cui orizzonte si profila l’autoritarismo politico, che per la Chiesa potrebbe diventare l’autoritarismo religioso.
Rosario Amico Roxas