«Le famiglie ticinesi devono poter decidere liberamente se iscrivere il proprio figlio ad una scuola privata o pubblica. Chi sceglie di frequentare una struttura privata deve essere aiutato attraverso degli assegni statali. La scuola pubblica ha infatti bisogno di concorrenza, di “fiato sul collo”. Occorre migliorare il sistema scolastico mettendo in competizione le sedi pubbliche con quelle private».
Queste posizioni nutrono il punto 1 (fiscalità) e il punto 4 (formazione) contenuti nelle proposte d’azione di Idea Liberale.* Alla base di queste rivendicazioni liberali vi è l’esigenza di un intervento statale, della collettività (utilizzando i soldi di tutti noi) per sostenere una “libera scelta”. Lo Stato deve quindi intervenire per sostenere, per così dire, i “più deboli”, in questo caso le scuole private, che hanno il compito non facile di confrontarsi con una specie di “monopolio” costituito dal gigante pubblico chiamato scuola.
Abbiamo il caso di un pensiero liberale (e liberista) che vorrebbe risolvere il problema della formazione di base e dell’educazione dei nostri giovani, cercando la soluzione nel terreno della concorrenza. Tuttavia la scuola non è un istituto di credito, non è un’azienda e nemmeno un servizio da vendere ad un cliente. È qualcosa di molto più complesso, soprattutto dal punto di vista umano. La scuola pubblica è lo specchio di una collettività, di un mondo locale e globale nel quale è sempre più difficile crescere, divenire, “diventare”, realizzare i sogni, formarsi come donne e uomini: forse proprio a causa dei fantasmi dell’economia, del lavoro precario (delle angosce individuali). Insegnare i contenuti, trasmettere nozioni con rigore, occuparsi “per” un certo benessere dei nostri giovani è un compito che va ben aldilà della concorrenza tra istituti.
Il lavoro del docente va sicuramente controllato, discusso, ma anche valorizzato, perché i prof. della scuola pubblica e anche quelli della scuola privata hanno già un “fiato sul collo” costituito dalle centinaia di occhiate, giudizi, conflitti, incontri e scontri con i quali si devono confrontare ogni giorno.
Non è soltanto l’incontro con lo studente a richiedere energia, ma è la necessità di dialogo continuo con i rappresentanti della società futura, che sarà sempre più multietnica, sempre più complessa, tant’è vero che un insegnante costruisce ponti simbolici non misurabili sul corto termine. Chi sceglie la professione di docente non rincorre un profitto “per” l’azienda, ma si occupa di giovani vite che possano trarre “profitto” dalla preparazione scientifica e didattica del professore. E questo è un mestiere che ha a che fare con l’interesse della collettività: dico, quasi banalmente, che ne sapeva qualcosa un liberale come Stefano Franscini... Investire sulla formazione e sull’educazione non è come concedere un subprime. L’educazione e la formazione dei giovani sono già per definizione un “rischio” (quel “rischio dell’educare” condivisibile credo da tutti, dai genitori, dalla chiesa, dalla destra e dalla sinistra). Non aggiungiamo, per favore, altri rischi di stampo liberista.
Idea liberale sviluppa un concetto di concorrenza tra scuola pubblica e scuola privata che chiede, per essere realizzata, il sostegno dello Stato. Non pare strano? Lo Stato deve essere tanto forte da poter sostenere la libera concorrenza tra sé e gli altri? Nello stesso programma d’azione liberale (ahi, ora che ci penso, mi ricorda l’Italia di Azione giovani...) vi è la riduzione della pressione fiscale e naturalmente la riduzione delle spese statali, proprio perché è un momento di crisi.
Come insegnante e come liberale radicale non condivido questa posizione. Eppure mi sento liberale radicale. Come la mettiamo? Dove possono incontrarsi queste posizioni? Chi è fuori gioco? Chi metterà la palla al centro?
“A.” è un ragazzo di 16 anni. È un “nostro giovane”. Il papà era uno svizzero tedesco. Se n’è andato. Picchiava la madre (ticinese) ora in crisi, sola. Non è più in grado di contenere la rabbia del ragazzo. È domenica. È scappato di casa venerdì sera, forse è partito per il carnevale di Roveredo e non è più tornato dopo due notti bianche e magari fumose. La madre mi telefona e sento un bimbo che piange, è il fratellino minore di tre anni. La donna ansima e parla sottovoce, un filo di voce. Mi chiede aiuto. Eppure io insegno italiano in una scuola superiore e in una scuola media, sono abilitato per l’insegnamento di questa materia da nove anni, ma non sono né un educatore, né uno psicologo. Non posso raccontare tutta la storia perché c’è una regola che si chiama segreto professionale. Ma spero di aver prodotto, in questi mesi e assieme ai miei colleghi, un buon profitto per la mia azienda, spero di vincere la concorrenza.
“A.” parteciperà ad un progetto teatrale sviluppato in un doposcuola sull’arco di due anni. È il solo ambiente dove il ragazzo ha rispettato, finora, delle regole. Il doposcuola è stato necessario. Ha richiesto risorse. Da parte dello Stato. E forse “A.” imparerà a diventare un uomo. Forse. È un rischio. Abbiamo “il suo fiato sul nostro collo”.
Daniele Dell’Agnola
* “Idea Liberale” è un nuovo gruppo costituitosi in seno al partito liberale radicale ticinese che rivendica più spazio all'interno di un partito che, secondo i promotori, sta andando «troppo a sinistra».
Daniele Dell’Agnola. Scrittore, insegnante, è responsabile del progetto di scrittura, musica, teatro “Melinda se ne infischia”; consigliere comunale del PLRT a Biasca; membro del Comitato per la Scuola pubblica.
L'immagine dell'autore è presa dal reportage di Lorenza Storni sul progetto teatrale nato attorno alla storia di “Melinda” (fotografie di Remy Steinegger), in Illustrazione Ticinese, 01/09/2008.