per Donatella (nel turno di notte)
Chissà da dove viene, da chissà quale
intestino della fabbrica.
Qui nella saletta ristoro, la mente
è un imbuto di pensieri;
la guardo sulla pellicola
opaca di un mio negativo:
le gambe sottilissime accavallate,
la noce del polso che di continuo
scricchiola sulla fronte…
Una vertigine di stanchezza,
un nodo irrisolto la lega a ciò
che non ha più legami.
È il turno di notte ad imbiancarle
il volto, mentre questa penombra
ci immobilizza come un guanto
di felpa stravolta.
Devo alzarmi, separarmi, sentire
nuovamente oliare le giunture,
scegliere la frequenza giusta,
la pena più adatta che ci accomuni.
Mi scollo da lei alle tre e quarantacinque
e mi riconosco: unto e pesante.
Francesco Osti