Si prenda l’incipit della lunga intervista che il segretario del PD Dario Franceschini ha rilasciato ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera: «Vorrei fare una domanda alla borghesia produttiva, agli imprenditori, agli intellettuali, ai moderati, anche a una parte delle gerarchie ecclesiastiche italiane: possibile che non vediate dove ci sta conducendo Berlusconi? Possibile che non vediate che ormai si considera al di sopra della legge e di ogni morale, che pensa di avere così tanto potere da permettersi tutto? Vorrei suonare un campanello d’allarme…».
Ora si provi a sostituire Berlusconi con “il regime”. La “domanda” ora suona senz’altro meglio, è più appropriata, l’analisi più esatta. Per il leader del PD il modello perseguito da Berlusconi non è Peron, piuttosto «alcune delle repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale, dal Turkmenistan all'Uzbekistan. Paesi in cui il potere personale del capo è intrecciato con il potere dello Stato e i poteri economici». Esempio calzante, solo che Berlusconi non è l’uomo nero improvvisamente apparso nel nostro orizzonte; è piuttosto il prodotto ultimo di un processo che viene da lontano.
Val la pena di segnalare altre due risposte di Franceschini. A Cazzullo che gli chiede dei risultati del sondaggio Ipsos-Sole 24 Ore, dove emerge che anche quell’elettorato fino a ieri tradizionalmente schierati a sinistra ora danno credito, fiducia e voto a Berlusconi, risponde ammettendo che si tratta di un problema serio: «Ma non è un alibi ricordare che, dal '94 a oggi, ogni partita elettorale è truccata, perché si svolge in condizioni totalmente anomale. Se McCain avesse affrontato Obama avendo il controllo delle tv e di una parte crescente dell’apparato finanziario e produttivo o cento volte in più di fondi perle campagne elettorali, avrebbe forse perso? Il problema non è solo la tv. In Italia si stanno assuefacendo anche i mondi che contano. Noi siamo ancora qui a contare i secondi che ci dedicano i vari tg, peraltro con un disequilibrio vergognoso, ma intanto la tv in questi vent’anni ha costruito un modello sociale: non ha solo informato, ha formato gli italiani a gerarchie di valore e di comportamento. Eppure a Berlusconi non basta: attacca Sky, blocca la concorrenza. Il degrado populistico si intreccia con il degrado morale, e comporta un forte rischio neoautoritario».
Ma non si può dimenticare che la televisione pubblica è stata (ed è ancora) considerata terreno di scorribanda e di conquista tanto dal centro-destra che dal centro-sinistra; e certamente il problema non è tanto (o solo) contare i minuti dei vari TG; ma per sapere: abbiamo già dimenticato la bella (si fa per dire) pagina scritta per quel che riguarda la Commissione Parlamentare di Vigilanza? Programmi di approfondimento politico come quelli di Michele Santoro o di Giovanni Floris, nelle loro scelte editoriali (e nelle loro discriminazioni, per le quali sono stati condannati), in cosa differiscono da altre, che vengono messe sul banco dell’accusa e indicate come esempi di faziosità e partigianeria? E se Antonio Di Pietro e l’Italia dei Valori hanno acquistato visibilità e popolarità al punto da preoccupare seriamente lo stesso PD che si vede erosi consensi fino a ieri “sicuri”, chi è responsabile? Ma Franceschini la legge l’Unità, che ogni giorno, da settimane e mesi tira la volata a Di Pietro?
Franceschini sostiene che il rischio, fra un mese, è di risvegliarci «davvero in una repubblica ex sovietica dell’Asia centrale. E se succedesse gran parte della colpa sarà di chi, da qui ad allora, sarà rimasto inerte o zitto. Per scelta o per paura». Non c’è bisogno di aspettare un mese. Come abbiamo documentato ne “La peste italiana”, le regole democratiche che i Padri Costituenti intesero porre alla base della Carta fondamentale dello Stato sono state, da subito ed in maniera ampia, disattese dai partiti, che si sono impadroniti del sistema politico-istituzionale del nostro Paese. Nei decenni successivi il processo degenerativo ha investito tutti gli organi e le istituzioni repubblicane, via via erodendo lo Stato di diritto per finire ai giorni nostri, dove il processo di svuotamento e di svilimento della Costituzione viene a compimento in maniera così eclatante, oltre che condivisa.
Il discorso, la denuncia, l’analisi, è da questo dato che deve partire. Il resto è fuffa.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 5 maggio 2009)