Il Senato sta esaminando il disegno di legge di conversione dell'ennesimo decreto sicurezza e ennesima misura di inasprimento di pena, restrizione di diritti per detenuti e creazione di una nuova fattispecie di reato, gli atti persecutori, o stalking.
È questa la misura mediaticamente più accattivante su cui, nonostante il Senato avesse già votato un provvedimento ora al vaglio della Camera, il Governo e il ministro Mara Carfagna hanno deciso di mettere il cappello.
Il reato prevede che chiunque compia atti persecutori è punibile da 6 mesi a 5 anni. Viene prevista come aggravante il fatto che chi compie tale reato sia un coniuge legalmente separato (e chi è separato di fatto?) o divorziato o persona che «sia stata» legata da una relazione affettiva. L'aggravante è per gli ex, mariti o fidanzati.
Se statisticamente le denunce di questi atti persecutori possono vedere gli ex come i più denunciati, la situazione che più andrebbe tutelata e salvaguardata è quella delle violenze psicologiche e fisiche che si commettono in famiglia, anche con la previsione dell'aggravante come misura disincentivante.
A meno che il nostro legislatore non abbia come riferimento quello afgano, in cui il marito ha diritto di abusare della moglie, il provvedimento in esame al Senato è incomprensibile. Se aveva un senso prevedere una aggravante, era proprio per il coniuge, che spesso sotto ricatto impone al coniuge più debole (per lo più la donna) atti e comportamenti con minacce, cagionando quell'ansia e quella paura per la propria incolumità, come prevede l'art. 612-bis.
Donatella Poretti e Marco Perduca
senatori Radicali-Pd