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“Come possiamo sbarazzarci dell’Amore, la più mortifera delle debolezze?” si chiede Shui-Ta 
Mariangela Melato ne “L’anima buona del Sezuan” all'Argentina di Roma
17 Maggio 2009
 

In scena al Teatro “Argentina” di Roma L'anima buona del Sezuan è un'opera di Bertolt Brecht, scritta in esilio nel corso degli anni Trenta, quando in Europa si stavano riversando le conseguenze della Grande Depressione.

L’opera, recitata per la prima volta nel 1943 a Zurigo per la regia di Leonard Steckel, è riproposta oggi nella nuova versione italiana di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, i quali l’hanno messa in scena per il Teatro Stabile di Genova con Mariangela Melato nel duplice ruolo della protagonista.

Il testo contiene, oltre a numerosi intermezzi musicali, anche delle canzoni composte da Paul Dessau ed è considerato una dei capolavori del teatro epico.

 

L’anima buona del Sezuan racconta una vicenda che affronta il tema universale del rapporto tra Morale e Società, tra il Bene e il Male nella concretezza della Storia. E lo fa ambientando gli avvenimenti in una Cina di fantasia, nella quale si manifestano avvenimenti e conflitti etico-sociali che assomigliano in modo impressionante alla realtà contemporanea, scossa dalle trasformazioni indotte da un’universale crisi economica.

L’apologo ha il sapore della favola. Alla ricerca di “un’anima buona” tre Dei scendono sulla terra, ma l’unica persona disposta a ospitarli per la notte è la prostituta Shen-Te, che vive miseramente del suo mestiere. Ricompensata dagli Dei per la sua bontà con una grossa somma, Shen-Te decide di abbandonare la strada e investe il denaro nell’acquisto di una tabaccheria; ma da quel momento iniziano anche i suoi guai, perché tutti i miserabili del luogo accorrono per approfittare della sua generosità e anche (è il caso dell’aviatore Sun) del suo amore.

Se a tutti fosse dato secondo i loro bisogni, per le risorse economiche di Shen-Te sarebbe presto la fine, ma per fortuna ogni tanto la ragazza (che nel frattempo è rimasta incinta) sparisce per lasciare al suo posto un autorevole cugino, Shui-Ta, il quale da accorto uomo d’affari ristabilisce l’equilibrio nella sua dissipata amministrazione, dimostrando così come sia di fatto impossibile essere buoni in un mondo cattivo.

 

«La nostra Anima buona», dicono Bruni e De Capitani, «la immaginiamo nella Cina delle frenetiche mutazioni epocali degli anni attuali. La Cina dei templi e dei grattacieli, delle sete ricamate e degli stracci occidentali. Ma è di noi, qui, che vogliamo parlare attraverso questa parabola lieve e profonda. Siamo tutti sotto la minaccia costante della pressione che il mondo esercita su di noi e che ci scinde fin nel profondo, come accade a Shen-Te: il mondo oggi scosso da una crisi economica molto simile non prevede più la bontà, e ci spinge a ricacciare dietro la maschera di Shui-Ta i nostri sentimenti più buoni».

 

La tensione stilistica di Brecht è assoluta: non si limita a raccontare una parabola sulla bontà. L’anima buona di Sezuan è una delle sue opere più risolte dal punto di vista estetico, poetico e perfino formale: stiamo vivendo l’insostenibile contemporaneità di un mondo che mostra sempre di più la sua essenza crudele, un mondo, anzi, dove la faccia della durezza è diventata un valore per dare dignità ai nostri egoismi: per questo, in questa edizione, la protagonista si trova, alla fine, con le mani rivolte verso il pubblico a chiedere aiuto, a domandare se è possibile cambiare il mondo. Soli non si riesce a fare nulla, il destino è nelle mani degli uomini, non fuori dagli uomini, e non solo degli uomini buoni. L’uomo solo diviso tra il bene e il male sarà sempre destinato a vedere le sconcezze della vita come se esistessero solo nel piccolo schermo televisivo.

In un mondo che va verso il gelo e la non-comunicazione o la comunicazione distorta, dove i sentimenti sono spariti per fare posto alle emozioni cosiddette forti ed effimere, virtuali, urlate e trasmesse a ritmo di spot pubblicitari, bambini che muoiono di fame e subiscono inenarrabili violenze, solo noi possiamo fermare la barbarie, la violenza e l’orrore che ci circondano in un mondo che sempre di più separa invece che unire.

In questo testo si discute di cose eterne, della lotta fra il Bene e il Male: la nostra condanna è di dover essere cattivi per poter fare il bene. La parabola ammonitrice è questa. Brecht si è posto alcune domande fondamentali sul Bene e sul Male, sull’essere buono e sull’essere cattivo in generale, ma soprattutto su tutti noi che viviamo con queste due anime dentro. Sa bene che non basta più essere buoni, che bisogna lottare contro l’ingiustizia, bisogna travestirci anche noi con la maschera della cattiveria per scacciare la cattiveria dal mondo.

 

Un teatro di interrogativi di fronte all’esistenza dell’uomo, un teatro che riguarda il vivere civile, ma detto con parole e con gli enigmi della poesia, perché è impossibile pensare a un teatro che prescinda dall’umanità. Credo che una delle grandi forze del teatro sia la sua capacità di attraversare il tempo e i muri, di irradiarsi al di fuori.

 

L’audience di una trasmissione televisiva può essere di milioni di persone, ma quanti “vivranno” quello che vedono? E quanti milioni hanno visto l’Amleto di Shakespeare da quando è stato scritto? Ma queste opere e le parole che hanno ascoltato, le emozioni che hanno provato si sono cucite sulla loro pelle, sono entrate nel loro modo profondo di pensare, nella cultura, li hanno, poco o tanto non importa, trasformati.

 

L’intensità della rappresentazione è una specie di messaggio sulla non-violenza che conquista gli uomini: il teatro non aggredisce, cerca piuttosto di indurre al cambiamento.

 

L’eccezionale Mariangela Melato con questo spettacolo è tornata a lavorare con lo “Stabile” di Genova dopo due anni di teatro leggero. Il testo ben si adatta alla Compagnia, un gruppo di attori validissimi formatisi tutti al Teatro della città della Lanterna, che ritrova con L’anima buona vecchi collaboratori come Margherita Di Rauso, Ernesto Rossi, Rachele Ghersi e la stessa Melato che festeggia con questa performance i suoi diciotto anni di collaborazione con l’ensemble.

 

Teatro: Argentina

Città: Roma

Titolo: L’anima buona del Sezuan

Autore: Bertolt Brecht

Versione italiana: Ferdinando Bruni e Elio De Capitani

Interpreti: Mariangela Melato

e Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Marco Avogadro, Fabrizio Careddu, Margherita Di Rauso, Rachele Ghersi, Alberto Giusta, Gianluca Gobbi, Orietta Notari, Nicola Pannelli, Fiorenza Pieri, Ernesto Maria Rossi, Vito Saccinto e Federico Vanni

Regia: Ferdinando Bruni e Elio De Capitani

Scene e costumi: Andrea Taddei

Musiche: Paul Dessau

Suono: Renato Rinaldi

Luci: Sandro Sussi

Produzione: Teatro Stabile di Genova

 

Lucio De Angelis

(da Notizie radicali, 15 maggio 2009)


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