Ho chiamato questo spazio, come curatore per la serra di Tellusfolio di giovani voci poetiche: "Cercando l'oro". Estratti nel talento e nella dedizione alla poesia. (fa)
La collaborazione a Tellusfolio di Fabiano Alborghetti riserva sempre delle sorprese. Mi piace anche il titolo che ha dato alla sua ricerca. Cercando l’oro. Mi spingo fino a prefigurare un futuro numero di Tellus-rivista dedicato a queste scoperte di Fabiano e di altri collaboratori dell’universo-Tellus, che possa duettare con quanto compare e comparirà in questa sezione di “Critica della cultura”. (cds)
Valerio Fabbri (1974) è nato e risiede a Ravenna. Laureato in filosofia a Bologna, ha pubblicato nel 2005 Luoghi preziosi (Raffelli Editore). Suoi testi sono apparsi su numerose riviste tra cui citiamo Astolfo, Fernandel, Tratti, Graphie, Clandestino, Specchio de La Stampa.
Con l’edito Luoghi preziosi è stato tra i 12 finalisti del Premio biennale Cetona Verde e ha vinto il Premio Orta San Giulio per la sezione Opera Prima (a fianco di Alberto Bevilacqua – vincitore assoluto – con Tu che mi ascolti, poesie alla madre, Einaudi)
Già Maurizio Cucchi nella prefazione a Luoghi preziosi annotava come Valerio Fabbri sia un poeta che racconta il sentimento dell’esistere ben dentro la realtà. Ancora, Alessandro Ramberti in una nota critica al libro evoca facendo un parallelismo con la poesia del Fabbri il poeta santarcangiolese Nino Pedretti che nei suoi scritti indagava la realtà degli uomini, delle cose, degli affetti appunto, con uno sguardo disincantato, capace di illuminare i lati in ombra e di dare valore al gesto, alla situazione.
Fabbri usa una lingua poetica d’impianto narrativo, coglie senza essere rapinoso, non usa orpelli o mediazioni intellettualistiche che possano offuscare il nitido evolvere delle parole. Egli è nei luoghi, ha una visione alta dei luoghi e delle persone anche se tendenzialmente appare il suo corpo poetico, quasi moderato o sottotono: usa delicatezza, pudore, non è mai scontroso, ha rispetto dell’enigmatica densità della natura delle cose. Usando il microscopio come fosse un cannocchiale, permette che la marginalità sposti verso il centro e che venga messa a fuoco ma non come un quadro alternativo bensì come un tutt’uno del corpus narrante che Fabbri raccoglie, filtra, rimanda meticolosamente e con determinazione in punta di piedi, in punta di parole.
Dopo l’ottima prova avuta con Luoghi preziosi, è in fase di scrittura una nuova silloge: Tutti gli angoli affilati degli edifici, lavoro dove si rinnova la compiutezza del linguaggio poetico e la maturità già attestata nell’edito.
Da Luoghi preziosi:
1
Il colore delle tasche
Ho tenuto un colore nascosto nella tasca
vicino al fazzoletto, come portafortuna.
che tiro fuori la sera per sola cortesia.
Si, fuori piove ed è buio,
come si può capire dal cuore.
Poi, il baricentro della stanza si avvita
nel silenzio e le parole spinte nell’aria
diventano fotografie d’ammonimento.
2
Casa al buio
Camminare nel bosco con i passi
del permesso è come entrare di notte
nella propria casa a tentoni nel buio
attento ad aprire sentieri nuovi
nella cianfrusaglia del già conosciuto:
il toc del ginocchio sul mobile inutile
il clic dell’abat-jour della camera vicina.
E in mezzo che cosa?
3
Fondi di caffè
Sbriciola fondi di caffè nel vaso della rosa,
come fertilizzante dice,
poi di scatto si arrabbia,
comprime le sopracciglia in nuvole nervose,
qualcosa andrà molto male, dice,
senza sentire i doversi giustificare.
4
L’altra sponda
Poi, l’argine m’impugna fino a bagnarmi la schiena
con la sua terra rivoltata come una mano sporca.
