Una poesia quella di Patrizia Garofalo che è commisurata a regole precise, a canoni addirittura classici. Limpida, trasparente, lucidissima, sul piano della forma; ma densa e avviluppata in improvvisi nodi drammatici, quanto a sostanza. Anche se alla fine la ricomposizione delle forze, sia pure attraverso spasmi e singulti, fa risaltare l'evidente determinazione di chi tiene duro. Dove, a vincere, è insomma l'idea di assestarsi al limite dell'io. In un bilanciamento, improvviso, di paura e desiderio (binomio o aporia cari all'autrice). La fuga del tempo, il defilarsi delle occasioni, la corsa in avanti e, in fondo, il dissolversi graduale della vita non hanno partita vinta in questa poesia, che appare consegnata alla consapevolezza dell'incontro paradossale tra l'eterno e il tempo, tra l'infinito e il finito, su una linea di confine che la morte non sembra in grado di violare. Ed ecco, allora, l'estremo baluardo, le mura che presidiano la scena del mondo serbandola nella sua dimensione universale senza fine. Sono certi luoghi cari alla memoria, quasi specchio del miracolo, come un certo angolo della casa o della città dove ci si è incontrati e riconosciuti nel mistero dell'amore. Sono certi oggetti quotidiani, fatti amuleti e talismani dall'uso stesso della vita, come un foglio o un libro o un vestito. Sono certe figure che si muovono tra le pieghe delle pagine, entrando e uscendo di continuo dalla vita, portando con sé un'idea di assoluto quotidiano decisamente originale. (Paolo Ruffilli)
Patrizia Garofalo
Il Dio dell’impossibile
Prefazione di William Navarrete, postfazione di Paolo Ruffilli
Edizioni Il Foglio, 2009, pagg. 131, € 12,00