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Maria G. Di Rienzo. Un occhio solo
22 Maggio 2009
 

Le donne sono al centro di tutti i progetti fondamentalisti. I corpi delle donne, la loro sessualità, i ruoli e le relazioni di genere sono i capisaldi del controllo sociale: una volta che lo si sia ottenuto in questi campi muoversi verso altri soggetti, gruppi, o istanze, è molto più facile.

È tipico il modo in cui le agende fondamentaliste definiscono se stesse tramite le donne, costruendo una “donna ideale” che incorpora non solo una nozione di femminilità, ma elementi specifici rispetto a cultura, nazione e religione, elementi che servono a distinguere le “nostre” donne dalle donne degli “altri”. Ovviamente non tutte le donne possono conformarsi allo stereotipo, nonostante le pressioni esercitate in modo formale ed informale su di esse, ma la cosa ha importanza relativa, perché la verità è che lo stereotipo serve a costruire l'identità del gruppo.

Tramite la donna ideale, si traccia una linea netta tra i concetti di pubblico e privato, stabilendo momenti/soggetti legittimi e rispettabili per la partecipazione pubblica delle donne e momenti/soggetti non leciti.

Spesso, per esempio, le donne possono divulgare e propagandare le politiche fondamentaliste, ma non discuterle o trasformarle. Possono occuparsi delle cosiddette “questioni femminili” definite di volta in volta dagli uomini, ma non di altre. Possono essere istruite se questo contribuisce all'affermarsi della causa, e tolte dalle scuole quando ciò non è più necessario.

Perciò, l'oppressione sperimentata dalle donne nei progetti fondamentalisti non è uniforme: alcune “donne ideali” rivestiranno cariche pubbliche, o sarà loro conferito lo status di “predicatrici” o di “guerriere rivoluzionarie” o di “figlie/madri predilette della nazione” e così' via, ottenendo il duplice scopo di indicare un modello e di prendere per i fondelli la comunità internazionale.

La costruzione del modello ideale crea simultaneamente l'immagine di ciò che ideale non è, e cioè delle devianti “altre” donne, le donne cattive e pericolose verso cui violenza, discriminazione e stigmatizzazione diventano legittime. I crimini di massa contro le donne sono un'estensione logica di questo pensiero, sia all'interno della comunità data sia all'esterno: il massacro e gli stupri delle donne musulmane a Gujarat nel 2002 ed il massacro e gli stupri delle indo-fijane dopo il colpo di stato nelle Fiji del 2000, sono la concretizzazione dell'ideologia che vede le donne come custodi dell'onore del gruppo. I loro corpi e la loro sessualità sono i campi di battaglia in cui denigrare ed umiliare il gruppo rivale.

Ciò che i fondamentalismi cercano di rendere invisibile all'interno dei gruppi sono le gerarchie basate su classe/casta sociale, sesso, età, disabilità, di modo che la collettività venga rappresentata da una singola voce. Questo processo naturalmente non ha niente a che fare con il rispetto delle “diverse culture”, essendo il suo fine di spegnere tutte le voci tranne una per utilizzare la comunità come attrezzo politico. La manipolazione di sentimenti religiosi o nazionalisti, in contesti di marginalizzazione o povertà, fa miracoli nel guadagnare sostegno all'agenda fondamentalista, così come l'offrire carità su larga scala: un'attività che non mette in questione le ineguaglianze strutturali né avvia il cambiamento sociale necessario a dissolverle. Id est: puoi avere la pagnotta in grazioso dono, ma non mettere in discussione le scelte politiche ed economiche che hanno creato la tua povertà. Il biasimo e la rabbia vengono diretti verso bersagli più facilmente raggiungibili dei leader politici/religiosi, e le donne servono in modo egregio alla bisogna.

Molte organizzazioni fondamentaliste dichiarano che il loro lavoro è solo di promuovere insegnamenti religiosi. Questo mito fornisce loro l'immagine di una forza sociale legittima, e nient'affatto coinvolta con istanze di potere. Suggerisce anche che e' semplicemente naturale per i “buoni” seguaci di una religione seguire i precetti fondamentalisti, e che chi non lo fa non è un “vero credente”. Più del 40% delle attiviste per i diritti umani delle donne sono state classificate come atee o non credenti durante il loro lavoro, e circa il 60% ha testimoniato aggressioni verbali o fisiche verso persone che condividevano la stessa religione degli aggressori fondamentalisti, ma con opinione politica differente. Sono così estranei alla politica, i progetti fondamentalisti, che i loro propagandisti si sono presentati alle elezioni locali e nazionali praticamente in tutto il mondo, sia attraverso partiti la cui base religiosa è esplicita, sia esercitando una pesante influenza interna su partiti formalmente laici. Il primo è il caso ad esempio della Fratellanza musulmana, di Jamaat-i-Islami, di Agudat Israel e Buhay (cattolici filippini), nell'altro si può osservare senza grossi sforzi l'influenza che la “destra cristiana” ha sul Partito repubblicano negli Usa, e sara' utile sapere che numerose figure chiave del partito indiano Janata sono anche membri dell'organizzazione fondamentalista hindu Rashtriya Swayamsevak Sangh, che alcuni ministri del Nicaragua post-sandinista fanno riferimento più all'Opus Dei che alle leggi del loro paese, e che il partito Jathika Hela Urumaya dello Sri Lanka promuove la supremazia buddista. Il conquistare spazi pubblici ha per i progetti fondamentalisti lo scopo di dominare l'ambito politico locale e nazionale per cancellare ogni visione che non sia la propria. La chiesa serba ortodossa ha lavorato con successo alla fine della separazione fra chiesa e stato: oggi non e' soggetta a nessuna delle restrizioni e a nessuno dei controlli che invece interessano altre organizzazioni sociali non governative.

«Operano attraverso la classe politica. Se non lo facessero, non sarebbero così efficaci. Le donne nelle loro vite quotidiane non fanno sempre ciò che la gerarchia religiosa chiede loro, ad esempio usano contraccettivi anche se la religione lo proibisce, e restano cattoliche, protestanti, o quant'altro. Il problema comincia quando queste direttive religiose diventano politiche pubbliche» (Ana Maria Pizarro, Nicaragua).

Giusto. È di questi giorni (maggio 2009) la notizia che lo sceicco saudita Muhammad al-Habadan ha chiesto un provvedimento in materia di salute pubblica: sarebbe bene, ha detto tramite la tv satellitare al-Majd, che alle donne fosse permesso di mostrare un solo occhio. Il niqab, cioè, che ora copre interamente il corpo delle donne ad eccezione degli occhi, dovrebbe essere modificato. Avere tutti e due gli occhi liberi, ha spiegato il signore, incoraggia le donne a truccarli a scopo seduttivo. Lo sceicco è considerato un esperto in materia religiosa. Se ha un canale diretto con la divinità, oltre all'accesso sconsiderato a quelli satellitari, lo pregherei di chiedere a Dio di prendere in considerazione l'idea di un secondo diluvio che spazzi via tutte le donne e le bambine (non pretendo di salvarmi).

Staremo meglio in Sua compagnia, credo, che in quella degli uomini che ci ha dato come eguali compagni. E credo che potremo guardarlo con ambo gli occhi senza timore.

 

Maria G. Di Rienzo


 
 
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