Di fronte, l’acqua mutevole scorre come un filmato,
a fianco, resta immobile una bottiglia di birra appuntita
e vicino al traghetto rinvigorisce il chiosco
dei gelati strappato da poco al biancospino.
L’erba sfrigola di sole e infilza l’aria più leggera.
C’è una lotta inflessibile, accanto a me,
che si combatte con la forza dei minimi segnali,
mentre un tonfo mi avverte che un pesce vivace
si è spaccato in anelli che non trovano sposi.
Qualche turista accorre con frenesia
Simile alle gambe dell’anatra sott’acqua.
5
Hotel
Gli americani chiacchierano sotto lampadari
cristallini mentre i loro accenti
si mischiano al whisky on the rock,
possono commerciare con viti e chiodi soltanto
e diventare comunque ricchi domani. Però
i loro stipendi rovistano in cerca di compagnia
persino nelle mie scarpe da ginnastica
o nel mio inglese masticato controvoglia.
Dai vetri della hall vedo una città velarsi
lentamente, troppo delicata per le sue rifiniture,
colma di dettagli e rigonfia di luci al neon
dentro una notte metallica dove sembra barcollare.
Domani si tornerà al saluto formale,
fatto appena con un gesto della fronte.
Da: Tutti gli angoli affilati degli edifici (inediti)
(condominio)
*
Tutti gli angoli affilati degli edifici, a parte noi,
chi li ricorderà con affetto? Stiamo già pensando
ad alberi e marciapiedi sfacciati, all’Alga Giulia
circondata dal cemento acido del parcheggio,
spiando tutto dalla finestra vivace del condominio più alto
quando nelle strade umide e fredde scivola
un odore di vuoto e di metallo impallidito nel vento
e sopra l’erba sfonda il volto dell’asfalto
tra i muretti e le recinzioni di confine,
là, dove si nasconde quello che ognuno di noi
dimentica bevendo una tazza di tè nella stanza all’ultimo piano.
*
Si sente solo il suono delle campane nell’aria
purissima e trasparente dell’attesa,
eppure non abbiamo bisogno di nulla, nemmeno
di frugare tra le cose sulla mensola del telefono
quando pensiamo all’anima e al suo aspetto labile
guardando dalla finestra alta del condominio.
Avrei dovuto scattare una foto piena di colori,
tenere in mano qualcosa da ricordare
di quel minuto sottile,
comprare una piccola cornice d’argento
o qualcosa di poco costoso, per te:
tutti dicono ciao, nel breve momento di ogni partenza,
ma noi non sapevamo mai l’esattezza
di una cosa da dire, per sentirci a posto.
*
E’ vero quello che dicono le riviste occasionali
che si leggono distratti nelle sale d’attesa:
un tempo avrei camminato un metro sopra le nuvole
se avessi avuto solo un po’ di fiducia nella medicina.
*
Scommetto che ridi forte di me e delle mie manie
di questo secolo abitato appena di striscio,
ma non mi siedo ad aspettare all’angolo
di nessuna stanza, mentre nervosa guardi il tramonto
calare zuccheroso dalle finestre più alte del palazzo:
vuoi solo prendere la mira
per dire dove muore il giorno, senza lasciare impronte.
*
Ogni volta spostavi le tendine appena un dito
dalla finestra e il tempo si trascinava sempre
fino a rimpicciolire i piedi e seccare la gola
ma ancora ostinata la corriera tarda alla fermata
che controlli dalla cima del condominio:
con la cosa dell’occhio prendevi la realtà
da una pubblicità della Benetton e un futuro
pieno e vuoto bussava alla porta blindata.
Madre dalle membra logore e affannate
non ci sono più miracoli da compiere
e le nuvole sorridono di noi lassù, ragazza
dei cieli in abiti da sposa che cerchi Dio
in nuove eccitanti forme. Ti dico: “tu credi
subito in Lui” che è molto per i nostri giorni
perché il mondo è fragile e assalito dalla realtà
con solo qualche parola come: “Ho bisogno di te”
ma si vive e si muore in un batter d’occhio.
*
(…)