La vecchina
Avrebbe voluto che il figlio
diventasse un agente di assicurazioni o un referendario
Ma egli è partito senza dir niente
e chissà dove si trova, a Salisburgo o a Pamplona,
a Bamberga o nella città di Polonia.
Vive sola la vecchietta dalle guance-meluzze,
dalla pelle di seta con ricami di rughe.
Le sarebbe piaciuto tenerselo accanto,
ma i figli fuggono, e il destino è destino.
Il marito, impiegato alle Poste, si è spento
molti anni addietro. Nella tana in cui vive
la vecchietta conserva i suoi sparati di celluloide,
le sue bombette ed intere flottiglie
di colletti duri del tempo di Vienna.
Deliziosa vecchina un po’ storta. Le pende
la sghemba e lunga sottana di mussola.
L’unica consolazione è una fulva
gatta viziata di nome Rosa Valetti.
11 suo scantinato: che orrendo disordine:
mucchietti di resti di cibi, ciocche di capelli,
biglietti ferroviari, cavatappi arrugginiti,
flaconi, barattoli, scarpe, forcine, cappelli.
Da quando Mirek è partito, resta poco in casa.
Non fa più quei dolci che prima preparava
come una liturgia secondo le ricette
nascoste in un cassetto come gioielli di famiglia.
Va da una vecchietta all’altra: tutte bigotte
e con loro in chiesa ad ascoltare padre Giona,
che emerge dal fondo del pulpito come da una balena
Va a piedi, sebbene malferma, nei giardinetti
a osservare le piccole anatre goffe
che pattinano nel la ghetto gelato.
Sono grigie le sue giornate col pensiero
al figlio lontano. Spera di sopravvivere
sino al SUO ritorno. L’hanno invitata alle nozze
d’una ragazzina smancerosa con un impiegato
al Ministero delle Tasse. Oh, l’orchestrina:
la gialla macchia di Una tromba di rame,
un primo violino dal sorriso furbesco di volpe,
un secondo violino nerissimo che risponde al sorriso
con una gioia artefatta, una grancassa, una viola
e Johanfles Kreisler che dirige,
la stanza è imbottita di volgari bouquets stridenti.
C’è un testimone aviforme in prefettizia arancione
e cappelliera arruffata. Un vecchietto zio dello sposo
con una parrucca rossiccia e un abisso di bocce.
Nasi bitorzoli e nasi di carnevale. Occhi sghembi
E le amiche della sposina bambole ottuse.
E sei sola in mezzo a quella nausea filistea.
Allevare un figlio, tremare per la sua crescita,
dargli tutta l’anima, e poi ecco quel figlio
parte, non dà più notizie, lui che era appeso
come un frutto ai rami del cuore.
Dove sarà in questo momento? Chissà se ricorda
la sua vecchia casa. Tornata dalle nozze
la vecchia accarezza Rosa Valetti, che le fa le fusa.
Nel dormiveglia le appare un corteo
di fidanzate vestite di bianco,
che viene da lei nella neve per chiedere in sposo
il suo Mirek. Bianco crespato, bianco vaporoso,
gorghi di bianco, spume bianche avanzano
nel blu della notte, come in un circo lunare.
Maestose le passano dinanzi alla finestra
lavandaie metafisiche, con un inchino d’altri tempi.
Ed una più lenta lascia cadere una scarpina.
Ogni mattina aspetta al davanzale la mano
del postino.
Di dietro l’angolo appare nel suo verde brughiera
con alto cilindro e la borsa rigonfia.
Ha il naso arrossato e la mano piena di lettere.
Una busta per me? si chiede la vecchina.
Una busta con occhi di francobolli esotici,
con merletti di francobolli, una busta tutta mia.
Ma sempre svolta il postino verso la strada vicina
e la grande mano sparisce, lasciandola triste.
Interminabili giornate. Va a guardare i treni,
i lunghi pennacchi di fumo.
Si nutre poco la vecchina e del resto
è ben magra la sua pensione. In mezzo
ai dischi e ai libri del suo Mirek, incagliata
come una nave tra lastre di ghiaccio.
Le giunge notizia che Mirek lavora
in un circo oltre la Vistola. E poi che è impiegato
come manovratore alla stazione di Kufstein,
dove hanno una lontana parente,
Frau Chwalla, impiegata al Reiseburo.
Passano gli anni: è sempre sola.
Nella vuota casa pesa la tristezza.
Ora darà via tutti gli oggetti, per ritirarsi
in un ospizio per i vecchi.
1977