So che più soldati in Afghanistan significheranno ipso facto più afgani morti. Dal 2007 al 2008 c'è stato un aumento del 40% di queste “inevitabili tragedie” o “vittime accidentali” o in qualsiasi altro modo si voglia occultare i cadaveri in un sudario di parole.
So che problemi politici quali il legittimo scontento della popolazione per gli attacchi ai civili, la corruzione del governo Karzai e il sostegno pakistano ai talebani non si risolvono con più guerra.
So che l'aumento di truppe è già avvenuto nel 2007, un incremento del 45%. Nel corso di quell'anno, il numero dei civili uccisi “accidentalmente” è quadruplicato.
So che gli Usa e i loro volonterosi alleati, fra cui il mio paese, stanno spalleggiando un governo impopolare e corrotto. Con l'illusione di combattere al-Qaida e i talebani, si sono portati al potere signori della guerra, trafficanti di droga e miliziani particolarmente brutali. Il 60% del Parlamento afgano è composto da signori della guerra o da persone che hanno legami con essi. Un deputato afgano (Mohammad Mohaqiq) è noto per come, da miliziano, inchiodava alle pareti i suoi prigionieri ancora vivi.
So che le truppe statunitensi ostacolano, anziché favorirli, i soccorsi umanitari. Hanno infatti creato le “squadre provinciali per la ricostruzione”, che annullano la differenza fra operazioni di guerra e aiuti alla popolazione. Le squadre usano l'aiuto umanitario come moneta di scambio per estorcere informazioni ai civili. Se questo dato infame non bastasse, sappiate che metà del paese è inaccessibile agli operatori delle ong e persino a quelli delle Nazioni Unite, e che dal 2005 gli assalti a convogli e volontari sono aumentati del 400%.
So che ogni trenta minuti una donna afgana muore di parto, che una donna afgana su tre ha fatto esperienza di violenza estrema, fisica e sessuale, che tre quarti delle donne afgane sono costrette a matrimoni che non desiderano: e so che non è sempre andata così. La prima Costituzione del paese garantiva suffragio e alcuni diritti alle donne già nel 1923. Durante gli anni '60 e '70 dello scorso secolo la situazione era avanzata, le donne raggiungevano i gradi più alti dell'istruzione, partecipavano al governo della nazione e nessun codice di abbigliamento era in vigore.
So che i diritti umani, e i diritti delle donne sono diritti umani, non sono negoziabili.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 3 maggio 2009)