Uno dei problemi che tocca da vicino il mondo giovanile è il culto della bellezza e della perfezione. Siamo dunque diventati figli dell’immagine, dell’apparire, del sembrare? Tale è ciò che si percepisce, guardandosi intorno. Alla richiesta incessante del cellulare, precocemente avanzata, si è aggiunta la richiesta di “rifarsi”, frutto della propaganda filtrata attraverso ragazze bellissime, perfette in tutti i connotati anatomici, tale da far sentire inferiore o addirittura diversa chi non è tale. Non si può fare carriera, ci vuole presenza; non basta l’intelligenza, ci vuole la velina; che poi abbia tanto di cervello, non interessa nessuno; ci vuole la prestanza, il fisico adatto, un bel seno e altro, tutto perfetto altrimenti non entri, non sei guardata, non sei richiesta; un messaggio subdolo, non rispondente al vero, da cui pochi si salvano, ma che passa e che viene assorbito da chi in età giovanile non ha ancora un’identità definita, che non riesce a sottrarsi a tali messaggi, che guardandosi allo specchio non sa accettare il proprio corpo, perché mancano cinque centimetri di altezza, c’è più del peso necessario, che giudica troppo piccolo il proprio seno.
Importanti sono i sedici anni; si è già da tempo donne, si incomincia a definire la propria personalità, ma invece di rivolgere lo sguardo verso se stessi, a prendere contatto col proprio corpo e a diventarne complici, a scoprire in esso le pulsioni dell’amore, di quel sentimento che nulla ha a che fare con la bellezza artificialmente costruita, a capire che la bellezza è altro, che si può catturare uno sguardo col cuore, che esistono sentimenti veri che nulla hanno da spartire col bisturi, a sedici anni oggi si chiede in regalo di “rifarsi”. E qui crolla il mondo degli adulti, spesso consenzienti perché certi di regalare la felicità. È questo oggi l’aspetto più deteriore di una società che ha fatto dell’immagine un culto, senza considerare il danno irreparabile che tale idolatria provoca sui giovani: rapporto col cibo e di qui l’anoressia, il rifiuto di se stessi, il confronto, l’invidia, l’isolamento, la selezione; giornali, strumenti mediatici, trasmissioni televisive, pubblicità, tutto parla di immagini che inneggiano al culto del corpo, in modo spudorato, senza la minima considerazione di ciò che esse provocano e dei danni irreparabili che ne conseguono. Argomenti questi importantissimi, che riguardano il mondo giovanile, al maschile e al femminile, e che devono essere affrontati insieme in ogni sfera sociale, dalla famiglia alla scuola, per demolire i falsi miti che imperversano, per insegnare a maschi e femmine, fin da piccoli, inseriti nella stessa classe, il rispetto delle identità, dell’unicità e della reciprocità; dimostrando col dialogo che quelle immagini sono soltanto una mistificazione della realtà, che l’omologazione annulla l’identità, che la società è bella perché è varia nei suoi modelli, che un’imperfezione può essere il miglior indice di gradevolezza, che il concetto di perfezione esasperato, può portare ad altre forme di degenerazione, come la storia stessa ci insegna.
Anna Lanzetta