Gentile presidente, Gentili amministratori,
mi appello direttamente a Voi, confidando nell'ascolto che chi riveste ruoli di Governo sa dimostrare: fermate l'operazione di deportazione dei cani fuori dalla Regione Basilicata! Ripensate alle soluzioni possibili: non sempre quelle apparentemente più economiche sono le migliori. Il benessere dei cittadini, e anche degli animali, devono essere la guida di tutti gli interventi, e benessere produce benessere!
Non posso credere che solo un criterio di economicità sia alla base della scelta del trasferimento in Calabria dei 420 cani randagi della comunità montana Val d'Agri, ospitati da anni in piccoli canili della regione.
Se davvero si volessero considerare questi animali merce di cui liberarsi, allora basterebbe interrompere la loro vita e evitare l'umiliazione di ulteriori sofferenze nel nome di una retta economica: ma oggi né le leggi né la coscienza comune così maturata lo permettono. Lo spostamento dei cani in grandi strutture, molto distanti dalle attuali –addirittura fuori dalla regione– è una misura del tutto estranea e contraria alla norma e allo spirito della legge sul randagismo 281/91, che ha sempre considerato i canili come strutture di transito verso le adozioni. Non solo. Il combinato disposto tra la legge 281/91 e la 189/2004 sui maltrattamenti, porta a considerare maltrattamento l’eradicazione, dopo tanti anni di buona permanenza, dei cani che dovrebbero essere sottoposti ad uno stress psicofisico con conseguenze irreversibili. Considerazioni ovvie sotto il profilo etologico, comportamentale e veterinario.
Sono proprio le strutture piccole e medie, diffuse nel territorio e che conservano un contesto familiare, in cui il cane può correttamente interagire anche nel rispetto dei bisogni eco-etologici -tra l'altro riconosciuti dalla legislazione-, che svolgono un ruolo fondamentale nella soluzione del problema del randagismo, favorendo enormemente le adozioni, certamente più facili se un cittadino deve percorrere solo pochi chilometri per raggiungere la struttura che ospita gli animali. Per questo, la tendenza –che è anche quella a livello di legislazione– è di normare in favore di strutture piccole e medie, nonché territoriali: proprio perché queste non sono luoghi di detenzione ma posti dove più facilmente gli animali possono essere correttamente gestiti –dal punto di vista sanitario, etologico, ecologico, comportamentale, ecc.–, dati in affidamento e trovare una famiglia.
Voglio infine sottolineare che nella “deportazione” fuori regione verrebbe ad essere messa a rischio l'azione di controllo, alla quale le asl della Basilicata non possono pensare di sottrarsi: questa eventualità è del tutto esclusa dall'attuale sistema normativo.
Vi ringrazio vivamente per l'attenzione.
Sen. Donatella Poretti
parlamentare Radicale -Partito Democratico